2020-03-31
Ripartire sì, ripartire no: il problema è come
Roberto Speranza: misure estese fino a Pasqua. E poi? «Liberi» solo i giovani e diversificazione per impiego: le idee.«L'Italia non può stare ibernata per un altro mese perché così si accende la rivolta sociale». Matteo Renzi l'ha detto chiaramente, dalle pagine di Avvenire, che il blocco totale sta uccidendo il nostro Paese, forse più del coronavirus: «Senza soldi vincerà la disperazione. Serve attenzione, serve gradualità, serve il rispetto della distanza. Ma bisogna riaprire». Il leader di Italia viva ha scandito il suo pensiero sul quotidiano dei vescovi, provocando reazioni negative nel mondo politico così come in quello scientifico, ma un piano di riapertura di fabbriche e scuola nel nostro Paese è una drammatica necessità che il governo sembra non comprendere. Se Piero Grasso (Leu), ha definito le proposte «dannose» e «pericolose», se Carlo Calenda di Azione le ha scartate come «poco serie» e se lo stesso virologo Ruberto Burioni ha considerato irrealistico «qualunque progetto di riapertura a breve», il leader della Lega, Matteo Salvini, ha riconosciuto che «è giusto ragionare sulla ripresa ed è giusto aiutare chi produce», pur affermando che «onestamente non mi sembra il momento di riaprire tutto». E su questo, in serata, è arrivata la conferma del ministro della Salute, Roberto Speranza: «Le misure di contenimento verranno estese almeno fino a Pasqua». La questione comunque resta quella, pensare a come aprire il Paese, in quali tempi e modi, ma iniziare a farlo da subito, prima che gli effetti sul Pil siano devastanti. Prima che in Italia si muoia di fame mentre un'azienda dopo l'altra chiude e ne leggiamo notizia in un bollettino simile a quello fornito ogni giorno dalla Protezione civile. «È ottima la proposta del sottosegretario allo Sviluppo economico, Gian Paolo Manzella, di istituire una task force che, mentre siamo immersi nella lotta al Covid-19, inizi a ragionare di tempi e priorità per la rinascita economica italiana», hanno scritto in una nota congiunta Pietro Bussolati, responsabile imprese ed Emanuele Felice, responsabile economia del Pd, plaudendo a interventi che puntino su «digitalizzazione, sulla riduzione della burocrazia, sulla riforma e il potenziamento dell'amministrazione anche per attrarre investimenti e fare infrastrutture». Tra le proposte che circolano in questi giorni, c'è quella di una riapertura a macchia di leopardo su base territoriale, valutando l'andamento dei contagi che si registrano in zona. A prefetti e presidenti di Regione sarebbe affidato il compito di valutare se un'area è tornata a essere più o meno sicura, autorizzando la ripresa del lavoro in fabbrica. L'altra idea è quella di riaprire aziende ed esercizi commerciali che operano nella stessa filiera agroalimentare o sanitaria, forse anche della meccanica e della logistica. Su come agire, una volta che la curva dei contagi sarà in discesa, si è espresso il presidente dell'Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, che a Repubblica ha dichiarato: «Stiamo anche valutando un'idea degli inglesi, quella dello stop and go. Prevede di aprire per un certo periodo e poi chiudere di nuovo», riuscendo in questo modo a intercettare «eventuali nuove persone positive». Una soluzione potrebbe arrivare anche dall'utilizzo di test rapidi, per capire se si ha sviluppato immunità contro il Covid-19 e si può tornare a lavorare, come ha prospettato Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici. Test che dovranno essere validati dall'Istituto superiore della sanità, ci si augura nel più breve tempo possibile, così da non procrastinare le attuali restrizioni. C'è chi invece guarda a un'apertura graduale del Paese per fasce di popolazione. Una verde, fino a 55 anni, che deve ripartire al massimo il 14 aprile; una gialla da 55 a 65 anni, che torni al lavoro tra circa un mese e una rossa, per gli over 65 che devono rigorosamente restare a casa anche per più di tre mesi, supportati in ogni modo con servizi essenziali. Lo suggerisce Giovanni Cagnoli, presidente di Carisma, anche se precisa: «Non l'ho inventato io, lo faranno in Israele, luogo notoriamente di intelligenza e tradizione culturale altissima e con una certa consuetudine alla grande calamità».