2020-04-21
Ritiri in isolamento e stadi chiusi per evitare il crac della Serie A
Il buco per lo stop supera i 700 milioni: Vincenzo Spadafora ascolta i club, pronti per giocare dopo il 4 maggio e spalmare i diritti televisivi. Gli infermieri di Liverpool che cantano You'll never walk alone e il medico milanese con Lautaro Martinez scritto sulla schiena non bastano. Il pallone rischia grosso e ha una sola soluzione: porte chiuse per non finire zero a zero, e zero al quoto. Il calcio italiano ha necessità di ripartire non solo per creare un diversivo per milioni di appassionati rispetto alla plumbea sospensione dell'esistenza determinata dal virus, ma anche per non fallire. Ecco perché la Serie A sta spingendo sottotraccia per ricominciare gli allenamenti fra una settimana e il campionato subito dopo il 4 maggio. In questa fase vige il doppio livello. In pubblico il presidente federale Gabriele Gravina si mostra diplomatico («Se il governo dovesse decidere lo stop definitivo accetterei la decisione») ma nelle stanze ministeriali il pressing di presidenti e lobbisti è asfissiante come quello del Napoli ai tempi di Maurizio Sarri. Il protocollo presentato dallo staff medico-scientifico della Figc presieduto dal professor Paolo Zeppilli è stato definito completo e interessante dal ministero della Salute, e questo viene ritenuto un punto di partenza significativo. La pressione è giustificabile, se riaprono tutte le attività è normale che riparta anche una delle aziende di maggior fatturato (movimenta 5 miliardi), con un sicuro appeal sul pubblico e contratti con i network televisivi da rispettare.Ieri il sottosegretario Pierpaolo Sileri ha aperto uno spiraglio importante: «È verosimile far ripartire il calcio a porte chiuse, ma da medico dico che potrebbe esserci comunque qualche problema. Aspetterò ancora un po' di tempo per valutare l'andamento dell'epidemia». Rispetto al tutto sprangato è un passo avanti. Il decalogo prevede una ripartenza a scaglioni (prima la Serie A), l'uso sistematico dei tamponi preventivi (almeno 1.400), un periodo iniziale di allenamenti a porte chiuse con la sorveglianza del medico sociale, il ritiro pre-partita con screening per tutto il gruppo tre giorni prima della gara, la sanificazione di centri sportivi, spogliatoi, sale fisioterapiche, palestre due volte la settimana. E ovviamente partite senza spettatori. Così il campionato potrebbe concludersi occupando a tappe forzate tutto giugno. Il presidente Gravina spera di non diventare «il becchino del calcio italiano» (come ha detto da Fabio Fazio con una metafora scivolosa, di questi tempi) e il sistema si prepara per far riallacciare gli scarpini ai campioni. La perdita economica prevista per il lockdown è enorme, 720 milioni secondo Deloitte, 650 secondo Kpmg, un buco nero solo in parte alleggerito dal taglio consensuale del 30% di stipendi a giocatori e staff degli allenatori. I calciatori sul divano non servono a nulla e in questi due mesi la loro svalutazione è ritenuta dagli esperti vicino al 30% (500 milioni in totale). La pandemia lascia altre tracce finanziarie: ieri Standard&Poors ha declassato i bond emessi da Inter e Roma. Nel 2019 solo cinque club italiani hanno presentato bilanci in attivo: Napoli, Atalanta, Sampdoria, Sassuolo e Udinese. Sul sistema grava un monte stipendi di 1,3 miliardi, il passivo è di 2,5 miliardi. Senza tifosi e merchandising si rischia lo sbandamento definitivo. In questa fase (e anche nell'ordinaria amministrazione) il nostro calcio macchinoso e spendaccione ha una sola cassaforte fondamentale a cui attingere per evitare il baratro ed è quella dei diritti Tv. Ad inizio mese i presidenti si sono molto allarmati alla lettura di una notizia: in Francia, Canal Plus ha smesso di pagare la Ligue 1. Niente quota di aprile, 110 milioni volatilizzati. Per questo oggi torna a riunirsi la Lega Calcio nell'assemblea che ha all'ordine del giorno proprio i diritti televisivi. Per evitare la sindrome francese, l'idea sarebbe quella di allungare i contratti con Sky, Dazn, Img nei prossimi tre anni spalmando il dovuto e partendo dagli 1,1 miliardi come da proposta di Mediapro. La trattativa è aperta e anche questo è un buon segno. Due giorni per decidere un destino in bilico, perché domani è previsto un incontro con il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, per dare una definizione ufficiale a tutto. L'aria di ripartenza si respira da alcuni movimenti da scenario in mutamento: Cristiano Ronaldo sta facendo le valigie da Madeira, Mauro Icardi infiamma il mercato, la Borsa premia (+11%) il titolo Juventus crollato a marzo. Un calciatore del Nicaragua rivela di avere giocato una partita con la mascherina: «Esperienza tremenda, manca il respiro». Non l'avremmo mai immaginato. Meglio uno zero a zero dal vivo.