Solo ieri - 43%. Altro crollo della partecipata Eni e Cdp. Problema legato all’aumento di capitale di due miliardi che ora le banche dovranno coprire per una buona fetta.
Solo ieri - 43%. Altro crollo della partecipata Eni e Cdp. Problema legato all’aumento di capitale di due miliardi che ora le banche dovranno coprire per una buona fetta.Quello di ieri è stato di certo un giorno da dimenticare in Borsa per Saipem. La società partecipata da Eni e Cdp ieri ha chiuso la seduta a Piazza Affari con un crollo del 43,2% a 1,10 euro, dopo che due giorni fa aveva già perso un altro 48,5%. Così in un anno il titolo ha ceduto in totale il 77,6%.Il problema è tutto legato all’aumento di capitale di due miliardi di euro che gli azionisti del gruppo dovranno affrontare. Sembra infatti che il gruppo di banche del consorzio di garanzia dell’aumento di capitale della società dovrà sottoscrivere almeno 400 milioni rispetto al totale dell’operazione. Al termine dell’asta dell’inoptato sono stati infatti venduti diritti non esercitati pari al 9,9% delle nuove azioni offerte, secondo una nota della società. Facendo due conti, insomma, visto che al termine dell’offerta in opzione, due giorni fa, l’aumento era stato coperto per il 70% di nuove azioni (per un ammontare complessivo intorno a 1,4 miliardi), alle banche resterà circa il 20% della quota da coprire. Va ricordato che la cifra che le banche dovranno sottoscrivere dipende ad ogni modo dall’ammontare dei diritti acquisiti in asta che verranno esercitati, e potrà oscillare tra un minimo di 400 milioni e un massimo di 600 milioni di euro nel caso in cui i diritti acquistati negli ultimi due giorni, ad un prezzo prossimo allo zero, non fossero esercitati.A conti fatti, sono rimasti invenduti circa 4 milioni di titoli che quindi ora dovranno essere rilevati dal consorzio di istituti composto da Bnp Paripas, Citigroup, Deutsche bank, Hsbc, Intesa Sanpaolo e Unicredit, Abn Amro, Banca Akros, Banco Santander, Barclays, Bper, Goldman Sachs international, Société générale e Stifel. Le banche parte del consorzio si erano impegnate a mettere sul piatto una cifra fino a un massimo di 1,11 miliardi. Quella di ieri, purtroppo, è stata la giornata più difficile in Borsa degli ultimi 37 anni. Gli analisti che seguono il titolo, inoltre, si attendono che Saipem potrebbe continuare ancora la sua discesa. Il titolo della società guidata da Francesco Caio era considerato da molti una certezza fino al settembre del 2012 quando aveva toccato i 123 euro per una singola azione. Da quel momento è stata più o meno tutta una discesa. Nel giugno 2014 valeva ancora 64 euro circa, poi a fine maggio 2015 una piccola risalita intorno ai 38 euro. Anche solo dando uno sguardo alla fine 2018 il titolo valeva ancora circa 11 euro, poi la discesa inesorabile fino all’1,1 euro di ieri. Lo sguardo, ora, è tutto rivolto ai piccoli risparmiatori. La speranza è che il panic selling (vendite per paura non prenda ancora il sopravvento e che il titolo possa riprendersi almeno un po’ dopo due giorni di fuoco. Purtroppo, però, difficilmente, gli azionisti potranno tornare a vedere il titolo salire in breve tempo.
Ansa
Gli antagonisti, tra cui qualche ex brigatista, manifestano insieme a imam radicalizzati e maranza. Come Omar Boutere, italo marocchino ricercato dopo gli scontri a Torino, ritrovato a casa della leader di Askatasuna. Una saldatura evidente che preoccupa gli inquirenti.
La saldatura che preoccupa investigatori e intelligence ormai non è più un’ipotesi, è una fotografia scattata nelle piazze: gli antagonisti, compreso qualche indomito ex brigatista, manifestano contro Israele, marciano accanto agli imam radicalizzati comparsi in inchieste sul terrorismo jihadista e applaudono a predicatori salafiti che arringano la folla tra le bandiere rosse e quelle palestinesi. È tutto lì, in una sola immagine: anarchici, jihadisti, vecchio terrorismo rosso e sigle filopalestinesi fusi negli stessi cortei, con gli stessi slogan, contro gli stessi nemici. Una convergenza che non è spontanea: è il risultato di un’ideologia vecchia di 20 anni, quella di Nadia Desdemona Lioce, che aveva già teorizzato che «le masse arabe e islamiche espropriate e umiliate sono il naturale alleato del proletariato metropolitano».
Ansa
Solidarietà bipartisan alla «Stampa» per l’aggressione. Ma i progressisti glissano sugli antagonisti e usano il loro lessico. Francesca Albanese: «Sbagliato, ma sia un monito». Giorgia Meloni: «Parole gravi». La replica: «Vi faccio paura».
Alla fine, meno male che ci sono i social, dove impazzano le foto delle scritte sui muri della redazione della Stampa. «Free Palestine», «Giornali complici di Israele», «Free Shamin» (l’imam di Torino espulso), «Stampa complice del genocidio». Si può vedere questo e altro anche sui canali web di Intifada Studentesca Torino. Vedere la saldatura tra alcuni ambienti antagonisti e la frangia violenta dei pro Pal è ormai alla portata di tutti. Ma anche ieri gran parte della sinistra che ha espresso solidarietà alla redazione del quotidiano degli Elkann ha faticato a fare il più classico dei 2+2. E lo stesso vale anche per i giornalisti di Stampa e Repubblica, che nei loro comunicati ufficiali hanno completamente sorvolato sulla matrice dell’irruzione di venerdì, per nascondersi dietro espressioni generiche come «squadrismo» e «manifestanti».
Uno scatto della famiglia anglo-australiana, che viveva nel bosco di Palmoli, in provincia di Chieti, pubblicato sul sito web della mamma, Caterine Louise Birmingham (Ansa)
I piccoli divisi da mamma e papà nella Regione sono 2.657: troppi. Perciò sono state emanate delle linee guida ai servizi sociali per limitare la pratica ai casi gravi. L’assessore Maurizio Marrone: «Basta demonizzare la famiglia».






