2019-09-15
Rispuntano i reduci del naufragio finiano per dare lezioni ai rozzi sovranisti
Gli ex Futuro e libertà, dopo aver distrutto l'eredità della destra, fanno la morale a Matteo Salvini. La sua colpa? Non piace alla sinistra.Ma guarda un po' chi è uscito dalla piramide: i finiani. Via le bende e la polvere di troppo, via le ragnatele, già bene accomodati sul pulpito, pronti a cogliere i frutti della radiosa stagione giallorossa dopo un lungo periodo di esilio nel deserto (zona Tutankhamon, per intendersi). Del resto son giorni di mummie, e se torna perfino Dario Franceschini figurati se non c'è spazio in tv e sui giornali per gli ex corifei del capo di Futuro e libertà travolto dal Mar Rosso (leggasi Fini Gianfranco, rinviato al mittente dagli elettori nel 2013 e rinviato a giudizio nel 2018 per la nota vicenda della casa di Montecarlo). E allora silenzio, che dalla prima pagina della Stampa parla Flavia Perina, ex direttora del Secolo d'Italia, ex An, ex Pdl, ex Fli poi semplicemente ex. La signora ci mette in guardia: «La destra a rischio isolamento». Già: i sovranisti italiani, spiega la Perina, rischiano di fare la fine di Marine Le Pen in Francia, cioè di venire costretto dentro un cordone sanitario in quanto impresentabili. «Stupisce», scrive la fine (anzi, finiana) editorialista: «Stupisce l'apparente inconsapevolezza con cui le nuove destre continuano a danzare sul filo dell'estremismo e delle dichiarazioni di guerra a tutto e tutti, dopo aver largamente verificato che quel tipo di messaggio minaccia di costruire una gabbia in cui si finirà segregati e ininfluenti (se non addirittura mostrificati)». Bisogna senz'altro ascoltarla: di destra ininfluente costei se ne intende. Alle elezioni del 2013, se ricordiamo bene, Futuro e libertà per l'Italia raccattò lo 0,47% dei voti. Più isolati di così si muore, e infatti il partitucolo morì poco dopo. Il punto, tuttavia, non è nemmeno questo. Può persino essere che qualcuno, in anticipo sui tempi, lanci una proposta politica che non viene capita dagli elettori. No, il punto sono le soluzioni che la Perina propone per diventare più presentabili. «L'ambiguità su alcuni temi fondanti della democrazia, la prepotenza verbale, i giochi di parole a sfondo xenofobo o sessista, magari portano voti e riempiono i comizi ma suscitano allarmi consistenti e possono sfociare in reazioni protettive e repentine, in riflessi difensivi forti capaci di mettere d'accordo anche nemici giurati come fino a ieri erano Pd e M5s con la benedizione del resto del mondo». Notate la finezza: certi discorsi magari portano voti, ma alla fine quel che conta e non far brutta figura nei luoghi del potere. E se gli altri partiti, snaturandosi e offendendo il buonsenso si accordano per far fuori «le destre», beh, è colpa delle «destre» che si ostinano a portare avanti le proprie idee. Invece di stigmatizzare le manovre di palazzo con cui Pd e 5 stelle si sono alleati, la finiana bacchetta Salvini, colpevole di alzare troppo i toni. Il problema, capite, è il linguaggio. Sono i modi bruschi, che fanno fare brutta figura in società. Lo dice anche un altro finiano doc, ovvero Filippo Rossi, intellettuale di vaglia, autore di numerosi saggi, l'ultimo dei quali - appena edito da Marsilio - si intitola Dalla parte di Jekyll. Manifesto per una buona destra. Laddove la «destra cattiva» sarebbe quella sovranista e leghista, guidata dal Mister Hyde Matteo Salvini. Una destra «xenofoba e populista», una destra capace di «ogni nefandezza», che esprime «l'istinto di un Paese in disarmo, livido e spaventato». Dall'altra parte, ovviamente, c'è la «destra buona», liberale e conservatrice, raffinata e colta, con le chiappe modellabili alla bisogna per adattarsi meglio ai sofà del salotto buono. C'è la destra che schifa il popolo, così aristocratica da credersi sinistra. Perché, alla fine della fiera, la «destra buona» altro non è che la destra gradita alla sinistra. Una destra inoffensiva, minoritaria, folkloristica, tutta citazioni dotte e testi di Franco Battiato (che fanno sempre scena).Una destra irrilevante e serva, proprio come quella costruita in tempi non sospetti da Fini. Non a caso i fan dell'ex presidente della Camera - anzi, della cucina monegasca - venivano lisciati ogni giorno da Repubblica, salvo poi essere completamente dimenticati una volta che Fli ha smesso di essere utile. Certo, questa destra piace molto, non fa paura alle damine d'Italia e d'Europa. Perché non è una destra anti sistema, non si oppone all'accoglienza indiscriminata, non protesta contro le élite, anzi si acciambella sulle loro ginocchia. Il fascistello da salotto fa simpatia, come un negretto istruito o come un nano da giardino. Non parla con la pancia, non dà sfogo alla rabbia, al risentimento, all'odio sociale. Del resto lui è ben pasciuto, grazie alle elemosine che gli vengono dal fronte progressista: becchime per l'uccello canterino del pensiero unico. Allora fa sorridere - ma fa pure un poco irritare - vedere che chi si mise al servizio di Mario Monti oggi viene a dare lezioni di bon ton. Che destra era, quella? Quella del loden e delle pattine? Quella al guinzaglio di chi ha voluto svendere l'Italia? Gli elettori - che talvolta possono ancora esprimersi, malgrado le forze «democratiche» tanto ammirate dalla Perina - hanno sepolto Futuro e libertà, Fini e la destra suddita. In fondo la politica non è una questione di parole, ma di numeri. E il numero della «buona destra» è lo 0,47, come il morto che parla.
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)
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