
Dal cardinale, 94 anni e già braccio destro di Wojtyla e Ratzinger, arrivano delle riflessioni utili ai porporati in vista del conclave. Oggi ripartono le congregazioni: sul tavolo il nodo Becciu, l’ex prefetto che vuole votare.Dentro il conclave, in teoria, non è nemmeno ammessa la «campagna elettorale». Secondo la costituzione Universi dominici grecis, che regola la macchina che porta verso l’elezione del 267° successore di Pietro, i cardinali elettori non devono «lasciarsi guidare, nell’eleggere il pontefice, da simpatia o avversione o influenzare dal favore o dai personali rapporti verso qualcuno o spingere dall’intervento di persone autorevoli o di gruppi di pressione».Il conclave è un evento ecclesiale, come tale scandito dalla preghiera e rivolto all’ascolto dello Spirito Santo, ma è inutile far finta che non sia anche un evento «politico» anche se nel senso più alto possibile della parola. Una volta che i cardinali saranno chiusi dentro alla Cappella Sistina cum clave, saranno isolati da tutto e da tutti. Prima, però, dovranno terminare le congregazioni generali che riprendono oggi dopo la pausa domenicale.Alle congregazioni partecipano tutti i cardinali, anche gli ultraottantenni che non prenderanno, poi, parte al voto. E, dopo il funerale di Francesco, ora si entra davvero nel vivo del dibattito: i porporati dovranno intervenire parlando di come loro vedono la Chiesa, dei suoi problemi, delle sfide da cogliere, le cose da sottolineare e quelle da sistemare. In un collegio cardinalizio estremamente eterogeneo come quello che è derivato dai dieci concistori di papa Bergoglio, si tratta di momenti decisivi. Perché, poi, in conclave (che inizierà tra il 5 e il 6 maggio e questa sarà una delle primissime decisioni da prendere), si entri con almeno qualche candidatura già abbozzata per andare così alla conta del primo scrutinio. Una volta che i 133 elettori saranno nella Sistina, procederanno al ritmo serrato di quattro scrutini al giorno sempre cercando una maggioranza di due terzi. Ovvero, di 90 voti.Alcuni grandi elettori, spesso ultraottantenni, di carisma e provata esperienza, durante le congregazioni offrono il proprio spunto. Ieri, attraverso il blog del vaticanista Sandro Magister, il cardinale Camillo Ruini, 94 anni, già vicario del Papa a Roma negli anni di regno di Wojtyla e Ratzinger, ha offerto la sua «preghiera» in quattro punti che delineano chiaramente la sua visione per il prossimo Papa. Sottolineando come Benedetto XVI avesse evidenziato la «sua scarsa attitudine a governare», Ruini rileva che, nel solco della «legge fondamentale che è l’amore», la questione del governo deve comunque essere una preoccupazione. Poi, un’altra «intenzione di preghiera»: servono, scrive Ruini, «anche la certezza della verità e la sicurezza della dottrina. Da troppi anni stiamo sperimentando che, se queste si indeboliscono, tutti noi, pastori e fedeli siamo duramente penalizzati». Infine, il riferimento all’unità della Chiesa, per la quale «è anche importante risvegliare la consapevolezza che la Chiesa, come ogni corpo sociale, ha le sue regole, che nessuno può impunemente ignorare».Emergerebbe, così, un profilo di candidato che viene facile incasellare come «conservatore» ma che, in realtà, coglie elementi che sono propri della fede cattolica e che dovrebbero interrogare tutti gli elettori. Secondo le indiscrezioni, il cardinale Ruini sarebbe all’opera per supportare la candidatura del cardinale ungherese Péter Erdo, pastore e canonista di vaglia. Ma anche il cardinale tedesco Reinhard Marx ha fatto sentire la sua voce in alcune interviste. Secondo, invece, il porporato teutonico, noto per le sue aperture in dottrina morale e a favore delle diaconesse, «è una questione di credibilità e di dialogo». Ci vuole, ha detto, una «persona che abbia una visione universale», comunicativa e che prosegua nel solco della sinodalità. In questo caso emergerebbe un profilo di candidato «progressista» e qualcuno dice che il cardinale Marx sarebbe al lavoro per tirare la volata al cardinale francese Jean-Marc Aveline o, in seconda battuta, all’asiatico Luis Tagle. Inoltre, non a caso, Marx ha una certa fretta: «Faremo presto», ha dichiarato, ben sapendo che più si allungheranno i tempi e meno sarà possibile arrivare a un candidato come quelli a cui lui parrebbe guardare.Il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, secondo molti la personalità che meglio risponderebbe alla necessità di unire le molte anime del collegio cardinalizio, ieri, nell’omelia della messa in suffragio di Francesco, ha parlato della divina misericordia come tratto saliente del pontificato di Bergoglio. «È importante», ha detto, «accogliere come un tesoro prezioso questa indicazione su cui papa Francesco ha tanto insistito». Un tratto, quello della misericordia, che peraltro non è soltanto un accento del pontificato appena concluso, basti pensare che ieri, seconda domenica di Pasqua, domenica in Albis, si celebrava la festa della Misericordia istituita da Giovanni Paolo II.Intanto, però, il cardinale Parolin ha già una prima, grossa grana. Perché il primo punto che le congregazioni dovranno sciogliere a partire da oggi è la partecipazione al voto o meno del cardinale Angelo Becciu. Ridotto nelle sue prerogative cardinalizie in un burrascoso incontro con papa Bergoglio nel settembre 2020, oggi non è chiaro se il suo voto al conclave, a cui lui dice di poter partecipare, potrà avvenire o meno. Secondo le indiscrezioni, ci sarebbero due dattiloscritti, vistati solo con la lettera «F», mostrati a Becciu proprio da Parolin (uno dei due risalirebbe al periodo del ricovero del pontefice) che lo escluderebbero dal voto per volontà papale. La stessa che Francesco avrebbe espresso oralmente al cardinale camerlengo Kevin Farrell. Ma questi documenti rischiano di non avere la sufficiente forza normativa, al punto da potersi fare impugnare e invalidare l’eventuale elezione a cui Becciu non partecipasse. Insomma, un caso difficile e per nulla «veloce» da risolvere.Ieri, intanto, sono iniziate le visite alla tomba di Francesco nella basilica di Santa Maria Maggiore a Roma: una folla di gente si è messa in fila. Due ore di coda per entrare e rendere omaggio al pontefice defunto, almeno 20.000 persone. Alle 16 di ieri anche i cardinali sono andati in visita per la recita dei vespri.
Federico Cafiero De Raho (Imagoeconomica)
Giovanni Russo avrebbe scritto al suo capo che il finanziere Pasquale Striano andava allontanato dalla Direzione nazionale antimafia.
«Procuratore, il problema è questo qua. In un assetto così gerarchizzato ma nello stesso tempo così stretto come la Direzione nazionale antimafia […] tutti i soggetti apicali in qualche modo sono fuori controllo». Giovanni Russo, già procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia, braccio destro di Federico Cafiero De Raho (ora parlamentare pentastellato) lo precisa il 21 maggio 2025 davanti ai magistrati della Procura di Roma titolari dell’inchiesta sulle spiate nelle banche dati investigative ai danni di esponenti del mondo della politica, delle istituzioni e non solo, che ha prodotto 56 capi d’imputazione per le 23 persone indagate. Russo non risparmia «Franco Roberti», poi diventato parlamentare europeo del Pd.
Matteo Salvini (Ansa)
Il ministro: «Le toghe politicizzate sono una minoranza pericolosa da isolare per il bene della democrazia». L’ex membro Csm: «Le opinioni dell’Anm si riverberano sulle inchieste». Ambrogio Cartosio: «Ricostruzioni fantasiose».
La verità fa male: lo scoop di ieri del nostro giornale, con l’intervista del vicedirettore Giacomo Amadori al giudice Anna Gallucci, fa tornare indietro di anni le lancette del rapporto tra politica e magistratura e scatena la inevitabile indignazione di Matteo Salvini. La Gallucci ha rivelato, tra le altre cose, un episodio inquietante accaduto a Termini Imerese e risalente al 2018: «ll procuratore (Ambrogio Cartosio, ndr), titolare per legge dei rapporti con i cronisti», ha raccontato tra l’altro la Gallucci, «mi autorizzò a partecipare con lui a una conferenza stampa, all’indomani delle elezioni politiche del 2018.
Roberto Scarpinato (Imagoeconomica)
La presunta frode elettorale travolse i leghisti. Ma a processo è finito solo un «big» delle preferenze del centrosinistra. Il pm di allora conferma tutto. E va al contrattacco.
L’intervista a questo giornale della pm di Pesaro Anna Gallucci ha scosso il mondo politico e quello giudiziario. La toga ha denunciato il presunto indirizzo «politico» dato alla maxi inchiesta Voto connection della Procura di Termini Imerese, dove la donna lavorava, un’indagine che riguardava voto di scambio (riqualificato dal gip in attentato contro i diritti politici dei cittadini), favoritismi e promesse di lavoro in vista delle elezioni comunali e regionali del 2017. La pm ci ha rivelato che l’allora procuratore Ambrogio Cartosio (che ha definito la ricostruzione della ex collega come «falsa» e «fantasiosa») la avrebbe spronata a far arrestare due esponenti della lista «Noi con Salvini», specificando che «era un’iniziativa condivisa con il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato» e l’avrebbe, invece, invitata a chiedere l’archiviazione per altri soggetti legati al centro-sinistra. Ma la Gallucci non avrebbe obbedito. Un’«insubordinazione» che la donna collega ad alcune sue successive valutazioni negative da parte dei superiori e a una pratica davanti al Csm.
Getty images
Performance a tripla cifra per Byd, Lynk&Co e Omoda/Jaecoo grazie agli incentivi.
Byd +535,3%, Lynk&Co +292,3%, Omoda/Jaecoo +386,5%, «altre» +419,2% e fra queste c’è Leapmotor, ovvero il partner cinese di Stellantis che raggiunge l’1,8% della quota di mercato solo a novembre. Lo scorso mese le immatricolazioni auto sono rimaste stabili nei confronti dello stesso periodo di un anno fa, tuttavia c’è stato un +131% circa delle vetture elettriche, grazie agli incentivi che hanno fatto felici i principali produttori di veicoli a batteria: i cinesi. Come emerge appunto dalle performance a tripla cifra messe a segno dai marchi dell’ex celeste impero. La quota di mercato delle auto elettriche è volata così nel mese al 12,2%, rispetto al 5,3% del novembre 2024.
«La spinta degli incentivi ha temporaneamente mitigato l’anomalia del mercato italiano, riavvicinandolo agli standard europei», sottolinea il presidente di Motus-E, Fabio Pressi. «Appurato l’interesse degli italiani per la mobilità elettrica, strumenti di supporto alla domanda programmatici e prevedibili conseguirebbero anche da noi risultati paragonabili a quelli degli altri grandi mercati Ue», osserva ancora Pressi, citando a titolo d’esempio «l’ormai improcrastinabile revisione della fiscalità sulle flotte aziendali».






