2021-01-16
Rutte travolto dallo scandalo fiscale. Il nemico dell’Italia si deve dimettere
Mark Rutte (Getty images)
Il governo olandese salta dopo il putiferio suscitato da un’indagine sui bonus per l’infanzia che ha per sbaglio etichettato come truffatori migliaia di genitori, costringendoli a indebitarsi. Esecutivo di scopo fino al 17 marzoIl governo olandese, guidato dal premier Mark Rutte, si è dimesso. A riportare la notizia è stato ieri il sito del quotidiano Volkskrant. A pesare sull’esecutivo in uscita è stato soprattutto lo scandalo dei sussidi per l’infanzia. Tra il 2013 e il 2019, migliaia di famiglie si sono ritrovate ingiustamente accusate di frode dalle autorità fiscali: un fattore che ha portato numerose di queste stesse famiglie ad indebitarsi per rimborsare denaro che si riteneva erroneamente ottenuto in modo illecito. In particolare, le autorità si erano accanite sui nuclei famigliari con doppia nazionalità: tal senso, come riferito dal Guardian, i critici hanno parlato di «profilazione etnica». La faccenda aveva da tempo creato turbolenze per il gabinetto di Rutte. Nel dicembre 2019, era stata presentata una mozione di sfiducia alla Camera dei rappresentanti contro l’allora sottosegretario di Stato alle Finanze, Menno Snel, il quale - pur essendosi salvato - decise comunque di dimettersi pochi giorni più tardi. Tutto questo, mentre - lo scorso luglio - la stessa Camera dei rappresentanti ha istituito una commissione d’inchiesta sulla questione dei sussidi, guidata dal deputato Chris van Dam. I lavori della commissione si sono conclusi poco prima di Natale, con la presentazione di un rapporto durissimo, che - parlando di «ingiustizia senza precedenti» - ha messo nel mirino soprattutto il ministero delle Finanze. Critiche non sono comunque state risparmiate all’intero esecutivo e allo stesso parlamento. Il documento, neanche a dirlo, si è subito rivelato una doccia gelata per l’esecutivo di Rutte: al di là delle responsabilità individuali, sono infatti sorte anche delle fibrillazioni tra i quattro partiti che lo compongono. Si pensi soltanto che uno di questi sia Appello cristiano democratico: formazione di orientamento democristiano, di cui è esponente lo stesso van Dam. D’altronde, che qualcosa stesse per succedere era chiaro già dall’altro ieri, quando Lodewijk Asscher si era dimesso da leader del Partito laburista: nonostante sia attualmente all’opposizione, Asscher è stato ministro degli Affari sociali nel precedente governo Rutte (dal 2012 al 2017) ed è per questo considerato tra i responsabili dello scandalo dei sussidi per l’infanzia. Del resto, per lo stesso premier dimissionario si tratta di un colpo politicamente non da poco. Ricordiamo che Rutte è alla guida dell’Olanda ininterrottamente dal 2010 e che ha attraversato svariati governi (quello appena caduto, nato nel 2017, è il terzo). Non è comunque la prima volta che il premier rassegna le dimissioni: avvenne infatti già nell’aprile del 2012, quando - per dissidi sul bilancio con Geert Wilders - si concluse la sua prima esperienza di governo. Nonostante il duro colpo, per ora Rutte (che ha escluso ieri un proprio «coinvolgimento diretto» nello scandalo) non sembra intenzionato a uscire dalla scena politica. Sempre secondo quanto riportato ieri da Volkskrant, costui rimarrà infatti «quasi certamente» leader del suo schieramento, il Partito popolare per la libertà e la democrazia. Tutto questo, mentre Deutsche Welle ha riferito che il premier dimissionario goda ancora di alta popolarità in termini elettorali. Quanto accaduto offre comunque alcuni interessanti spunti di riflessione. In primo luogo, queste dimissioni mettono a nudo le problematicità di un approccio politico-economico - quello di Rutte - incentrato fondamentalmente sui tagli alla spesa pubblica: una ricetta che, quando assume connotati totemici, può finire col generare disastri come lo scandalo per cui l’esecutivo olandese è caduto. In secondo luogo, non si può non notare la figura ben poco edificante fatta dal premier uscente, soprattutto alla luce della sua notoria mania di impartire lezioni a chiunque fuori dal proprio Paese. Messosi a capo dei cosiddetti «frugali», Rutte è stato - anche per esigenze elettorali interne - il principale avversario della linea italiana sul Recovery fund. Negli ultimi mesi, si è inoltre espresso contro Polonia e Ungheria sulla questione dello Stato di diritto. E sempre lui, al vertice Nato del dicembre 2019, fu tra i leader mondiali che, riunitisi in un capannello a Buckingham Palace, si misero a deridere «di nascosto» il presidente americano, Donald Trump. Insomma, Rutte ne aveva veramente per tutti. E intanto, in patria, montava lo scandalo che lo avrebbe portato alle dimissioni. Infine, diamo un occhio anche alla questione elettorale. Secondo Dutch News, tranne il ministro degli Affari economici Eric Wiebes (membro dello stesso partito di Rutte e coinvolto personalmente nello scandalo), il governo olandese resterà in carica per l’ordinaria amministrazione. Ricordiamo ciononostante che le elezioni parlamentari nel Paese restano previste per il prossimo 17 marzo. Segno evidente che, nonostante la pandemia, in Olanda si voterà comunque. Lo scorso ottobre, il ministro dell’Interno, Kajsa Ollongren, aveva proposto eventualmente di spalmare le elezioni su tre giorni (dal 15 al 17 marzo) a causa del Covid-19, ma non di rimandarle. Insomma, anche nei Paesi Bassi ci si recherà presto alle urne. Soltanto in Italia lo scenario del voto nei prossimi mesi viene dipinto con tinte apocalittiche.
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