2019-11-05
Ruini ha stanato gli hater vaticani di Salvini
Con un semplice invito a parlare con il leader della Lega, il cardinale ha smascherato l'ipocrisia di una parte della Chiesa. I ponti valgono per l'islam o per la Cina, ma non per il Capitano. Domenico Mogavero: «Non è in linea con il Vangelo». E Alberto Melloni scomoda il nazismo.Le certezze vacillano e i lampadari galileiani oscillano. Riguardo al dialogo col prossimo, di certezze ne avevamo due. Una dai tempi del catechismo (Gesù frequenta i peccatori e scandalizza i perbenisti, quindi parla con tutti) e la seconda più calata nell'attualità di papa Francesco, felice di confrontarsi con i musulmani, con i non credenti, con gli indios amazzonici, con il Partito comunista cinese al quale di fatto delega la nomina dei vescovi. È il cosiddetto «Vangelo del dialogo» che oggi vale per l'universo mondo tranne che per due persone: Matteo Salvini e (da domenica mattina) il cardinal Camillo Ruini. Con loro non si parla, per loro gli insegnamenti sono in surplace come nelle vecchie gare di ciclismo su pista. Anzi, cercate una porcilaia in fondo a sinistra per farli sparire. È la sintesi, il compendio delle reazioni inviperite sino all'isteria, da parte di intellettuali, corifei, sacerdoti per i quali è proprio impossibile metabolizzare la frase di Ruini: «Non condivido l'immagine tutta negativa di Salvini che viene proposta in alcuni ambienti, penso che abbia notevoli prospettive davanti a sé e che però abbia bisogno di maturare sotto vari aspetti. Il dialogo con lui mi sembra doveroso». Per gli alabardieri del Pontefice è più difficile leggere con serena disposizione (sine ira et studio) la bella intervista al Corriere della Sera che digerire un piatto di fagioli con le cotiche. A cominciare da monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, punta di diamante dell'accoglienza diffusa: «Salvini lo incontrerei, volevo incontrare Gheddafi e lui è meno impegnativo. Ma non credo che lasci aperti margini di confronto: o sei con lui o contro. Non è in linea col Vangelo. E non credo che quello di Salvini sia un popolo cattolico anche se è composto da cattolici». Una posizione estrema, che chiude i porti in faccia a molti italiani e taglia fuori il 40% degli elettori alle europee (34% Lega più 6,5% Fratelli d'Italia), tra l'altro quella parte politica che difende la famiglia tradizionale e i valori non negoziabili della Chiesa. Una posizione che equivale a una scomunica, appiattita sul pensiero dominante (in Vaticano) rappresentato dalla lobby gesuita guidata da padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica. Pochissimi osano uscire allo scoperto e lo stesso Mogavero sottolinea: «Ruini ha fatto bene ad aprire il dibattito, ha gettato il sasso nello stagno. Spero che si abbandoni il silenzio pudico di chi non sa che pesci prendere».Il cardinal Ruini ha detto con schietta saggezza ciò che almeno metà dei sacerdoti (quelli che non stanno su Twitter ma fra i malati, fra gli anziani, fra i disperati) pensano. Ha ribadito senza infingimenti di facciata che l'Italia non è soltanto un allegro ballo in maschera progressista ed è stato trattato come uno dei capi di Boko Haram. Le parole dell'anziano ex presidente della Conferenza episcopale e segretario generale del Papa fino al 2008 hanno suscitato un ventaglio di reazioni che vanno dal variopinto al bilioso. Padre Alex Zanotelli, già cappellano dei disobbedienti al tempo del G8 di Genova, la mette sull'impresentabilità: «Sono esterrefatto dalle parole del cardinal Ruini, Salvini esprime un'estrema destra di cui bisognerebbe solo avere paura. Come si fa a dialogare con lui? Non stiamo parlando di Berlusconi». La memoria lo tradisce, negli anni Novanta proprio il prete rivoluzionario dei centri sociali dipingeva il Cavaliere come un criminale, poiché allora era lui il nemico pubblico della sinistra.Molto più aggressivo Alberto Melloni, storico, per fortuna titolare della cattedra Unesco sul pluralismo religioso e la pace all'università di Bologna. Lui considera direttamente la frase di Ruini come un'apertura a uno scenario nazista. Infatti twitta con prosa febbricitante: «Per una beffa della storia quel che Ruini dice delle possibili prospettive di Salvini è identico a quel che Von Papen diceva di Hitler a Roncalli nel 1941. Roncalli lo zittì citando i milioni di ebrei uccisi nelle camere a gas». Dal Papeete al Reichstag, l'equilibrio innanzitutto: il solo paragone è evocativo di un fastidio fisico che trasforma il pensiero in eritema. Salvini come il Führer, se non è odio questo. La neonata commissione Segre potrebbe anche partire da qui.La navata di sinistra della Chiesa è esterrefatta, non si dà pace e sfoga la sua frustrazione sui social coprendo di insulti un cardinale che ha avuto la colpa suprema di invitare al dialogo. Don Dino Pirri, praticamente uno Chef Rubio in tonaca, usa la profondità del cabaret: «Se Ruini ricomincia a parlare, io rivoglio pure Bossi, Prodi, Fini, Casini, Berlusconi e Buttiglione». Eppure dovrebbe essere normale Oltretevere avere un canale aperto (come con tutti gli altri) anche con chi rappresenta il maggiore partito politico italiano; dovrebbe essere strategicamente utile ascoltare e confutare il respiro che arriva dai territori dove la Lega è votata dai fedeli; dovrebbe essere interessante, quasi obbligatorio, provare a smussare gli spigoli di un rapporto ancora profondo che i preti di numerose parrocchie toccano quotidianamente con mano. Allora perché una simile reazione? Perché l'obiettivo non è solo il leader leghista trasformato in Dracula. C'è qualcosa, nell'intervista, che dà più fastidio di Salvini. Una frase di Ruini che somiglia a una sberla alle certezze del mondo cattodem: «Il cattolicesimo politico di sinistra ha sempre meno rilevanza». Il re è nudo dentro San Pietro. E le gastriti collettive di fronte alla verità sono le peggiori.
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
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È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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