2023-11-06
«Abbiamo perso la voglia di divertirci degli anni Ottanta»
Andrea Roncato: «Oggi si preferisce la realtà virtuale alle emozioni vere. Berlusconi mi chiamava alle 2 di notte per suggerirmi le battute».Risponde al telefono e Andrea Roncato in pochi minuti sorprende citando Pablo Neruda. Racconta che ha appena visto online alcune terribili immagini dei bambini del Medio Oriente che gli mettono tristezza: «Le guerre sono fatte da persone che si uccidono senza conoscersi, per gli interessi di persone che si conoscono ma non si uccidono», ricorda a memoria affrettandosi ad aggiungere: «Non sono un intellettuale, ma neanche un ignorantone. A inizio dell’anno prossimo uscirà un mio libro con alcuni versi. Amo molto la poesia, sa? E c’è chi si stupisce, perché come sono stato raccontato negli anni non ha molto a che fare con chi sono davvero».Auto di lusso, bella vita e molte donne, si è letto soprattutto.«Dicerie». Proprio tutte?«In gran parte. Ci ho anche scritto un libro, su questa discrepanza: Non solo Loris Batacchi, si intitola. Non sono solo quello. C’è stato un momento in cui avevo 10 Rolex e ne cambiavo uno al giorno, sì. E ho anche pensato a un certo punto che avere tre auto fosse davvero importante».Poi?«Poi succede che con gli anni ci si rende conto che è una forma di insicurezza, tutto questo mostrare. Immaturità, anche. Quando si diventa sicuri di sé non c’è il problema di apparire. Che è un po’ il problema dei ragazzi di oggi: pensano di essere la foto che scattano per postarla sui social, con tutti quei filtri che non sono reali».I social non c’erano, quando ha iniziato la sua carriera.«Quarantadue anni orsono. Ne hanno dette di cotte e di crude su di me, anche senza social. Sarà che la gente vede quello che sei nei film e ti identifica con il personaggio». Nel suo caso, spesso quello del donnaiolo.«Recitavo con le attrici più belle d’Italia, quelle belle sul serio perché vere e senza ritocchi. Ma mica le corteggiavo tutte. A me fan tristezza quando mi chiedono quante donne ho avuto. Chi dà i numeri spesso mente. Oggi ho una vita molto normale, invece. Sono sposato dal 2017 e sto con mia moglie Nicole da 12 anni, fidanzamento compreso. Sua figlia - l’attrice Giulia Elettra Gorietti - mi ha regalato una splendida nipotina che si chiama Violante. Mi hanno cambiato la vita, queste donne».Rimorsi per qualche errore, ne ha?«Se uno non sbaglia non diventa grande. Gli errori servono a migliorare e chi non ne commette neanche uno resta una persona mediocre. Certo, non parlo di errori catastrofici, eh. Però penso che piuttosto che star fermi, vale la pena intraprendere una strada e poi nel caso tornare indietro a metà».Tempi bui ce ne sono stati?«Come in tutte le vite. Il peggiore, quando morirono i miei genitori nell’arco di due anni. Rimasi solo, da figlio unico. Anche le vicende sentimentali sono state non semplici, anche su questo fronte mi sono sentito lasciato solo. Ma sono sempre andato avanti, grazie all’amore e alla compagnia di chi restava. Animali compresi. Pure con la carriera non è stato sempre facile. Ho avuto anni in cui ho lavorato di meno… ma mi sono rimboccato le maniche senza chiedere favori a nessuno».Parla di raccomandazioni?«Avrei potuto chiamare Berlusconi o chissà quanti politici che conosco, e di nomi non gliene farò. Ma ho sempre avuto un tale rispetto di me stesso che ho detto di no anche ai reality, anche se ci ho rimesso soldi».Com’è che la politica è così intrecciata alla tv, nel nostro Paese?«Fosse per me, dovrebbero essere due mondi totalmente estranei. Se non per la satira e la caricatura. Ma da sempre funziona così, non cambierà tanto presto questa cosa. Fu Berlusconi con le sue tv, e ancora in Rai si cambia a ogni cambio di governo».Preferenze politiche lei ne ha?«Destra o sinistra, per me contano le persone in gamba. Son contento anche che le donne si stiano rafforzando in ruoli di leadership. È giusto, finalmente succede. Compensano la crescente debolezza degli uomini, sempre più insicuri».Le sue aspirazioni oggi?«Continuare a fare il mio lavoro con tutto il rispetto che ne ho. A breve comincerò le riprese del nuovo film di Pupi Avati, un horror dal titolo L’orto americano». Una collaborazione di ferro, la sua con Avati.«Contando le serie per la tv, mi ha diretto in 11 film».E in tutto quanti film ha fatto? Ha mai tenuto il conto?«Più di 63 film e quasi 250 episodi di fiction, tra Carabinieri, Don Matteo, L’Ispettore Codiandro e molte altre».Tutto ebbe inizio nei mitici anni Ottanta.«1980 per la precisione. Sandra Mondaini ci portò - a me e Gigi (Sammarchi, ndr) - su Rai 1 dopo che avevamo lavorato con lei in giro per l’Italia».Che donna era?«Irripetibile. Eravamo come figli per lei. Mi vanto spesso della sua amicizia, e pure delle sue sgridate».Un suo insegnamento su tutti?«Ringraziare e rispettare il pubblico. Non ho mai rifiutato un autografo o una foto perché sono consapevole che senza il pubblico non sarei niente».Da Berlusconi invece cosa imparò?«Berlusconi fu colui che mi diede i primi lavori più importanti. Ne ricordo la grande fantasia che fondò la sua forza imprenditoriale. Mi chiamava alle due di notte per dirmi che una certa battuta non gli era piaciuta, e che invece quella di qualche giorno prima funzionava di più. Ci vedeva lungo. Fu il primo in Italia a investire un mucchio di soldi in trasmissioni tv».La sua preferita?«Grazie a Grand Hotel, uno come me che era agli inizi di carriera riuscì a lavorare al fianco di persone come Massimo Ciavarro, gli Ingrassia, Paolo Villaggio… Ricordo la prima puntata con Alain Delon. E Tony Curtis che mi domandava con gentilezza se potevamo rifare una gag e io pensavo, onorato: “Questo signore ha fatto film con Marilyn Monroe e ora mi sta insegnando qualcosa”. I veri grandi sono grandi in tutto».Ne esistono ancora?«Robert De Niro mi incontrò ai Telegatti e la volta successiva mi salutò e venne a bere un caffè con me. Se incontro oggi un tronista di Uomini e donne, fa fatica a salutarmi. Tanti giovani attori oggi sono convinti che basti esser belli per sfondare. Ma è un po’ come per le donne: conta di più farle ridere, degli addominali».Quelli della sua generazione parlano degli anni degli inizi spesso con nostalgia.«Credo abbiamo nostalgia soprattutto della voglia di divertirsi che c’era allora. Le persone amavano andare al cinema. Le discoteche erano piene sette giorni su sette, e agli spettacoli delle 23 assistevano 5.000 persone per volta».Poi abbiamo cominciato ad annoiarci?«Un po’ c’entra il fatto che si avevano più mezzi, più soldi da spendere in divertimento e cultura, che erano pure più accessibili di oggi. E poi tutto questo voler apparire online rischia di rovinare le relazioni tra le persone. Sa cosa mi pare? Che si vogliano evitare le emozioni, specchiarsi in una realtà finta e non vivere davvero. Far emozionare la gente è invece il motivo per cui ho scelto questo lavoro».Eppure studiò Giurisprudenza.«I miei genitori avevano fatto tanti sacrifici per farmi fare l’università e non volevo deluderli. Ho poi continuato a studiare: pianoforte, corsi di teatro e di cinema, una lunga gavetta…».Mamma e papà furono poi fieri di lei, anche se non diventò avvocato?«Fecero in tempo, sì. Anche se morirono che avevo 33 anni soltanto. Purtroppo hanno vissuto poco il mio successo. Mamma era casalinga, papà sagrestano». Vivevate dunque accanto a una chiesa?«A Bologna, sì. Penso spesso che mio padre fu forse un po’ deriso, dagli amici del bar, quando scelsi di fare l’attore. È un mestiere che finché non hai successo tutti ti considerano un fallito. Ma ebbe occasione di prendersi la sua rivincita: raccontava che Pippo Baudo era stato a casa nostra, e che era arrivata la chiamata di Ornella Muti, che era molto amica di suo figlio. Si vedeva che lo diceva per tutte le volte in cui era stato guardato con un po’ di pietà».Dalla voce capisco che la loro scomparsa è una ferita che non si è ancora rimarginata.«Impossibile. Quando divento un po’ triste però penso all’emozione di papà quando gli regalai una Bmw per il compleanno, con tanto di nastro, a lui che aveva la smania per le auto tedesche e andava in giro con uno splendido Maggiolino. E alla mamma che si provava solo in casa la pelliccia che allora andava tanto di moda, ma non la usava mai perché non voleva rovinarla».
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
Ecco #DimmiLaVerità del 12 settembre 2025. Il capogruppo del M5s in commissione Difesa, Marco Pellegrini, ci parla degli ultimi sviluppi delle guerre in corso a Gaza e in Ucraina.