
Iscrizione obbligatoria per gli agenti assicurativi. Casse cruciali per il nuovo assetto del credito. Oggi assemblea di Mediobanca.Nel testo definitivo della manovra spunta una norma che rende obbligatoria la pensione integrativa per agenti assicurativi, agenti pubblicitari, venditori porta a porta e procacciatori d’affari. Dall’anno prossimo, tutti finiranno a ingrossare le fila dell’Enasarco, che gestisce la previdenza integrativa di agenti e rappresentanti di commercio. L’articolo 28 sulle disposizioni in materia di regime previdenziale nel settore dell’intermediazione nel commercio prevede, infatti, che «a chiunque eserciti, in qualsiasi forma, attività di promozione o di propaganda o di procacciamento d’affari, finalizzata, anche indirettamente, alla conclusione di contratti, si applica la normativa in materia di contribuzione previdenziale integrativa prevista per gli agenti e i rappresentanti di commercio». Inoltre, a carico degli stessi soggetti viene esteso l’obbligo d’iscrizione alla Camera di commercio, registro Rea e al pagamento del relativo diritto annuale. Al punto 5 dell’articolo viene, infine, specificato che «è fatto obbligo a Enasarco di verificare e di censire i propri iscritti alla data del 31 dicembre 2024».A notare la novità, già nelle bozze, è stato il quotidiano ItaliaOggi. Nel testo definitivo, diffuso ieri, la disposizione è confermata. L’impatto della scelta di far ricadere le figure degli agenti, dei broker e dei subagenti (circa 250.000) nell’alveo dell’Enasarco non è di poco conto. Anche perché, per gli agenti assicurativi, viene anche abrogato il comma 6 dell’articolo 343 del decreto n. 209/2005 che stabiliva l’esonero dall’iscrizione a Enasarco per «persone fisiche e quelle iscritte nel registro degli intermediari di assicurazione e di riassicurazione». Sarà escluso chi esercita occasionalmente l’attività, ossia per un massimo di 60 giorni in un anno, anche non consecutivi. I nuovi «obbligati» dovranno invece versare i relativi contributi all’Enasarco (l’aliquota è del 17%). Tanto che il presidente di Sna-Sindacato nazionale agenti di assicurazione, Claudio Demozzi, aveva chiesto di abrogare il punto perché «la categoria degli agenti di assicurazione è già soggetta a trattamento previdenziale obbligatorio» e «numerose sentenze della Corte di Cassazione hanno confermato l’esenzione degli agenti di assicurazione dagli obblighi Enasarco».L’impatto, però, va considerato anche in termini di influenza alla luce del ruolo di investitore istituzionale delle Casse di previdenza. Dal 2007 il loro patrimonio è quasi triplicato, passando da 37,6 ai 100,71 miliardi del 2022. Secondo i dati Covip (la Commissione vigilanza sui fondi pensione), nelle cinque casse di maggiori dimensioni si concentra il 75,3% dell’attivo totale, in crescita rispetto al 68,6% del 2011: a Enpam, la cassa dei medici, fa capo il 25,3% del totale, seguono Cassa forense con il 17,2, Inarcassa con il 12,9, Cassa dottori commercialisti con l’11,5 ed Enasarco con l’8,4. Nel 2022 il saldo complessivo per contributi incassati e prestazioni erogate ha totalizzato 3,9 miliardi. Con un debito pubblico che viaggia verso i 3.000 miliardi e la necessità di accelerare le privatizzazioni, il governo potrebbe coinvolgere nelle future vendite di partecipazioni statali le ricche casse di previdenza. Che sono, intanto, chiamate a riequilibrare il peso gli investitori stranieri nel capitale delle banche. Come nel caso di Banco Bpm dove, insieme con le fondazioni, le casse sono azioniste e titolari attraverso un patto di consultazione di un pacchetto di oltre l’8% che bilancia i francesi del Crédit Agricole. A settembre proprio Enasarco ha incrementato di un 1,04% la propria quota nel capitale di Piazza Meda, salendo al 3,04% e puntando al 4%. A differenza di Enpam, Cassa Forense e Inarcassa, Enasarco ha deciso di rimanere fuori dall’accordo di consultazione. E ad aprile si è dunque astenuta in assemblea sul nuovo board. Oggi a Milano si tiene un’altra attesissima assemblea. Quella di Mediobanca, sul cui campo si giocherà la battaglia all’ultimo voto per il rinnovo del cda e la sfida tra il management di Piazzetta Cuccia e la Delfin della famiglia Del Vecchio (ha il 19,7%) che ha depositato una lista di minoranza con cinque nomi su cui confluiranno le preferenze del costruttore romano Francesco Gaetano Caltagirone (al 9,9%). Ebbene, il 19 ottobre, alla scadenza del termine per deposito delle azioni che potranno votare nell’assemblea di oggi, l’Enpam è uscita allo scoperto con un pacchetto dell’1,2% di azioni Mediobanca. La sua fondazione controlla circa il 2% del BancoBpm, lo 0,5% di Intesa e un piccola quota in Popolare Sondrio. Possibile, ma non confermato, che si sia mossa anche Enasarco, storicamente in buoni rapporti con Caltagirone. A dicembre proprio il presidente dell’Enpam (e anche numero uno dell’associazione degli istituti previdenziali), Alberto Oliveti, aveva detto in un’intervista al Messaggero che «per fare gli interessi dei professionisti che ci hanno affidato i loro contributi per pagare poi le loro pensioni non tralasciamo nessuna opzione, neanche quella di entrare nella governance delle partecipate: se si presentasse l’occasione e lo ritenessimo opportuno, non ci tireremmo indietro».
John Grisham (Ansa)
John Grisham, come sempre, tiene incollati alle pagine. Il protagonista del suo nuovo romanzo, un avvocato di provincia, ha tra le mani il caso più grosso della sua vita. Che, però, lo trascinerà sul banco degli imputati.
Fernando Napolitano, amministratore delegato di Irg
Alla conferenza internazionale, economisti e manager da tutto il mondo hanno discusso gli equilibri tra Europa e Stati Uniti. Lo studio rivela un deficit globale di forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero, elementi chiave che costituiscono il dialogo tra imprese e decisori pubblici.
Stamani, presso l’università Bocconi di Milano, si è svolta la conferenza internazionale Influence, Relevance & Growth 2025, che ha riunito economisti, manager, analisti e rappresentanti istituzionali da tutto il mondo per discutere i nuovi equilibri tra Europa e Stati Uniti. Geopolitica, energia, mercati finanziari e sicurezza sono stati i temi al centro di un dibattito che riflette la crescente complessità degli scenari globali e la difficoltà delle imprese nel far sentire la propria voce nei processi decisionali pubblici.
Particolarmente attesa la presentazione del Global 200 Irg, la prima ricerca che misura in modo sistematico la capacità delle imprese di trasferire conoscenza tecnica e industriale ai legislatori e agli stakeholder, contribuendo così a politiche più efficaci e fondate su dati concreti. Lo studio, basato sull’analisi di oltre due milioni di documenti pubblici elaborati con algoritmi di Intelligenza artificiale tra gennaio e settembre 2025, ha restituito un quadro rilevante: solo il 2% delle aziende globali supera la soglia minima di «fitness di influenza», fissata a 20 punti su una scala da 0 a 30. La media mondiale si ferma a 13,6, segno di un deficit strutturale soprattutto in tre dimensioni chiave (forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero) che determinano la capacità reale di incidere sul contesto regolatorio e anticipare i rischi geopolitici.
Dai lavori è emerso come la crisi di influenza non riguardi soltanto le singole imprese, ma l’intero ecosistema economico e politico. Un tema tanto più urgente in una fase segnata da tensioni commerciali, transizioni energetiche accelerate e carenze di competenze nel policy making.
Tra gli interventi più significativi, quello di Ken Hersh, presidente del George W. Bush Presidential Center, che ha analizzato i limiti strutturali delle energie rinnovabili e le prospettive della transizione energetica. Sir William Browder, fondatore di Hermitage Capital, ha messo in guardia sui nuovi rischi della guerra economica tra Occidente e Russia, mentre William E. Mayer, chairman emerito dell’Aspen Institute, ha illustrato le ricadute della geopolitica sui mercati finanziari. Dal fronte italiano, Alessandro Varaldo ha sottolineato che, dati alla mano, non ci sono bolle all’orizzonte e l’Europa ha tutti gli ingredienti a patto che si cominci un processo per convincere i risparmiatori a investire nelle economia reale. Davide Serra ha analizzato la realtà Usa e come Donald Trump abbia contribuito a risvegliarla dal suo torpore. Il dollaro è molto probabilmente ancora sopravvalutato. Thomas G.J. Tugendhat, già ministro britannico per la Sicurezza, ha offerto infine una prospettiva preziosa sul futuro della cooperazione tra Regno Unito e Unione Europea.
Un messaggio trasversale ha attraversato tutti gli interventi: l’influenza non si costruisce in un solo ambito, ma nasce dall’integrazione tra governance, innovazione, responsabilità sociale e capacità di comunicazione. Migliorare un singolo aspetto non basta. La ricerca mostra una correlazione forte tra innovazione e leadership di pensiero, così come tra responsabilità sociale e cittadinanza globale: competenze che, insieme, definiscono la solidità e la credibilità di un’impresa nel lungo periodo.
Per Stefano Caselli, rettore della Bocconi, la sfida formativa è proprio questa: «Creare leader capaci di tradurre la competenza tecnica in strumenti utili per chi governa».
«L’Irg non è un nuovo indice di reputazione, ma un sistema operativo che consente alle imprese di aumentare la protezione del valore dell’azionista e degli stakeholder», afferma Fernando Napolitano, ad di Irg. «Oggi le imprese operano in contesti dove i legislatori non hanno più la competenza tecnica necessaria a comprendere la complessità delle industrie e dei mercati. Serve un trasferimento strutturato di conoscenza per evitare policy inefficaci che distruggono valore».
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