
La criminalizzazione del cibo è la prima fase della distruzione antropologica della nostra società. Nutrirsi davanti al televisore è la seconda. L'essere umano che ha fame sente di non essere amato. E la civiltà occidentale sta morendo di denatalità, di non amore.L'essere umano viene al mondo con un'unica competenza: un pianto disperato grazie al quale attira l'attenzione della mamma. Sia la parola «mamma» che la parola «mammifero» sono legate alla parola mammella. Nel cervello dell'essere umano il concetto «io sono stato amato» e «io sono stato nutrito» sono sovrapposti e uniti, mediati dagli stessi neurotrasmettitori, portati dalle stesse sinapsi, intrisi nello stesso dolore. Se una tartaruga ha fame, il suo cervello ha un'unica informazione: non sono stata abbastanza nutrita. Se un essere umano ha fame, le due informazioni sempre presenti, indissolubili, sono: non sono stato nutrito e non sono stato amato. Tutte le volte che abbiamo fame sentiamo terribile la percezione di non essere amati. Tutte le volte che non ci sentiamo amati, abbiamo fame. Questo è un meccanismo di difesa che si è creato nei secoli: se nessuno mi ama, nessuno ci dà da fare per nutrirmi. Tanto vale che faccia da solo. Una persona felice che mangia 2.000 calorie le brucia. Una persona disperata, che si sente abbandonata, isolata, che mangia 2.000 calorie ne mette 1000 da parte sotto forma di grasso e campa con quelle restanti sentendosi sempre stanca e piena di freddo. Quando ci sentiamo poco amati, abbiamo freddo, una freddolosità sordida, arida, incrostata alle mani gelate, incapace di brividi, essendo i brividi rapide contrazioni muscolari involontarie che hanno lo scopo di aumentare la temperatura. Non è il freddo eroico di stare in mezzo alla neve in maglietta e calzoncini, è il freddo che nasce dall'incapacità del corpo di bruciare per produrre calore a causa di uno squilibrio di ormoni e neurotrasmettitori, il cortisolo che impazza, la serotonina e le endorfine ridotte a topini che rantolano su un pavimento sudicio, è una sensazione strisciante che leva coraggio, che lascia come unico desiderio il letto o il divano con tre coperte e uno scaldino. In un'epoca che disprezza i grassi, questa è una trappola maledetta. La fame dei grandi obesi somma l'alterazione della funzione di due ormoni, leptina e insulina, a causa della grande quantità di tessuto adiposo, ma anche alla mancanza di neurotrasmettitori anoressigeni, cioè che fanno passare la fame, serotonina ed endorfine, dovuta alla solitudine, alla frustrazione, al sentirsi non amati. La fame dei grandi obesi è dolorosa e reale come la fame dei traversatori di deserti. Il cibo è fondamentale per ognuno di noi. Sigmund Freud ha creato la sua teoria sesso centrica e ha sbagliato. Il sesso è un istinto terziario, che viene dopo il cibarsi e l'evitare il dolore. Evitare il dolore è un istinto primario, mangiare è un istinto primario: se mi sono ustionata un braccio del sesso non me ne importa un fico, se sto morendo di fame, neanche me ne importa. Nella nostra mente la pastiera della mamma, il gelato che papà portava a casa la domenica sono ricordi portanti. Sono ricordi portanti la convivialità, la tovaglia pulita, il pranzo di Natale, la torta di compleanno. Affamare un prigioniero o uno schiavo significa anche dirgli: tu non vali niente. Che le donne si siano affamate da sole in un'epoca che ha permesso il sesso più sguaiato e insulso vendendolo come una bella festa, che raccomanda l'aborto come un festoso diritto e che condanna il burro come colpa estrema, ha distrutto la civiltà occidentale che sta morendo di denatalità cioè di non amore. Innumerevoli donne sono terrorizzate dalla gravidanza per la sua violenta fisicità, meglio abortire che ingrassare è lo slogan bofonchiato tra licei e palestre. Nessuno ha spiegato che le diete fanno ingrassare. Sottoporre il corpo a privazioni, dandogli calorie insufficienti, lo spinge a moltiplicare le cellule adipose, così che si è passati dall'obesità ipertrofica, massimo 100 chili, all'obesità iperplastica, 150 chili, 200, persino 300. Il mito della magrezza, la moralizzazione del grasso è stata contemporanea e simmetrica alla demoralizzazione del sesso perché ne era un tassello. Non è stata una moda: andava su un istinto primario. È stato il primo tassello della distruzione antropologica della nostra società. La distruzione della famiglia, frantumata dal divorzio, irrisa dalle narrazioni e i folli orari di lavoro e di scuola, hanno distrutto la cucina. Abbiamo imparato a mangiare cibo spazzatura direttamente dal cartone mentre guardiamo la televisione. La perdita della convivialità aumenta il consumo di cosiddetto cibo di conforto, cibo ad alto contenuto di carboidrati, facilmente fruibile senza nessun processo di cucina. L'aggressione ai ristoranti serve a farli fallire. Falliti loro falliranno gli hotel così che potranno diventare case di accoglienza per simpatici migranti e luoghi di quarantena obbligatoria per il cosiddetto positivo, il nemico pubblico numero uno di un'umanità flagellata da un'epidemia che ha una mortalità dello 0,05% al di sotto dei 70 anni, secondo gli stessi dati dell'Oms. Andare al bar era un pezzo della nostra vita. Ho amato moltissimo i bar che sceglievano tazzine carine, il mio preferito aveva tazzine diverse e a me dava sempre quella blu. Andare al bar è stato un attimo di pausa per riprendere forza, per avere una pausa di requie, per incontrare un amico, per scrivere (ai tavolini dei bar si scrive benissimo), per studiare (l'esame di patologia chirurgica l'ho preparato al bar vicino alla facoltà di anatomia che era all'epoca il mio preferito.)Se il mangiare cibo spazzatura davanti al televisore, è stata la seconda fase della distruzione, bere un caffè in piedi da un cartone è la terza. Nessuno pensi che sia innocuo. Stanno già spiegando che stare in casa sul divano è meglio che uscire, che masturbarsi davanti a Youporn, è meglio che fare l'amore, e che, se proprio dovete farlo, mettetevi la mascherina. Gli attori porno sono gli unici lavoratori esentati dall'obbligo di mascherine, probabilmente perché svolgono un servizio pubblico.Facciamo il possibile perché tutto questo non sia perso. Andiamo il più spesso possibile a berci il caffè non dal cartone, portiamo a casa i piatti dai ristoranti per non farli fallire. Spegniamo gli schermi, questi schermi davanti ai quali vogliono inchiodarci. La serie televisiva è come il cibo di conforto, riempie il vuoto della vita che non stai vivendo. Se quel vuoto lo lasci vuoto, prima o poi farà talmente male che smetterai di non vivere. E facciamo l'amore. Produce endorfine, tante, e le endorfine potenziano il sistema immunitario. E poi mangiamo cibi magnifici, che hanno bisogno di amore e preparazione, e mangiamoli con una tovaglia pulita, se abbiamo le posate d'argento, tiriamole fuori. Facciamo l'amore e mangiamo da uomini liberi. Si combatte per la libertà anche essendo felici.
Mattia Furlani (Ansa)
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