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2025-02-05
Doppio parapiglia di Sala per il Salva Milano
Beppe Sala (Ansa)
Nei circoli Arci che Giuseppe Sala forse non ha mai frequentato - si fuma e sono assai distanti dal Quadrilatero della moda dove si va solo a piedi - si gustavano i cioccolatini ripieni di amarene al liquore. Scartandoli se ne poteva avere un altro gratis oppure c’era la sorpresa: ritenta, sarai più fortunato. Erano i boeri - ogni riferimento a fatti e persone è puramente causale - e al sindaco di Milano sono toccati i boeri perdenti. Gli è andata male in Consiglio comunale (nessuna presa di posizione della sua maggioranza), gli va malissimo nei rapporti col Pd su quelle norme edilizie che per lui non sono «una sanatoria di abusi, ma l’esatta interpretazione dei piani urbanistici». Sa che se non passa il Salva Milano si trova con le imprese, i funzionari del Comune e il milieu dei ricchi immobiliaristi alla gola. Perciò esautora i consiglieri meneghini - «lascio al Consiglio comunale la possibilità di intervenire» e non pare un afflato democratico - e poi incalza: «L’interpretazione non la chiediamo al Consiglio comunale, ma al Parlamento». Al Pd - che tentenna - manda a dire: «Alla Camera ha votato compatto sul Salva Milano, al Senato stanno valutando. Al Pd, non ho la tessera, che però è il mio azionista di riferimento, dico: siate chiari, ditemi cosa farete». La risposta arriva da Pierfrancesco Majorino, capogruppo in Regione Lombardia: «Il Pd sarà chiarissimo: abbiamo difronte alcune settimane di discussione al Senato e poi ci sarà il voto. Sono convinto che si troverà una sintesi».
Il Salva Milano, con le manette che incalzano la base elettorale di Sala, rischia di far esplodere non solo la giunta di Palazzo Marino e far saltare il sindaco, ma anche l’ipotesi, assai remota, del campo largo romano. Agostino Santillo, onorevole contiano, annota: «La corale pro cemento, che sta aiutando Giuseppe Sala a picconare il Pd, deve comprendere che le leggi in Parlamento non si approvano a spallate. Quel testo è indigeribile». Sarà per questo che il sindaco agita bandiere progressiste, o presunte tali, a casaccio; parla di ordine pubblico e rivendica di aver raddoppiato i ghisa in strada, rilancia la crociata anti sigarette e la polemica sui migranti. Magari è il giorno sbagliato perché il coinvolgimento del tesoriere del Pd di Salerno, Nicola Salvati, finito in manette, nel traffico di permessi di soggiorno, non porta bene. Ma Sala ha bisogno di celare il suo necessitato rapporto con la Lega sul Salva Milano. Lega che peraltro aveva provato a far approvare un documento di sostegno al decreto, ma il Pd, i verdi e i sinistri si sono opposti al grido - il copyright è di Francesca Cucchiara di Europa Verde - «Non ci facciamo dettare l’agenda dalla Lega.» Però se a Roma non passa il Salva Milano - Sala fa lo snob, « il nome è orrendo lo hanno inventato queste destre»- le inchieste della Procura della Repubblica di Milano vanno avanti, 150 cantieri restano bloccati e c’è un esercito di funzionari pubblici che rischiano il processo.Sono in ottima compagnia; sulla star degli archistar Stefano Boeri - interrogato ieri dal gip Luigi Iannelli - pende la richiesta di arresti domiciliari per l’inchiesta sulla Beic ed è già rinviato a giudizio per il progetto Bosconavigli.
Per il «povero» sindaco sono boeri amari. Anche se proposto da Matteo Salvini - a decreto donato non si guarda in bocca - il sindaco vuole a ogni costo il Salva Milano.
A Rtl 102.5 confida: «Mi mancano 160 milioni di oneri di urbanizzazione e per quest’anno il bilancio lo chiudo, ma al prossimo o arrivano quei soldi o devo tagliare dei servizi». Al Piccolo Teatro, a margine della presentazione del Salone del Mobile, mentre Stefano Boeri era sotto torchio, Sala glissa dicendo: «Non posso negare che Boeri è un protagonista della città, sulle inchieste no so un granché, provo disagio e mi auguro che si chiarisca presto»; poi si lascia andare a pareri assai «mobili»; passa dal parlare male di Salvini sui migranti a dire che ci vuole più sicurezza sulle strade, che con il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi lavora benissimo e che uno dei suoi grandi successi è l’ordinanza antifumo all’aperto che ha un carattere «educativo». Dove sia finito il Beppe Sala che biasimava i carabinieri per l’inseguimento dello scooter con Ramy Elgaml non si sa, quando rivendica: «Stiamo iniziando a vedere i frutti sulla presenza di più vigili in strada a Milano: di giorno sono il 30% in più e di sera il 10-15% in più e andremo avanti. Stiamo facendo i pattuglioni serali», ha ricordato Sala , «ogni tanto ci vado anche io». E meno male che s’indignava per i blitz della polizia davanti la stazione, perché la Questura lo avvisava «all’ultio momento». «Con Piantedosi, aggiunge, lavoriamo bene, ma è la politica che non funziona: c’è sempre la ricerca del consenso». Appunto, il Beppe della ztl diventa antipolitico.
Appena la Lega in Regione Lombardia propone di vietare il velo nei luoghi pubblici incalza: «Becchiamoci anche questa: è una polemichetta. Bisogna che non ci sia un senso di continua boutade: l’immigrazione va governata. A Milano c’è il 21% di residenti non italiani; fa comodo avere chi ti porta da mangiare la sera o chi si prende cura degli anziani. Salvini diceva: manderemo a casa 600.000 irregolari, e la gente ci credeva e poi lo votava. L’Italia ne manda a casa 5.000 di cui 500 a Milano. Mi sfilo», sostiene Sala, «dal cliché buonista del sindaco di sinistra, ma togliamoci dalla testa che la repressione sia sufficiente se non si fa integrazione è una partita persa». Invece lui vuole vincere la battaglia contro il fumo: «Qualcosa sta cambiando; sto dicendo ai vigili: qualche multa datela, è una campagna che induce la gente a riflettere». E se ci si accorgesse che serve il Salva Milano sì, ma da Sala?
Boeri interrogato un’ora e mezza. Atteso il verdetto sui domiciliari
I due principali indagati dell’inchiesta Beic, l’archistar Stefano Boeri - progettista del Bosco verticale e docente al Politecnico, con un passato nella giunta milanese di Giuliano Pisapia e attualmente presidente della Triennale di Milano - e il collega Cino Paolo Zucchi, sono stati interrogati ieri dal gip Luigi Iannelli. Oltre ai due imputati (accusati di turbativa d’asta e falso), per cui il pubblico ministero ha chiesto gli arresti domiciliari, e ai rispettivi avvocati, hanno preso parte ai diversi colloqui anche la procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano e i pm Paolo Filippini e Giancarla Serafini.
Secondo l’accusa, Boeri e Zucchi, nel loro ruolo all’interno della commissione esaminatrice (il primo ne era anche presidente), che nel 2022 ha assegnato il concorso per la progettazione della Biblioteca europea di informazione e cultura, non avrebbero dichiarato i loro conflitti di interessi. I pm avevano chiesto il loro arresto immediato, ma il gip, valutando non sussistente il rischio di inquinamento probatorio (ma solo quello di reiterazione del reato), in base alla norma introdotta dal Guardasigilli Carlo Nordio, prima di pronunciarsi ha convocato gli imputati per gli interrogatori preventivi, che si sono tenuti ieri. Tra gli auditi figura anche Pier Paolo Tamburelli, il quale, oltre a esser parte del team vincitore, è considerato dagli inquirenti il presunto «regista» occulto degli accordi e, per questo, è occorso anch’egli nella richiesta di domiciliari con l’accusa di concorso per turbativa d’asta. A seguire sono stati sentiti anche gli altri due indagati della cordata vincitrice, per cui i pm chiedono misure interdittive dalla professione.
Il primo a essere interrogato è stato proprio Boeri, assistito dall’avvocato Francesco Mucciarelli. «Ho esposto nei dettagli le mie considerazioni circa i fatti contestati al gip, il dottor Iannelli, attendo con fiducia le valutazioni del giudice», ha dichiarato dopo un’ora e mezza di colloquio, dicendosi «speranzoso». «Per il momento me ne starei molto in disparte per un po’, poi magari riprenderò», ha poi risposto l’architetto a chi gli chiedeva se in futuro accetterà ancora di far parte di commissioni giudicatrici di progetti. Su di lui è intervenuto anche il sindaco Giuseppe Sala: «Non posso negare che Boeri è un protagonista della città», ha commentato. «Mi auguro che tutto possa essere chiarito. Vediamo un po’ quello che emerge da questa indagine».
Subito dopo è stato sentito Zucchi, il quale ha anch’egli negato le accuse. «Non sapevo di chi fossero i progetti, li ho valutati, ho lavorato e giudicato nell’anonimato totale e non ho mai incontrato i progettisti», ha spiegato ai giornalisti. Nelle carte dell’indagine, l’accusa riporta di chat allusive tra Zucchi e Tamburelli in cui compare la foto di un libro con all’interno banconote da 50 euro. «Quei soldi li ho messi io, non Tamburelli», ha detto Zucchi: «Era una mia ironia sulla inopportunità del contatto, perché mi sembrava una strana coincidenza temporale, era un messaggio ironico che è stato travisato totalmente». E sul conflitto di interessi, l’architetto si è difeso sostenendo che esso «riguarda l’ambito professionale ed economico e quello non c’era, mentre il contesto culturale di relazioni non può essere preso per un contesto che dà origine ad illeciti».
Dopodiché è stata la volta di Tamburelli, indagato in concorso per turbativa d’asta, e a seguire di Angelo Lunati e Giancarlo Floridi, i quali ai tempi lavoravano nello stesso dipartimento universitario dei commissari Boeri e Zucchi. La decisione del gip è attesa nei prossimi giorni.
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Il sindaco incalza il Pd: «Dica che vuol fare». Gelo pure con i suoi consiglieri, che non lo spalleggiano: «Il loro parere non serve». Intanto rivendica l’aumento dei ghisa (dopo aver contestato i blitz del questore in stazione). E li esorta a multare chi fuma all’aperto.L’archistar Stefano Boeri: «Me ne starò in disparte per un po’». Zucchi: «Travisati messaggi ironici».Lo speciale contiene due articoli.Nei circoli Arci che Giuseppe Sala forse non ha mai frequentato - si fuma e sono assai distanti dal Quadrilatero della moda dove si va solo a piedi - si gustavano i cioccolatini ripieni di amarene al liquore. Scartandoli se ne poteva avere un altro gratis oppure c’era la sorpresa: ritenta, sarai più fortunato. Erano i boeri - ogni riferimento a fatti e persone è puramente causale - e al sindaco di Milano sono toccati i boeri perdenti. Gli è andata male in Consiglio comunale (nessuna presa di posizione della sua maggioranza), gli va malissimo nei rapporti col Pd su quelle norme edilizie che per lui non sono «una sanatoria di abusi, ma l’esatta interpretazione dei piani urbanistici». Sa che se non passa il Salva Milano si trova con le imprese, i funzionari del Comune e il milieu dei ricchi immobiliaristi alla gola. Perciò esautora i consiglieri meneghini - «lascio al Consiglio comunale la possibilità di intervenire» e non pare un afflato democratico - e poi incalza: «L’interpretazione non la chiediamo al Consiglio comunale, ma al Parlamento». Al Pd - che tentenna - manda a dire: «Alla Camera ha votato compatto sul Salva Milano, al Senato stanno valutando. Al Pd, non ho la tessera, che però è il mio azionista di riferimento, dico: siate chiari, ditemi cosa farete». La risposta arriva da Pierfrancesco Majorino, capogruppo in Regione Lombardia: «Il Pd sarà chiarissimo: abbiamo difronte alcune settimane di discussione al Senato e poi ci sarà il voto. Sono convinto che si troverà una sintesi». Il Salva Milano, con le manette che incalzano la base elettorale di Sala, rischia di far esplodere non solo la giunta di Palazzo Marino e far saltare il sindaco, ma anche l’ipotesi, assai remota, del campo largo romano. Agostino Santillo, onorevole contiano, annota: «La corale pro cemento, che sta aiutando Giuseppe Sala a picconare il Pd, deve comprendere che le leggi in Parlamento non si approvano a spallate. Quel testo è indigeribile». Sarà per questo che il sindaco agita bandiere progressiste, o presunte tali, a casaccio; parla di ordine pubblico e rivendica di aver raddoppiato i ghisa in strada, rilancia la crociata anti sigarette e la polemica sui migranti. Magari è il giorno sbagliato perché il coinvolgimento del tesoriere del Pd di Salerno, Nicola Salvati, finito in manette, nel traffico di permessi di soggiorno, non porta bene. Ma Sala ha bisogno di celare il suo necessitato rapporto con la Lega sul Salva Milano. Lega che peraltro aveva provato a far approvare un documento di sostegno al decreto, ma il Pd, i verdi e i sinistri si sono opposti al grido - il copyright è di Francesca Cucchiara di Europa Verde - «Non ci facciamo dettare l’agenda dalla Lega.» Però se a Roma non passa il Salva Milano - Sala fa lo snob, « il nome è orrendo lo hanno inventato queste destre»- le inchieste della Procura della Repubblica di Milano vanno avanti, 150 cantieri restano bloccati e c’è un esercito di funzionari pubblici che rischiano il processo.Sono in ottima compagnia; sulla star degli archistar Stefano Boeri - interrogato ieri dal gip Luigi Iannelli - pende la richiesta di arresti domiciliari per l’inchiesta sulla Beic ed è già rinviato a giudizio per il progetto Bosconavigli. Per il «povero» sindaco sono boeri amari. Anche se proposto da Matteo Salvini - a decreto donato non si guarda in bocca - il sindaco vuole a ogni costo il Salva Milano. A Rtl 102.5 confida: «Mi mancano 160 milioni di oneri di urbanizzazione e per quest’anno il bilancio lo chiudo, ma al prossimo o arrivano quei soldi o devo tagliare dei servizi». Al Piccolo Teatro, a margine della presentazione del Salone del Mobile, mentre Stefano Boeri era sotto torchio, Sala glissa dicendo: «Non posso negare che Boeri è un protagonista della città, sulle inchieste no so un granché, provo disagio e mi auguro che si chiarisca presto»; poi si lascia andare a pareri assai «mobili»; passa dal parlare male di Salvini sui migranti a dire che ci vuole più sicurezza sulle strade, che con il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi lavora benissimo e che uno dei suoi grandi successi è l’ordinanza antifumo all’aperto che ha un carattere «educativo». Dove sia finito il Beppe Sala che biasimava i carabinieri per l’inseguimento dello scooter con Ramy Elgaml non si sa, quando rivendica: «Stiamo iniziando a vedere i frutti sulla presenza di più vigili in strada a Milano: di giorno sono il 30% in più e di sera il 10-15% in più e andremo avanti. Stiamo facendo i pattuglioni serali», ha ricordato Sala , «ogni tanto ci vado anche io». E meno male che s’indignava per i blitz della polizia davanti la stazione, perché la Questura lo avvisava «all’ultio momento». «Con Piantedosi, aggiunge, lavoriamo bene, ma è la politica che non funziona: c’è sempre la ricerca del consenso». Appunto, il Beppe della ztl diventa antipolitico.Appena la Lega in Regione Lombardia propone di vietare il velo nei luoghi pubblici incalza: «Becchiamoci anche questa: è una polemichetta. Bisogna che non ci sia un senso di continua boutade: l’immigrazione va governata. A Milano c’è il 21% di residenti non italiani; fa comodo avere chi ti porta da mangiare la sera o chi si prende cura degli anziani. Salvini diceva: manderemo a casa 600.000 irregolari, e la gente ci credeva e poi lo votava. L’Italia ne manda a casa 5.000 di cui 500 a Milano. Mi sfilo», sostiene Sala, «dal cliché buonista del sindaco di sinistra, ma togliamoci dalla testa che la repressione sia sufficiente se non si fa integrazione è una partita persa». Invece lui vuole vincere la battaglia contro il fumo: «Qualcosa sta cambiando; sto dicendo ai vigili: qualche multa datela, è una campagna che induce la gente a riflettere». E se ci si accorgesse che serve il Salva Milano sì, ma da Sala?<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/sala-salva-milano-2671095010.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="boeri-interrogato-unora-e-mezza-atteso-il-verdetto-sui-domiciliari" data-post-id="2671095010" data-published-at="1738742494" data-use-pagination="False"> Boeri interrogato un’ora e mezza. Atteso il verdetto sui domiciliari I due principali indagati dell’inchiesta Beic, l’archistar Stefano Boeri - progettista del Bosco verticale e docente al Politecnico, con un passato nella giunta milanese di Giuliano Pisapia e attualmente presidente della Triennale di Milano - e il collega Cino Paolo Zucchi, sono stati interrogati ieri dal gip Luigi Iannelli. Oltre ai due imputati (accusati di turbativa d’asta e falso), per cui il pubblico ministero ha chiesto gli arresti domiciliari, e ai rispettivi avvocati, hanno preso parte ai diversi colloqui anche la procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano e i pm Paolo Filippini e Giancarla Serafini. Secondo l’accusa, Boeri e Zucchi, nel loro ruolo all’interno della commissione esaminatrice (il primo ne era anche presidente), che nel 2022 ha assegnato il concorso per la progettazione della Biblioteca europea di informazione e cultura, non avrebbero dichiarato i loro conflitti di interessi. I pm avevano chiesto il loro arresto immediato, ma il gip, valutando non sussistente il rischio di inquinamento probatorio (ma solo quello di reiterazione del reato), in base alla norma introdotta dal Guardasigilli Carlo Nordio, prima di pronunciarsi ha convocato gli imputati per gli interrogatori preventivi, che si sono tenuti ieri. Tra gli auditi figura anche Pier Paolo Tamburelli, il quale, oltre a esser parte del team vincitore, è considerato dagli inquirenti il presunto «regista» occulto degli accordi e, per questo, è occorso anch’egli nella richiesta di domiciliari con l’accusa di concorso per turbativa d’asta. A seguire sono stati sentiti anche gli altri due indagati della cordata vincitrice, per cui i pm chiedono misure interdittive dalla professione. Il primo a essere interrogato è stato proprio Boeri, assistito dall’avvocato Francesco Mucciarelli. «Ho esposto nei dettagli le mie considerazioni circa i fatti contestati al gip, il dottor Iannelli, attendo con fiducia le valutazioni del giudice», ha dichiarato dopo un’ora e mezza di colloquio, dicendosi «speranzoso». «Per il momento me ne starei molto in disparte per un po’, poi magari riprenderò», ha poi risposto l’architetto a chi gli chiedeva se in futuro accetterà ancora di far parte di commissioni giudicatrici di progetti. Su di lui è intervenuto anche il sindaco Giuseppe Sala: «Non posso negare che Boeri è un protagonista della città», ha commentato. «Mi auguro che tutto possa essere chiarito. Vediamo un po’ quello che emerge da questa indagine». Subito dopo è stato sentito Zucchi, il quale ha anch’egli negato le accuse. «Non sapevo di chi fossero i progetti, li ho valutati, ho lavorato e giudicato nell’anonimato totale e non ho mai incontrato i progettisti», ha spiegato ai giornalisti. Nelle carte dell’indagine, l’accusa riporta di chat allusive tra Zucchi e Tamburelli in cui compare la foto di un libro con all’interno banconote da 50 euro. «Quei soldi li ho messi io, non Tamburelli», ha detto Zucchi: «Era una mia ironia sulla inopportunità del contatto, perché mi sembrava una strana coincidenza temporale, era un messaggio ironico che è stato travisato totalmente». E sul conflitto di interessi, l’architetto si è difeso sostenendo che esso «riguarda l’ambito professionale ed economico e quello non c’era, mentre il contesto culturale di relazioni non può essere preso per un contesto che dà origine ad illeciti». Dopodiché è stata la volta di Tamburelli, indagato in concorso per turbativa d’asta, e a seguire di Angelo Lunati e Giancarlo Floridi, i quali ai tempi lavoravano nello stesso dipartimento universitario dei commissari Boeri e Zucchi. La decisione del gip è attesa nei prossimi giorni.
Ansa
L’accordo è stato siglato con Certares, fondo statunitense specializzato nel turismo e nei viaggi, nome ben noto nel settore per American express global business travel e per una rete di partecipazioni che abbraccia distribuzione, servizi e tecnologia legata alla mobilità globale. Il piano è robusto: una joint venture e investimenti complessivi per circa un miliardo di euro tra Francia e Regno Unito.
Il primo terreno di gioco è Trenitalia France, la controllata con sede a Parigi che negli ultimi anni ha dimostrato come la concorrenza sui binari francesi non sia più un tabù. Oggi opera nell’Alta velocità sulle tratte Parigi-Lione e Parigi-Marsiglia, oltre al collegamento internazionale Parigi-Milano. Dal debutto ha trasportato oltre 4,7 milioni di passeggeri, ritagliandosi il ruolo di secondo operatore nel mercato francese. A dominarlo il monopolio storico di Sncf il cui Tgv è stato il primo treno super-veloce in Europa. Intaccarne il primato richiede investimenti e impegno. Il nuovo capitale messo sul tavolo servirà a consolidare la presenza di Fs non solo in Francia, ma anche nei mercati transfrontalieri. Il progetto prevede l’ampliamento della flotta fino a 19 treni, aumento delle frequenze - sulla Parigi-Lione si arriverà a 28 corse giornaliere - e la realizzazione di un nuovo impianto di manutenzione nell’area parigina. A questo si aggiunge la creazione di centinaia di nuovi posti di lavoro e il rafforzamento degli investimenti in tecnologia, brand e marketing. Ma il vero orizzonte strategico è oltre il Canale della Manica. La partnership punta infatti all’ingresso sulla rotta Parigi-Londra entro il 2029, un corridoio simbolico e ad altissimo traffico, finora appannaggio quasi esclusivo dell’Eurostar. Portare l’Alta velocità italiana su quella linea significa non solo competere su prezzi e servizi, ma anche ridisegnare la geografia dei viaggi europei, offrendo un’alternativa all’aereo.
In questo disegno Certares gioca un ruolo chiave. Il fondo americano non si limita a investire capitale, ma mette a disposizione la rete di distribuzione e le società in portafoglio per favorire la transizione dei clienti business verso il treno ad Alta velocità. Parallelamente, l’accordo guarda anche ad altro. Trenitalia France e Certares intendono promuovere itinerari integrati che includano il treno, semplificare gli strumenti di prenotazione e spingere milioni di viaggiatori a scegliere la ferrovia come modalità di trasporto preferita, soprattutto sulle medie distanze. L’operazione si inserisce nel piano strategico 2025-2029 del gruppo Fs, che punta su una crescita internazionale accelerata attraverso alleanze con partner finanziari e industriali di primo piano. Sarà centrale Fs International, la divisione che si occupa delle attività passeggeri fuori dall’Italia. Oggi vale circa 3 miliardi di euro di fatturato e conta su 12.000 dipendenti.
L’obiettivo, come spiega un comunicato del gruppo, combinare l’eccellenza operativa di Fs e di Trenitalia France con la potenza commerciale e distributiva globale di Certares per trasformare la Francia, il corridoio Parigi-Londra e i futuri mercati della joint venture in una vetrina del trasporto europeo. Un’Europa che viaggia veloce, sempre più su rotaia, e che riscopre il treno non come nostalgia del passato, ma come infrastruttura del futuro.
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Brigitte Bardot guarda Gunter Sachs (Ansa)
Ora che è morta, la destra la vorrebbe ricordare. Ma non perché in passato aveva detto di votare il Front National. Semplicemente perché la Bardot è stata un simbolo della Francia, come ha chiesto Eric Ciotti, del Rassemblement National, a Emmanuel Macron. Una proposta scontata, alla quale però hanno risposto negativamente i socialisti. Su X, infatti, Olivier Faure ha scritto: «Gli omaggi nazionali vengono organizzati per servizi eccezionali resi alla Nazione. Brigitte Bardot è stata un'attrice emblematica della Nouvelle Vague. Solare, ha segnato il cinema francese. Ma ha anche voltato le spalle ai valori repubblicani ed è stata pluri-condannata dalla giustizia per razzismo». Un po’ come se esser stata la più importante attrice degli anni Cinquanta e Sessanta passasse in secondo piano a causa delle sue scelte politiche. Come se BB, per le sue idee, non facesse più parte di quella Francia che aveva portato al centro del mondo. Non solo nel cinema. Ma anche nel turismo. Fu grazie a lei che la spiaggia di Saint Tropez divenne di moda. Le sue immagini, nuda sulla riva, finirono sulle copertine delle riviste più importanti dell’epoca. E fecero sì che, ricchi e meno ricchi, raggiungessero quel mare limpido e selvaggio nella speranza di poterla incontrare. Tra loro anche Gigi Rizzi, che faceva parte di quel gruppo di italiani in cerca di belle donne e fortuna sulla spiaggia di Saint Tropez. Un amore estivo, che però lo rese immortale.
È vero: BB era di destra. Era una femmina che non poteva essere femminista. Avrebbe tradito sé stessa se lo avesse fatto. Del resto, disse: «Il femminismo non è il mio genere. A me piacciono gli uomini». Impossibile aggiungere altro.
Se non il dispiacere nel vedere una certa Francia voltarle le spalle. Ancora una volta. Quella stessa Francia che ha dimenticato sé stessa e che ha perso la propria identità. Quella Francia che oggi vuole dimenticare chi, Brigitte Bardot, le ricordava che cosa avrebbe potuto essere. Una Francia dei francesi. Una Francia certamente capace di accogliere, ma senza perdere la propria identità. Era questo che chiedeva BB, massacrata da morta sui giornali di sinistra, vedi Liberation, che titolano Brigitte Bardot, la discesa verso l'odio razziale.
Forse, nelle sue lettere contro l’islamizzazione, BB odiò davvero. Chi lo sa. Di certo amò la Francia, che incarnò. Nel 1956, proprio mentre la Bardot riempiva i cinema mondiali, Édith Piaf scrisse Non, je ne regrette rien (no, non mi pento di nulla). Lo fece per i legionari che combattevano la guerra d’Algeria. Una guerra che oggi i socialisti definirebbero colonialista. Quelle parole di gioia possono essere il testamento spirituale di BB. Che visse, senza rimpiangere nulla. Vivendo in un eterno presente. Mangiando la vita a morsi. Sparendo dalla scena. Ora per sempre.
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«Gigolò per caso» (Amazon Prime Video)
Un infarto, però, lo aveva costretto ad una lunga degenza e, insieme, ad uno stop professionale. Stop che non avrebbe potuto permettersi, indebitato com'era con un orologiaio affatto mite. Così, pur sapendo che avrebbe incontrato la riprova del figlio, già inviperito con suo padre, Giacomo aveva deciso di chiedergli una mano. Una sostituzione, il favore di frequentare le sue clienti abituali, consentendogli con ciò un'adeguata ripresa. La prima stagione della serie televisiva era passata, perciò, dalla rabbia allo stupore, per trovare, infine, il divertimento e una strana armonia. La seconda, intitolata La sex gurue pronta a debuttare su Amazon Prime video venerdì 2 gennaio, dovrebbe fare altrettanto, risparmiandosi però la fase della rabbia. Alfonso, cioè, è ormai a suo agio nel ruolo di gigolò. Non solo. La strana alleanza professionale, arrivata in un momento topico della sua vita, quello della crisi con la moglie Margherita, gli ha consentito di recuperare il rapporto con il padre, che credeva irrimediabilmente compromesso. Si diverte, quasi, a frequentare le sue clienti sgallettate. Peccato solo l'arrivo di Rossana Astri, il volto di Sabrina Ferilli. La donna è una fra le più celebri guru del nuovo femminismo, determinata ad indottrinare le sue simili perché si convincano sia giusto fare a meno degli uomini. Ed è questa convinzione che muove anche Margherita, moglie in crisi di Alfonso. Margherita, interpretata da Ambra Angiolini, diventa un'adepta della Astri, una sua fedele scudiera. Quasi, si scopre ad odiarli, gli uomini, dando vita ad una sorta di guerra tra sessi. Divertita, però. E capace, pure di far emergere le abissali differenze tra il maschile e il femminile, i desideri degli uni e le aspettative, quasi mai soddisfatte, delle altre.
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iStock
La nuova applicazione, in parte accessibile anche ai non clienti, introduce servizi innovativi come un assistente virtuale basato su Intelligenza artificiale, attivo 24 ore su 24, e uno screening audiometrico effettuabile direttamente dallo smartphone. L’obiettivo è duplice: migliorare la qualità del servizio clienti e promuovere una maggiore consapevolezza dell’importanza della prevenzione uditiva, riducendo le barriere all’accesso ai controlli iniziali.
Il lancio avviene in un contesto complesso per il settore. Nei primi nove mesi dell’anno Amplifon ha registrato una crescita dei ricavi dell’1,8% a cambi costanti, ma il titolo ha risentito dell’andamento negativo che ha colpito in Borsa i principali operatori del comparto. Lo sguardo di lungo periodo restituisce però un quadro diverso: negli ultimi dieci anni il titolo Amplifon ha segnato un incremento dell’80% (ieri +0,7% fra i migliori cinque del Ftse Mib), al netto dei dividendi distribuiti, che complessivamente sfiorano i 450 milioni di euro. Nello stesso arco temporale, tra il 2014 e il 2024, il gruppo ha triplicato i ricavi, arrivando a circa 2,4 miliardi di euro.
Il progetto della nuova app è stato sviluppato da Amplifon X, la divisione di ricerca e sviluppo del gruppo. Con sedi a Milano e Napoli, Amplifon X riunisce circa 50 professionisti tra sviluppatori, data analyst e designer, impegnati nella creazione di soluzioni digitali avanzate per l’audiologia. L’Intelligenza artificiale rappresenta uno dei pilastri di questa strategia, applicata non solo alla diagnosi e al supporto al paziente, ma anche alla gestione delle esigenze quotidiane legate all’uso degli apparecchi acustici.
Accanto alla tecnologia, resta centrale il ruolo degli audioprotesisti, figure chiave per Amplifon. Le competenze tecniche ed empatiche degli specialisti della salute dell’udito continuano a essere considerate un elemento insostituibile del modello di servizio, con il digitale pensato come strumento di supporto e integrazione, non come sostituzione del rapporto umano.
Fondato a Milano nel 1950, il gruppo Amplifon opera oggi in 26 Paesi con oltre 10.000 centri audiologici, impiegando più di 20.000 persone. La prevenzione e l’assistenza rappresentano i cardini della strategia industriale, e la nuova Amplifon App si inserisce in questa visione come leva per ampliare l’accesso ai servizi e rafforzare la relazione con i pazienti lungo tutto il ciclo di cura.
Il rilascio della nuova applicazione è avvenuto in modo progressivo. Dopo il debutto in Francia, Nuova Zelanda, Portogallo e Stati Uniti, la app è stata estesa ad Australia, Belgio, Germania, Italia, Olanda, Regno Unito, Spagna e Svizzera, con l’obiettivo di garantire un’esperienza digitale omogenea nei principali mercati del gruppo.
Ma l’innovazione digitale di Amplifon non si ferma all’app. Negli ultimi anni il gruppo ha sviluppato soluzioni come gli audiometri digitali OtoPad e OtoKiosk, certificati Ce e Fda, e i nuovi apparecchi Ampli-Mini Ai, miniaturizzati, ricaricabili e in grado di adattarsi in tempo reale all’ambiente sonoro. Entro la fine del 2025 è inoltre previsto il lancio in Cina di Amplifon Product Experience (Ape), la linea di prodotti a marchio Amplifon già introdotta in Argentina e Cile e oggi presente in 15 dei 26 Paesi in cui il gruppo opera.
Già per Natale il gruppo aveva lanciato la speciale campagna globale The Wish (Il regalo perfetto) Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, oggi nel mondo circa 1,5 miliardi di persone convivono con una forma di perdita uditiva (o ipoacusia) e il loro numero è destinato a salire a 2,5 miliardi nel 2050.
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