Rousseau benedice Mr Bce e frantuma il Movimento. Di Battista: «Me ne vado»

Via libera della piattaforma Rousseau all'ingresso del M5s nel governo Draghi: i «sì» vincono con il 59,3% dei voti degli iscritti (44.177), i «no» sono il 40,7% (30.360). I votanti totali, dunque, sono 74.537, su una base di 119.544 iscritti aventi diritto di voto. L'esecutivo multicolor può partire, i pentastellati si apprestano a entrare a far parte del terzo governo diverso in tre anni di legislatura. Il 3 settembre del 2019, gli iscritti alla piattaforma Rousseau avevano dato il via libera al Conte bis, il governo giallorosso, con il 79,3% di voti a favore. Il 18 maggio del 2018, la votazione sul via libera al governo del cambiamento, Lega-M5s, aveva visto il trionfo dei «sì» con il 94% dei voti. Piuttosto bassa, dunque, la percentuale di favorevoli all'ingresso nel governo guidato da Mario Draghi: il M5s è spaccato praticamente in due, e non a caso il reggente, Vito Crimi, ieri sera, appena resi noti i risultati, avverte: «Il voto degli iscritti è vincolante ed è in un patto sottoscritto da tutti quelli che si sono candidati». Il timore di una fronda di contrari alla fiducia, soprattutto al Senato, resta quindi intatto.
Già dalla mattinata di ieri, prima delle 10, orario di apertura delle «urne» telematiche, chiuse poi alle 18, inizia una lunghissima sequenza di comunicati stampa, post su Facebook, segnali di fumo, messaggini whatsapp e urla dai balconi: tutti in coro, i «governisti» del M5s invitano a votare «sì». Lo fanno, come è naturale, nel nome del supremo interesse del Paese, non certamente perché sperano di acchiappare al volo una poltrona di governo o una poltroncina di sottosegretario, e neanche perché se vincessero i «no» il governo guidato da Mario Draghi non partirebbe, si andrebbe alle elezioni e l'80% dei parlamentari grillini resterebbe a spasso. Il quesito, per come è formulato, è un evidente invito a votare «sì»: «Sei d'accordo che il MoVimento sostenga un governo tecnico-politico: che preveda un super ministero della Transizione ecologica e che difenda i principali risultati raggiunti dal MoVimento, con le altre forze politiche indicate dal presidente incaricato Mario Draghi?». Davide Casaleggio scarica su Vito Crimi la responsabilità della formulazione della domanda, che ha provocato molti malumori tra i dissidenti, che chiedevano che ci fosse anche l'opzione dell'astensione: «È stato Crimi», dice Casaleggio, «in qualità di capo politico a decidere in merito al quesito».
«Io mi fido di Beppe Grillo», scrive Luigi Di Maio su Facebook, «che è sempre stato più lungimirante di tutti noi. Io mi fido di Giuseppe Conte, perché non era scontato che dicesse di votare sì su Rousseau per la formazione del nuovo governo. È stato un gesto di grande responsabilità. Io mi fido di voi, di quello che abbiamo fatto insieme negli ultimi otto anni. Io voto sì», aggiunge Giggino, «perché non esiste una maggioranza senza di noi, perché dobbiamo difendere ciò che abbiamo costruito per l'Italia, perché dobbiamo spendere al meglio i 209 miliardi del Recovery plan conquistati in Europa grazie al M5s».
Anche il presidente della Camera, Roberto Fico, si espone sui social: «Voterò sì. Ecco perché. Il momento delicato che il Paese sta vivendo», scrive Fico, «ci impone una riflessione seria e un'assunzione di responsabilità. Come ha spiegato in modo estremamente chiaro il presidente della Repubblica, non è pensabile in questo momento storico far precipitare il Paese verso le urne». Sulla stessa lunghezza d'onda decine e decine di parlamentari, che invitano gli iscritti a votare a favore dell'ingresso del M5s nel governo Draghi.
Tre senatori, Barbara Lezzi, Danilo Toninelli ed Elio Lannutti, annunciano sui social il loro voto contrario: «Ora siete voi, iscritti al M5s», scrive la Lezzi su Facebook, «che potete decidere se accomodarvi accanto a Berlusconi, Salvini, Renzi, Calenda e gli altri oppure pretendere che tutto passi dal M5s che avrebbe forza e mani libere per negoziare e trattare ogni voto». «Per porre un limite», sottolinea Toninelli, «agli attacchi vergognosi contro esponenti del M5s ci sono solo due strade: ci si piega o si continua a lottare. Ma solo nel secondo caso si potrà dare all'Italia un'informazione libera da partiti e lobby. Per questo oggi su Rousseau ho votato no. Per evitare di sedersi al tavolo con certi personaggi che sono tra i motivi per cui è nato il M5s». «Ho appena votato no», scrive Lannutti, «al banchiere Goldman Sachs Mario Draghi. A prescindere da chi non la pensa come me che rispetto, partecipate». Diversa la posizione del senatore Mattia Crucioli, che annuncia il voto contrario alla fiducia al governo a prescindere dall'esito della consultazione on line: «Non riconoscendo la legittimità del quesito», precisa Crucioli, «ho deciso di non votare. Riterrò di votare come ritengo alla fiducia e quindi voterò no».
Beppe Grillo, nel pomeriggio, pubblica sui social un fotomontaggio che mostra il premier incaricato su un cornicione e il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che lo guarda da una finestra. «Aspettando Rousseau», è il commento del fondatore del M5s, che la butta in caciara ben sapendo che la sua creatura politica si sta avvicinando verso il baratro. Non a caso, in serata arriva la decisione di Alessandro Di Battista, che tira le somme e lascia il Movimento 5 stelle: «La mia coscienza politica non ce la fa più, d'ora in poi non parlerò più come M5s», annuncia in diretta Facebook. «Il Sì ha vinto con il 60% per cui zero polemiche. Le decisioni si rispettano, ma io non riesco proprio a digerirle».






