2020-02-27
Sala vuole il renziano alla guida di A2a. Gherardo Colombo gli rovina i piani
L'ex giudice, scelto proprio dal sindaco a capo del comitato per la legalità di Milano, chiede verifiche su Renato Mazzoncini.Il sindaco è in campana, arrivano le nomine. Lievemente defilato sul coronavirus a Milano per far dimenticare l'intempestiva passeggiata a Chinatown (al Consiglio comunale sull'emergenza era assente), Giuseppe Sala è molto concentrato su uno dei rinnovi cardine della sua amministrazione, quello del board di A2A, la multiutility più importante d'Italia. Il primo cittadino voleva cambiare i vertici e ci sta riuscendo; domani potrebbe essere il giorno del giudizio. La strada sembra sgombra, ma dietro l'ultima curva c'è un masso da spostare. È quello rappresentato dall'esile ma coriaceo Gherardo Colombo, monumento vivente di Mani pulite, che potrebbe bocciargli l'uomo chiave per incompatibilità.I candidati principali per sostituire Giovanni Valotti e Valerio Camerano sono due manager di lungo corso: l'ex dirigente di Telecom Italia Marco Patuano per la presidenza e Renato Mazzoncini, penultimo ad di Ferrovie dello Stato, per la poltrona operativa di amministratore delegato. Non si può dire che Sala giochi d'azzardo sulle nomine: entrambi sono suoi amici. Ed entrambi hanno altre caratteristiche che piacciono al primo cittadino: non sono milanesi e non hanno alcuna esperienza nei core business aziendali, energia, rifiuti e ambiente. L'arrivo dell'alessandrino ma bocconiano Patuano - che dopo Telecom aveva diretto Edizione, la holding della famiglia Benetton - è letto come un tentativo di entrare sempre più nel complesso mondo digitale, anche se la multiutility continuerà a cavalcare i business di sempre: rinnovabili, energia e rifiuti, reti e crescita per linee esterne. Con dossier strategici da chiudere in Lombardia e in Veneto. Con l'ex Telecom, Sala ha rapporti di antica colleganza (lui stava in Tim) e di vicinanza di seggiolino in tribuna d'onore a San Siro, poiché Patuano fece parte dello sventurato consiglio del Milan ai tempi di Yonghong Li. Con Mazzoncini invece le liaison sono più complesse. L'ad in pectore è bresciano, fortemente sponsorizzato dalle famiglie che contano nella città della Leonessa (comproprietaria con Milano dell'azienda da 12.000 dipendenti e un fatturato di 6,5 miliardi), fra le quali spicca il patriarca Giovanni Bazoli. È bene ricordare che la figlia Chiara è compagna di Sala. Ma il punto più delicato dell'intera operazione è un altro: Mazzoncini è uno dei manager di riferimento di Matteo Renzi, che da premier lo aveva fortemente voluto al vertice delle Ferrovie dello Stato. Fu confermato dal governo Gentiloni e dopo le elezioni del marzo 2018 silurato per avvicendamenti da spoil system dal governo Conte uno. Dopo il licenziamento, è ancora vivo il ricordo di un paio di partecipazioni di Mazzoncini sul palco della Leopolda («È stato cacciato da Toninelli quindi è bravo», l'annuncio di Renzi medesimo). La sua scelta conferma che il sindaco di Milano ha cominciato sottotraccia la corsa alla rielezione nel 2021 e ha posto solide basi per un accordo con Italia viva in una città dove i renziani hanno un certo peso. Fin qui è sottobosco all'italiana, ma c'è un problema serio: Mazzoncini ha un conto aperto con la giustizia, nel senso che ha sulle spalle un rinvio a giudizio a Perugia e un'inchiesta in corso a Parma. Il processo di Perugia ha come capo d'imputazione truffa ai danni dello Stato e a favore della Regione Umbria. Secondo l'accusa Mazzoncini (che allora era alla guida di Busitalia) avrebbe falsato i dati di traffico in concorso con altri per ottenere 6 milioni di euro di contributi pubblici. L'inchiesta di Parma riguarda invece una gara di appalto del trasporto pubblico da 289 milioni per un contratto di nove anni vinto da Busitalia a danno di Tep. Mazzoncini è indagato per turbativa d'asta.Quando due anni fa Danilo Toninelli decise di scaricare l'allora ad delle Ferrovie si appellò proprio alla «clausola etica», che si allunga come un'ombra nera sui manager pubblici con pendenze penali. Nei giorni scorsi, di fronte alle perplessità interne sul nome, Sala ha risolto la faccenda con un'alzata di spalle ma non è detto che Gherardo Colombo faccia lo stesso. L'icona di Tangentopoli è stata chiamata nel 2016 proprio dal sindaco attuale a dirigere il comitato per la legalità e la trasparenza del Comune di Milano e avrebbe già chiesto al primo cittadino un approfondimento se non un ripensamento.È doveroso aggiungere che nell'ultima relazione del comitato, proprio Colombo ha espresso «preoccupazione per le società partecipate, evidenziando come un controllo insufficiente da parte del Comune possa comportare conseguenze pregiudizievoli in capo al medesimo e alle figure di vertice dello stesso». A fronte di tutto ciò, se l'ex pm chiede di applicare il codice etico per Mazzoncini sono guai. Una premessa che complica il cammino verso il trono di A2A e che potrebbe far diventare ostica una nomina alla quale Sala tiene molto, la famiglia di Sala moltissimo. E Renzi ancora di più.