2020-08-28
Rovinati i piani del governo De Luca minaccia di tenere chiuse le scuole in Campania
Caos totale sul trasporto: un alunno su tre resterà a piedi. Cade l'obbligo di portare le mascherine anche in classe. Servono più aule per mantenere il distanziamento.Alla titolare del dicastero della Istruzione, Lucia Azzolina, in evidente affanno in questi giorni, solo una frase di Friedrich Nietzsche potrebbe venire in soccorso: «Bisogna avere un caos dentro di sé per partorire una stella che danza». Di caos dentro la cabina di regia della scuola quanto ne vuoi, è da vedere se l'anno scolastico che si aprirà tra qualche giorno sarà brillante come una stella. Per ora si assiste a un turbinare di iniziative, che a distanza di poco tempo vengono contraddette dai fatti. Vedi il caos dei test sierologici: sono su base volontaria e un terzo dei professori rifiuta di farli. Cosa accade a chi volontariamente si sottopone a verifica e risulta positivo? Secondo i protocolli del ministero della salute dovrebbe rimanere in isolamento – ancora una volta «volontario» – in attesa di un tampone. Il passo tra «volontarietà» e «incertezza» è davvero breve e, in questa incertezza, il mondo della scuola rimane sospeso. Il ministro Azzolina rilascia dichiarazioni, si coordina con il Comitato tecnico scientifico, si coordina un po' meno con le Regioni e nel frattempo gira l'Italia confidando che la sua presenza risulti rassicurante. L'altro giorno era in visita a una scuola della periferia di Milano, per confermare che la scuola italiana riaprirà in sicurezza. Ma proprio a Milano incrocia i rappresentanti del Comitato priorità alla scuola che non condividono l'ottimismo ministeriale, nel frattempo i rappresentanti dei presidi criticano la volontarietà dei test e chiedono che siano estesi agli studenti. Ma oltre che i test a preoccupare sono soprattutto i trasporti, le aule, la questione mascherine. Proprio su questi argomenti l'incontro di mercoledì tra governo e Regioni non ha sciolto i nodi più significativi. Più che altro hanno preso consistenza le voci critiche nei confronti delle linee guida del governo: principi astratti che sembrano scontrarsi col principio di realtà. Sia detto in soldoni: se si applicano i criteri di sicurezza previsti per gli scuolabus, gli scuolabus non arriveranno mai a destinazione; e d'altra parte se si impone l'utilizzo delle mascherine a ragazzi e adolescenti per cinque o più ore di fila quale potrebbe essere il risultato concreto?A queste obiezioni basate sul buon senso il ministero e i suoi gruppi di supporto rispondono con aggiustamenti lessicali; così il presidente della commissione Trasporti Fulvio Bonabitacola suggerisce di abrogare il metro di distanza obbligatorio in base al «principio del gruppo abituale esteso ai componenti della stessa classe». In pratica se si è compagni di classe si viene considerati come i compagni alle feste del Pd (e non come gli untori per definizione del Billionaire): indenni dal rischio contagio. Resterebbe però un dettaglio: con il distanziamento sul bus, secondo lo studio dell'associazione Asstra, un alunno su tre resterebbe a piedi di questo passo. Fronte mascherine: da 0 a 6 anni non è richiesta per i bambini mentre per gli operatori sì. Dai 6 ai 10 anni, il Cts suggerisce che «i bambini sopra i 6 anni da casa a scuola - su scuolabus e bus - devono indossare mascherina. A scuola anche ma se seduti al banco e l'insegnante conferma il distanziamento i bambini tolgono la mascherina. Deve essere indossata quando si muovono o nei momenti di aggregazione. Deve essere tolta, ovviamente a mensa e per l'attività sportiva». Sopra i 10 anni, cioè alle medie e alle superiori, c'è l'obbligo di indossare la mascherina. «Ma se gli studenti sono distanziati di un metro e seduti, la possono togliere».Altra questione è quella della responsabilità penale di dirigenti scolastici, ma anche degli stessi docenti. I rappresentanti dei dirigenti scolastici in particolare stanno facendo pressione sul ministero affinché chiarisca quali sono i termini e i limiti delle responsabilità attribuite a chi opera sul campo. Evidentemente è forte il timore di un poderoso scaricabarile dai vertici alla base del mondo della scuola. Per ora, si sa solo che l'Istituto superiore di sanità ha prescritto che un alunno con sintomi debba essere isolato e riportato nel più breve tempo possibile a casa. Certezza vi è invece sul fatto che la didattica a distanza non potrà essere invocata come una soluzione salvatutto: si potrà utilizzarla come alternativa alla presenza in classe solo per gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, ma per gli alunni sotto i 14 anni – a meno che Conte non proclami il lockdown totale 2 – sarà necessaria la presenza in classe; classi spaziose, come gli animali fantastici del film: dove trovarle? Si è ipotizzato un «patto educativo», tra scuole pubbliche e scuole private: anche questa una soluzione di buon senso, contro la quale remano però quegli esponenti della maggioranza che in nome di un iperstatalismo vedono il privato come il diavolo. L'ennesima incertezza riguarda la misurazione della temperatura degli studenti: si era partiti con l'idea di testare tutti, poi si è passati alle misurazioni a campione, ora sembra che ci si affidi al «bacio della madre sulla fronte che scopre se il figlio scotta», una situazione degna più del libro Cuore che non di una gestione tecnico-scientifica dell'emergenza virus. I termoscanner negli istituti, quindi, non ci saranno. Comunque sia, la Azzolina rassicura su un punto: «Nessun rischio per l'apertura dell'anno scolastico il 14 settembre». Ma a ben vedere anche su questa certezza si abbatte il demone del dubbio e stavolta ha il ghigno mefistofelico del governatore De Luca, che dice: «Da qui a una, due settimane saremo chiamati a prendere decisioni importanti. Pensate all'apertura dell'anno scolastico: nelle condizioni attuali non è possibile aprire».