
La Fornero accusa il governo. Però le buste paga ora salgono. A colpirle fu l’austerità imposta dalla Ue e applicata pure da lei.Questa volta non le sono sgorgate le lacrime, ma soltanto parole indignate. Sotto un titolo che non ammette repliche («Quei numeri più forti della propaganda»), l’indimenticato ministro del Lavoro nel governo Monti, Elsa Fornero, ha vergato sulla Stampa un editoriale per commentare la notizia dell’Italia all’ultimo posto fra i Paesi del G20 per crescita dei salari. Mentre in altri si è tenuto il passo con l’inflazione, facendo guadagnare punti in termini reali a chi lavora, in Italia il carovita si è mangiato l’8,7 per cento degli stipendi. E questo fa dire all’ex ministro che i numeri diffusi dal governo sull’occupazione sono farlocchi, perché nascondono il trucco di buste paga assottigliate. La percentuale di giovani disoccupati resta sempre alta e quella degli inattivi, cioè chi non ha un lavoro e neppure lo cerca, è da anni inchiodata a una cifra che non accenna a scendere. Tutto ciò spinge la professoressa dalla commozione facile a sostenere che dietro al «populismo» si nasconda un grande inganno.In realtà, l’imbroglio è quello che ieri ha propinato ai lettori del quotidiano sabaudo l’ex ministro. Infatti, è sufficiente prendere i dati Istat dai quali ha tratto le riflessioni condensate in un articolo, per scoprire che il dato sulla decrescita infelice dei salari prende come base di partenza il 2008, ovvero 17 anni fa. Ed è sufficiente seguire la linea del grafico sull’andamento degli stipendi raffrontato all’inflazione per scoprire che un primo brusco calo si registra tra il 2010 e il 2012. E chi c’era all’epoca al governo? Beh, non serve una gran memoria per ricordare che il 2011 è l’anno in cui a Palazzo Chigi si insedia, come salvatore della patria, Mario Monti, il quale al suo fianco nominerà come ministro del Lavoro - e dunque anche del potere d’acquisto dei lavoratori - la sunnominata Elsa Fornero. Lei, che ora frigna per i salari bassi e all’epoca per lo scippo delle pensioni, doveva occuparsi di difendere le buste paga, ma forse era troppo impegnata con gli esodati, decine di migliaia di persone che con un tratto di penna aveva lasciato senza assegno previdenziale e senza stipendio. Quello fu il suo infortunio più noto, ma la perdita di valore delle buste paga non fu certo da meno, anche se ai tempi non finì in prima pagina. La curva che confronta inflazione e retribuzioni ha tre importanti cadute: come detto nel 2012, poi nel 2019, quando con il supporto del Pd a Palazzo Chigi governava Giuseppe Conte, e nel 2021-2022, con Mario Draghi. Dunque, dovendo puntare il dito contro qualcuno per la stagnazione degli stipendi, con chi ce la vogliamo prendere? Con chi è attualmente al governo - ora che i salari sono tornati a crescere con un aumento superiore all’inflazione -, oppure con quanti, volendo «fare i compiti a casa» per conto di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, hanno governato contribuendo a farli calare? Le nostre osservazioni, supportate da dati ufficiali, sarebbero propaganda? La professoressa Fornero, così brava nell’impartire lezioni a posteriori, forse dovrebbe riascoltare le parole che Mario Draghi pronunciò lo scorso anno a La Hulpe, in Belgio, quando senza troppi giri di parole ammise che le politiche della Ue sono state suicide. «Abbiamo perseguito una strategia deliberata volta a ridurre i costi salariali gli uni rispetto agli altri e, combinando ciò con una politica fiscale pro ciclica, l’effetto netto è stato solo quello di indebolire la nostra domanda interna e minare il nostro modello sociale». Chiaro il concetto: il potere d’acquisto è calato perché la classe politica che guida la Ue, quella a cui si sono inchinati Monti e il suo ministro del Lavoro, hanno perseguito politiche di aggiustamento dei conti a scapito dei lavoratori. Sorpresi? Noi no: questa è l’Europa. Altro che Ventotene. Quindi Fornero, più che parlare di propaganda, dovrebbe fare mea culpa. In alternativa, almeno tacere.
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