2019-01-29
Riti e stupri: così la mafia africana dettava legge all’interno del Cara
Operazione della Procura di Catania al centro d'accoglienza di Mineo: 19 affiliati dei Vikings agli arresti. Nelle truculente iniziazioni bisognava anche bere sangue umano. Matteo Salvini: «Lo chiuderemo entro l'anno».A Mineo il Centro d'accoglienza per richiedenti asilo più grande d'Europa, era cosa loro. Non della mafia tradizionale siciliana. Ma dei nigeriani, i Vikings, una delle cosche più potenti presenti in Italia. Tanto potente da aver scalato le classifiche criminali fino alla vetta. E ora è riconosciuta come quinta mafia. Il boss, che anche i nigeriani chiamano don, era proprio lì, nel centro per richiedenti asilo. Protetto dai suoi uomini. E mantenuto dallo Stato. Come tanti suoi connazionali che nell'inchiesta risultano essere stati affiliati con riti d'iniziazione tradizionali africani. Per 19 di loro la Procura antimafia di Catania ha chiesto l'arresto con l'accusa di aver costituito un'associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata al traffico illecito di droga (cocaina e hashish) e alla violenza sessuale aggravata. E ieri mattina gli investigatori della Squadra mobile sono andati a prelevarli per portarli in carcere. L'operazione è andata a buon fine per 16 su 19. In tre si sono dati alla macchia e risultano al momento irreperibili. Nell'atto d'accusa vengono ricostruiti struttura, ruoli e competenza territoriale dell'organizzazione. Ma tutto, come sostenuto negli atti giudiziari dagli investigatori, si diramava dal Cara che, per gli uomini della mala nigeriana, era un fortino dal quale riuscivano a «imporre la loro egemonia sul territorio, opponendosi e scontrandosi con gruppi rivali al fine di assumere e conservare il predominio nell'ambito delle comunità straniere presenti all'interno del centro di accoglienza, creando un forte assoggettamento omertoso». I magistrati, insomma, hanno riscontrato tutte le caratteristiche di un clan: la capacità di intimidazione, l'assoggettamento e l'omertà. Senza intercettazioni sarebbe stato tutto più complicato. E grazie a un po' di fortuna, i detective della Squadra mobile hanno beccato in ambientale anche un momento clou dell'attività mafiosa: il rituale di giuramento di fedeltà alla confraternita. Durante i canti, a turno, ciascuno affermava: «Voglio essere Norseman», che tradotto in italiano vuol dire affiliato. Per la prima volta è stato scoperto qualche dettaglio del giuramento e della regola del «Baga kills baga», secondo la quale se un viking fa del male a un confratello viene condannato a morte. E infatti, lo scorso mese di settembre, uno dei nigeriani presenti nel centro è stato picchiato ripetutamente e in modo brutale. L'attività investigativa è partita da quei pestaggi e in fretta ha svelato una terribile realtà: il centro per richiedenti asilo era controllato dalla mafia nera. È stato il nigeriano, diventato collaboratore di giustizia, a parlare dell'oath, il rito di affiliazione che prevede che l'aspirante Viking beva il sangue di un confratello. È stato lui a indicare alla polizia anche il dress code per il rito: camicia nera, papillon rosso, medaglioni e amuleti vari (consegnati agli investigatori). Il pentito della mafia nera ha anche segnalato che la situazione era esplosiva. C'era il rischio che scoppiasse una faida, sanguinaria, con un clan nigeriano rivale.È emerso inoltre un grave episodio di violenza sessuale di gruppo, che si è consumato nel Cara, ai danni di una giovane nigeriana. Gli aggressori entrarono nel suo alloggio e, armati di machete, minacciandola di morte, l'hanno violentata ripetutamente. Il caso, che in quel momento appariva scollegato, finì anche in cronaca. Indagando, però, gli investigatori hanno accertato che rientrava nelle logiche del clan e che era stato utile per creare nel Cara il clima di intimidazione e il cordone d'omertà grazie al quale i Viking di Mineo prosperavano. Il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro ha definito il Cara «un errore enorme, che si paga in termini di controllo della legalità». «Non funziona assolutamente», ha sottolineato Zuccaro, «non svolge il suo compito e, anzi, diventa snodo per i traffici di sostanze stupefacenti, luogo nel quale entrano ed escono criminali e nel quale si svolgono episodi di una brutalità impressionante».E infatti il ministro dell'Interno Matteo Salvini, dopo aver ribadito che grazie alle politiche del governo le presenze a Mineo sono state dimezzate (dai 2.585 del 25 gennaio 2018 ai 1.357 del 25 gennaio 2019), ha annunciato immediati provvedimenti: «È mia intenzione chiudere la struttura entro quest'anno. Più grossi sono i centri più facile è che si infiltrino i delinquenti».Lì, oltre a infiltrarsi, i delinquenti africani si erano proprio annidati e avevano battezzato la cellula con questo nome: Catacata Mp De Norsemen Kclub International. E addirittura, come se si trattasse di un club o di un'associazione culturale, lo avevano fatto stampare su gadget e magliette.Al vertice dell'organizzazione c'era tale William Ihugba, detto Unoma o Oyoma. A lui in termini giuridici la Procura contesta di essere il capo e promotore, con potere di nomina dei sottoposti (detti executioner) e dei luogotenenti. Uno dei suoi più stretti collaboratori, quasi un braccio destro a sentire gli investigatori, era Kingrney Ewiarion, detto Jogodò o Geghedé. Viveva nel Cara. L'uomo di collegamento con le altre famiglie mafiose, invece, era Anthony Leonard Izedonmi, detto Phyno. Si era trasferito in provincia di Bergamo ed è stato costantemente monitorato fino al momento dell'arresto. Uno degli indagati, subito dopo la rissa nel Cara, sapendo di poter finire dietro le sbarre, grazie all'aiuto dei confratelli, è scappato in Germania. Altri affiliati sono riusciti a raggiungere la Francia. A dimostrazione che la rete è fitta, non solo in Italia.
«It – Welcome to Derry» (Sky)
Lo scrittore elogia il prequel dei film It, in arrivo su Sky il 27 ottobre. Ambientata nel 1962, la serie dei fratelli Muschietti esplora le origini del terrore a Derry, tra paranoia, paura collettiva e l’ombra del pagliaccio Bob Gray.
Keir Starmer ed Emmanuel Macron (Getty Images)