2019-08-15
Rissa Lega-M5s pure sui furbetti del reddito
Il viceministro dell'Economia leghista Massimo Garavaglia: «Per la Gdf il 70% di chi lo percepisce non ha i titoli». La collega grillina Laura Castelli: «Non mi risulta». Il presidente Inps Pasquale Tridico, vicino ai 5 stelle: «Respinte il 26% delle domande». Il nuovo fronte interno è aperto.Nuovo fronte di scontro politico tra Lega e Movimento 5 stelle. Stavolta, al centro della polemica finisce il reddito di cittadinanza. In un'intervista rilasciata a Italia Oggi, il viceministro dell'Economia, il leghista Massimo Garavaglia, ha dichiarato che, stando ai primi dati disponibili della Guardia di finanza, circa il 70% di chi riceve il sussidio in realtà non ne avrebbe diritto. «Il dato è ancora grezzo», ha spiegato il viceministro, affermando come «gran parte di coloro ai quali è stato erogato il reddito di cittadinanza risulta non titolare e quindi i risparmi non possono che aumentare». «Questo vuol dire», ha proseguito Garavaglia, «che si può intervenire aumentandolo per chi ha veramente bisogno, aggiungo inoltre che mancano ancora i decreti attuativi che consentono ai Comuni di chiamare i beneficiari del reddito di cittadinanza per prestare servizi socialmente utili». Una linea netta, su cui sul Corriere, sempre ieri, si è collocato anche lo stesso Matteo Salvini: «Sarà doveroso verificare il reddito di cittadinanza. Ci arrivano centinaia di segnalazioni, molte delle quali a me personalmente, da parte di imprenditori che quest'anno non riescono ad assumere i lavoratori che avevano l'anno scorso». Il ministro dell'Interno ha quindi chiosato: «Per carità, noi il reddito di cittadinanza lo abbiamo votato e speriamo che crei lavoro. Ma se lo toglie, bisognerà studiarlo».Le reazioni del Movimento 5 stelle non si sono fatte attendere, con l'altro viceministro dell'Economia, la grillina Laura Castelli, che ha dichiarato: «A me non risulta che la Guardia di finanza abbia fornito dati in tal senso». «Il Movimento 5 stelle per primo», ha aggiunto, «auspica che i controlli a regime vengano fatti per assicurare che i soldi del reddito vadano solo alle persone che ne hanno davvero diritto, e per questo obiettivo abbiamo lavorato». Ancora più dura la posizione espressa dalla pagina Facebook ufficiale del Movimento 5 stelle, che definisce le affermazioni di Garavaglia «la più grande cretinata mai sentita». A intervenire è stato anche il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, vicino al Movimento 5 stelle, secondo cui l'istituto ha ricevuto «quasi 1,5 milioni di domande di reddito di cittadinanza e ne sono state accolte più di 922.000, la percentuale di domande respinte è al 26,8%», per poi precisare: «La Guardia di finanza ha a disposizione 600.000 beneficiari da noi forniti; di questi esaminerà i profili di rischio, cioè individuerà una piccola parte che, per come selezionata, è anche possibile raggiunga elevate percentuali di irregolarità, ma questo dimostrerà la bontà dei sistemi di individuazione del rischio e di controllo adottati, restando poco rilevante rispetto al totale dei beneficiari. Al momento comunque non ci sono dati». Di esagerazione ha invece parlato Massimo Bagnoli, amministratore unico Caf cia. «Il 70% dei percettori del reddito di cittadinanza sarebbe irregolare? Mah... A me sembra un numero esagerato perché significherebbe che su 1,2 milioni di domande circa 800.000 non hanno i requisiti a posto», ha affermato Bagnoli, per poi proseguire: «Come sistema dei Caf ci occupiamo dell'Isee e della predisposizione della domanda, ma, chiaramente, i dati sono autocertificati dal cittadino. Poi, bisognerebbe anche sapere con precisione a quali dati si riferisce il viceministro e a quanti controlli e dove, perché non ci risultano dati su larga scala della Guardia di finanza». Insomma, il reddito di cittadinanza si aggiunge ai motivi di polemica, susseguitisi negli ultimi giorni, tra Lega e Movimento 5 stelle. Non è del resto un mistero che il Carroccio non abbia mai granché gradito quel provvedimento, considerato da una parte della sua base (soprattutto tra gli imprenditori del Nord) come una misura di dannoso assistenzialismo. Un rospo che tuttavia la Lega ha ingoiato, in rispetto al contratto di governo su cui la coalizione gialloblù si basava. Ora, al di là del fatto che difficilmente Garavaglia possa essersi inventato cifre di sana pianta, la questione assume dei connotati anche di natura politica. Andare all'attacco sul reddito di cittadinanza significa, per la Lega, colpire il cuore della proposta programmatica grillina: una mossa alla cui base è ravvisabile un triplice obiettivo. Da una parte, il Carroccio mira a dare un segnale al suo elettorato di riferimento, prendendo parzialmente le distanze da un provvedimento cui - lo abbiamo visto - quello stesso elettorato ha sempre guardato con estremo sospetto. Dall'altra, si tratta anche di un modo per cercare di aumentare la pressione sul Movimento 5 stelle. Soprattutto dopo che l'altro ieri - a sorpresa - Salvini si è detto pronto al taglio dei parlamentari, pur di andare al voto in tempi brevi: un modo per cercare evidentemente di mettere Luigi Di Maio con le spalle al muro. Infine, attaccando i grillini su una loro battaglia storica, la Lega ne approfitta per serrare i ranghi, soprattutto alla luce delle ipotesi (sempre più probabili) di convergenza tra Movimento 5 stelle e Pd, per la formazione di un «governo istituzionale».
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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