2025-09-01
Roberto Formigoni: «Con me la Lombardia correva. La Lega può passare la mano»
L’ex governatore: «Il mio modello sulla sanità è datato 1997 ed è rimpianto. Maroni purtroppo l’ha distrutto. Nessuno può mettere veti su Fdi se vuol puntare alla Regione».Roberto Formigoni, ex presidente della Lombardia, come l’hanno riaccolta al Meeting di Rimini?«Con enorme calore e affetto: sia gli organizzatori che il popolo. Ho incontrato tantissimi amici. E ho visto pure alcune facce nuove». È tornato a casa.«Sono orgoglioso di avere contribuito a creare questa festa della cultura e dell’amicizia. Si parla di quei temi che rendono la vita interessante, degna di essere vissuta. Ed è l’occasione per riconoscersi, rincontrarsi, riabbracciarsi». Scorge traditori in mezzo alla folla?«Di quelli conosco nome e cognome, ma al Meeting non ne vedo. I miei amici non hanno mai creduto alle accuse e alle condanne che ho dovuto subire». Il passaggio del premier, in questa edizione, è stato trionfale.«Ho percepito l'afflato che c’era con Giorgia Meloni. Una grande maggioranza la ammira per il suo impegno e la sua coerenza. Viene da un partito che era considerato ai margini. È diventata la presidente di tutti». Su quali temi ha colto maggiore sintonia?«La libertà di educazione. Garantire alle famiglie di poter scegliere per i loro figli la scuola che preferiscono, pubblica o paritaria che sia. Questo compito non spetta allo Stato». Fra gli ex presidenti del Consiglio, chi ha scatenato simili entusiasmi?«Posso fare solo due nomi: Andreotti e Berlusconi. Sono quelli in cui il nostro popolo si è riconosciuto di più».Il tripudio ciellino dimostra che Meloni ha ormai conquistato i cattolici?«Alle ultime politiche hanno votato soprattutto per il centrodestra, dividendosi tra Fratelli d’Italia e Forza Italia». Il suo celebrato discorso simboleggia un definitivo approdo al moderatismo?«Da quando è stata eletta, non ha mai avuto atteggiamenti estremisti. Ha capito subito che governare l’Italia significava rappresentare i valori tradizionali del centro. E ha proseguito su quella strada. Piuttosto, mi ha colpito il rinnovato impegno a completare le riforme avviate dall’inizio della legislatura: premierato, autonomia differenziata, giustizia. Su quest’ultima, c’è stata un’ovazione». Ha attaccato le «toghe politicizzate».«Lì ho sentito l’applauso più forte. Io le conosco bene quelle toghe. Ho dovuto incontrarmi e scontrarmi con loro. E chiunque tenga alla democrazia, dovrebbe avere il coraggio di farsi sentire». È il sogno di Berlusconi che si avvera? «Ormai è il sogno degli italiani. Vent’anni fa la gente scendeva in piazza assieme ai giudici. Adesso la stragrande maggioranza è favorevole alla riforma della giustizia. Quando la magistratura fa prevalere l’ideologia, diventa un pericolo per tutti».Si sente una vittima sacrificale?«Io sono innocente. Basta leggere gli atti del mio processo. Formigoni è stato condannato perché dava fastidio. Era necessario fermarlo».Ovvero?«Erano i tempi in cui, a torto o ragione, si diceva che Formigoni sarebbe stato il successore di Berlusconi. Io non c’ho mai creduto. Ho sempre detto: “Ragazzi, calma. Il Cavaliere starà lì ancora per un pezzo”. Ma la voce, comunque, correva. Gli avversari, allora, hanno deciso di intervenire». Con una spallata giudiziaria?«Esattamente».Organizzata dalla sinistra?«Beh, certo. Non è mai riuscita a battermi. Sono stato sempre eletto con consensi crescenti. Passavano gli anni e la gente non si stancava di Formigoni. Continuava a incitarlo. Lo spingeva ad andare avanti».Assieme alle toghe rosse?«Certamente». Prima di scontare più di tre anni ai domiciliari per corruzione, è rimasto in carcere cinque mesi. «Ero un uomo delle istituzioni. E sono cristiano. Mi sono presentato io stesso a Bollate, anche se non dovevo nemmeno entrarci. Avevo 70 anni. La cosiddetta legge Spazzacorrotti era stata approvata appena dieci giorni prima, ma l’hanno applicata in maniera retroattiva. Ho accettato pure questo».Com’è stata la vita in prigione?«Mi hanno aiutato molto le oltre 4.000 lettere che ho ricevuto, piene di solidarietà. Scendevo a ritirare la posta cinque o sei volte al giorno. Poi ho letto i libri che mi avevano portato gli amici. E sono venuti a trovarmi rappresentanti di tutti i partiti, compresi Pd e Rifondazione. Solo i 5 stelle non si sono visti».Chi erano i suoi compagni di cella?«Due ergastolani e un condannato a 30 anni. Appena entrato, uno di loro mi disse: “Ogni giorno puliamo tutto da cima a fondo, ma abbiamo deciso che tu non muoverai un dito”. Era il loro modo di ringraziarmi per il bene che avevo fatto ai lombardi». Ha chiesto la riabilitazione al Tribunale di sorveglianza. «La otterrò tra qualche settimana». Si ricandiderà, dunque.«E chi lo sa? Per adesso studio, approfondisco. Vedremo se il Padreterno mi concederà tempo e intelligenza».La politica è una malattia da cui non si guarisce.«Assieme a un gruppo di ex sindacalisti dell’Ugl, abbiamo fondato il Movimento per un’Italia migliore. Ha oltre mezzo milione di iscritti. Si occupa di lavoro, formazione ed economia. Mi hanno nominato presidente onorario». Rieletto con loro, quindi. «Non escludo nulla. Mai dire mai». Nel 2027 ci saranno sia le regionali che le politiche. «Avrei già potuto presentarmi alle europee del 2024, ma ho pensato: “Meglio aspettare”».Perché? «Avevo appena finito di scontare i domiciliari. Non volevo che si discutesse soltanto della mia condanna. Le opposizioni, certamente, ne avrebbero approfittato. Giusto o sbagliato, ho preferito così. Nel frattempo ho anche scritto un libro sul Movimento popolare, che avevamo fondato nel 1975 assieme ad altri amici». Due mesi fa ha partecipato alla convention di Forza Italia. Il segretario regionale, Alessandro Sorte, s’è lanciato in un nostalgico e polemico ricordo: «La Lombardia con Formigoni correva di più». «Non me l’aspettavo. C'è stata un’ovazione. Ho dovuto alzarmi in piedi. Poi sono salito sul palco per un breve intervento. Del resto, dopo la Democrazia cristiana, sono entrato in Forza Italia. Nonostante la grande stima per Meloni, resta ancora il partito a cui mi sento più vicino». E lei cosa rimpiange di quei tempi? «Sono stati 18 anni straordinari: i migliori della mia vita. Avevo la possibilità di lavorare concretamente per il bene della gente. Siamo riusciti a fare cose incredibili. Abbiamo inventato il buono scuola per le paritarie. E i poveracci si sono potuti curare anche al San Raffaele o all’Humanitas, senza tirare fuori un soldo».Sorte ha ragione? «Modestamente, è vero: con me la regione correva di più. Si continua a parlare della riforma sanitaria di Formigoni, fatta nel 1997». Da allora, le cose sono peggiorate?«Purtroppo, sì». Al Pirellone, adesso, c’è Attilio Fontana.«Devo dirlo con chiarezza, purtroppo: la colpa è stata di Roberto Maroni, pace all’anima sua. È lui che ha distrutto la mia sanità, indebolendo quella territoriale, a partire dai medici di base. Funziona ancora, ma non è più quella di una volta». Si voterà tra due anni. La regione rimarrà leghista?«Non credo. Serve un riequilibrio. Hanno governato per dieci anni. Ora possono anche passare la mano. Se Fratelli d’Italia vuole la Lombardia, con tutti i voti che ha preso, come puoi darle torto?».Lei ha fatto quattro mandati di fila.«Tutti gli alleati, però, erano d’accordo». Assieme all’ex sindaco, Gabriele Albertini, è protagonista del docufilm Miracolo Milano, di imminente uscita.«Racconta com'è cambiata la città dal 1995 al 2010. L’internazionalizzazione, simboleggiata da torri e grattacieli, è cominciata con noi. La collaborazione tra pubblico e privato, che abbiamo inaugurato, ha permesso a Milano di diventare grande».Un modello di sviluppo finito sotto accusa nell’inchiesta «Palazzopoli». «Questa collaborazione va fatta nel modo giusto. Chi detta le leggi dev’essere il pubblico, altrimenti si rischiano di fare gli interessi del privato». È diventata una città solo per ricchi?«Dopo le classi popolari, si sta espellendo anche il ceto medio. Circolare in macchina, poi, è diventato impossibile. Non ci sono parcheggi. E bisogna avere un’auto ultra moderna: oltre a non inquinare, deve emettere pure profumo di violetta. Ma Milano, prima di tutto, è la città del lavoro. La gente deve avere la possibilità di muoversi. Ecco, questi errori vanno corretti. Ma è la giunta che deve scegliere le politiche urbanistiche, non la magistratura. Difatti, visto che ho un certo rapporto con Sala, gli ho consigliato di non dimettersi».Il sindaco ha chiesto lumi?«Ne abbiamo parlato».Le chiedono spesso consigli?«Soprattutto i giovani. Ci troviamo, parliamo, ceniamo». Formigoni, a 78 anni, sembra rinato.«Non sono mai morto».
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)