2024-03-21
Rischio scioglimento del Comune di Bari. Decaro perde la testa «Atto di guerra»
Infiltrazioni mafiose, il governo manda un’ispezione e convoca commissione ad hoc. Sindaco in lacrime: «Rinuncio alla scorta».«Atto di guerra». In questa frase, scelta dal sindaco di Bari Antonio Decaro per contestare la decisione del Viminale di disporre l’accesso ispettivo per il Comune pugliese e valutare un eventuale scioglimento per infiltrazioni mafiose, c’è l’abnormità della reazione della sinistra a un atto che è stato deciso diverse volte negli ultimi anni, ma che non ha mai sollevato polemiche lontanamente paragonabili a quelle delle ultime ore. Una reazione tanto più scomposta se si considera che Decaro è il presidente dell’Anci, nella quale sono rappresentati anche i primi cittadini del centrodestra, oltre al potente partito dei sindaci dem, a completare una politicizzazione della vicenda che potrebbe non aiutare le indagini e la ricerca della verità. Di certo, finora, c’è l’inchiesta alla base delle valutazioni del ministero dell’Interno, che ha puntato un faro sulle elezioni comunali baresi del 2019 e ha portato all’arresto di 130 persone ritenute vicine ai clan, tra cui due consiglieri eletti col centrodestra, di cui uno passato con Decaro. L’ipotesi accusatoria è quella di condizionamenti del voto da parte di alcuni boss attraverso il voto di scambio con alcuni candidati e di infiltrazioni della criminalità anche dentro la municipalizzata del trasporto pubblico locale. Ma a dispetto del fatto che le toghe abbiano colpito indifferentemente esponenti di tutte le aree politiche, nelle reazioni del giorno dopo la violentissima levata di scudi del Pd e dei suoi alleati è indirizzata al governo (in particolare al premier Giorgia Meloni), reo a loro avviso di voler affondare con un provvedimento a orologeria una giunta «nemica». Ieri non c’è stata una frase che non sia stata sopra le righe o che non abbia evocato scenari sudamericani, a partire dallo stesso Decaro, che ha rincarato la dose: «Tutto quello che state facendo alla città», ha affermato, «vi si ritorcerà contro». «I baresi», ha proseguito, «non perdonano chi li tradisce, non mi hanno fatto paura i boss dei clan di questa città, figuratevi se devo avere paura di voi, dei parlamentari. Di chi devo aver paura? Di D’Attis? Del viceministro Sisto?», ha detto ancora, accusando alcuni esponenti di centrodestra di aver «ordinato» l’accesso ispettivo a Matteo Piantedosi. Il sindaco ha convocato una conferenza stampa, giustificando l’iniziativa con la necessità di «difendere la mia dignità anche davanti alle mie figlie, alla mia famiglia, ed è un atto di legittima difesa della nostra città». Infine, un’altra frase estrema, laddove ha fatto sapere di poter rinunciare alla scorta «se c’è anche un solo sospetto di infiltrazione della criminalità nel Comune di Bari». Il sindaco, che si è messo a piangere e a leggere le minacce mafiose ricevute, ha poi aggiunto sempre attaccando il centrodestra: «Come Savastano in Gomorra alcuni di loro hanno scritto andiamo a riprenderci la città».Al suo fianco tutti i vertici del suo partito e gli amministratori locali del centrosinistra, mentre il M5s per ora tace. Il segretario del Pd Elly Schlein ha detto di essere rimasta «basita» per la decisione del Viminale, dalla stessa ritenuta «molto politica» e «molto grave», e ieri le hanno fatto eco tutti gli altri. Per Piero Fassino «il governo Meloni sta tentando un vergognoso colpo di mano contro il sindaco Decaro e l’amministrazione comunale di Bari», mentre per l’eurodeputata Pina Picierno occorre sventare «il tentativo di infangare una delle migliori esperienze amministrative del Sud da parte di una destra pericolosa» e per Debora Serracchiani il ministro dell’Interno si è reso autore di una decisione «grave e inaccettabile». Ma dal Nazareno è arrivato anche l’ordine di scuderia di mobilitare i sindaci e i governatori più in vista, tenendo alti i toni. Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha parlato di «inaccettabile uso politico e strumentale dei poteri che la legge assegna al governo, che costituisce un pericoloso precedente», mentre per il governatore pugliese Michele Emiliano addirittura «ora il sindaco Decaro è in pericolo» e questo per colpa del ministro dell’Interno che «anziché difenderlo per le attività antimafia, lo inquisisce perché teme che ci sia qualcosa che non va per quello che ha fatto, lo si indebolisce». «I mafiosi», ha concluso Emiliano, «sono rapidissimi nel capire le cose, sono un po’ più lenti al ministero dell’Interno». Non poteva mancare il governatore campano Vincenzo De Luca, che definisce «incommentabile» l’atto del Viminale, così come hanno espresso solidarietà a Decaro il governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e il sindaco di Torino Stefano Lo Russo. Secondo alcune indiscrezioni circolate ieri, nel quartier generale dem si sta anche valutando di suggerire a Decaro un gesto a effetto come le dimissioni per contrattaccare sul piano mediatico.Pronta la risposta dalle fila del centrodestra, in primis dallo stesso Piantedosi: «Capisco l’amarezza del sindaco di Bari», ha detto prima di aggiungere che «il nostro governo ha già sciolto 15 Comuni, in prevalenza a guida di centrodestra». «Questo governo», ha proseguito, «ha dichiarato guerra alle mafie, non certo agli amministratori locali. È un accesso ispettivo che consentirà la verifica dei fatti e non è pregiudizialmente finalizzato allo scioglimento, ma ce ne sono stati altri anche in Comuni di grandi dimensioni, come Reggio Calabria, Roma e da ultimo Foggia». Col ministro, ovviamente, si è schierato compatto tutto il centrodestra. Tra gli altri, il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro ha definito «sconcertanti» le parole di Decaro, sottolineando che «a fronte di un’indagine giudiziaria che ha portato a più di 100 arresti il provvedimento era il minimo sindacale».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)