2023-09-01
        Riparte il Trilogo sulle case green. Al Sud metà degli immobili da rifare
    
 
Nell’incontro di ieri nessun aggiornamento su tempi, classi energetiche da raggiungere e obbligo di pannelli solari. A Napoli il 40% degli edifici da ristrutturare. A Roma e Genova più di 50.000 euro di lavori per famiglia.Avanza al rallentatore la direttiva Ue sulle case green. Come da previsioni, il secondo incontro tra le istituzioni dell’Unione - il cosiddetto Trilogo che vede a lavoro Commissione, Consiglio e Parlamento - è stato interlocutorio e ha consentito di trovare la quadra su aspetti secondari come l’individuazione dei tecnici che dovranno elaborare le certificazioni, ma al tempo stesso ha confermato che tra i punti più controversi della normativa ci sono gli articoli sulle classi energetiche e l’installazione degli impianti solari sugli edifici. La presidenza spagnola del Consiglio europeo ha infatti chiesto maggiore flessibilità per quanto riguarda l’obbligo d’installare i pannelli sui nuovi immobili e ha sollevato dubbi sull’estensione di tale imposizione agli edifici esistenti. Punti che saranno sicuramente al centro della discussione del 6 ottobre, in occasione del terzo vertice. L’aria in Europa sta cambiando e dopo l’addio di Frans Timmermans, ormai ex responsabile del Green deal e grande sponsor delle politiche iper-ambientaliste che stanno spaccando l’Unione, anche le nuove regole sugli immobili, Ursula von der Layen permettendo, potrebbero diventare meno stringenti. Per ora si tratta solo di auspici, perché allo stato dell’arte la direttiva sulle case è uno dei perni del pacchetto «Fit for 55» che ha l’obiettivo di ridurre entro il 2030 le emissioni nette di gas del 55% rispetto ai livelli del 1990 e prevede un percorso a tappe serratissimo che rischia di impoverire i proprietari. Gli edifici residenziali dovranno, infatti, raggiungere almeno la classe di prestazione energetica E entro il 2030 e D entro il 2033, mentre gli edifici non residenziali e pubblici hanno tempi ancora più pressanti: rispettivamente entro il 2027 e il 2030. Per non parlare del nuovo che avrà l’obbligo di emissioni zero a partire dal 2028. Un salasso, certificato da diversi studi e confermato da un’analisi dettaglia di Scenari Immobiliari che oltre a mettere in fila alcuni numeri che in ordine sparso erano già noti - gli edifici da adeguare sono quasi due milioni (il 15% del totale), sono coinvolte tre milioni di famiglie e l’esborso medio è di 35.000 euro - differenzia il peso della direttiva per zone geografiche del Paese. «In linea generale», sottolinea il presidente di Scenari Mario Breglia, «emerge che il Mezzogiorno e le aree periferiche delle grandi città saranno quelle più zavorrate e quelle dove sarà più difficile migliorare la classe energetica. Perché è vero che il clima più temperato richiederà meno lavori da fare, ma è altrettanto indiscutibile che gli interventi del Superbonus, in buona misura, sono serviti ad adeguare e ristrutturare residenze e condomini delle grandi città che già versavano in buone condizioni e che in diverse aree del Sud del Paese sarà difficile avere una mappatura precisa dei lavori da fare per ammodernare immobili spesso fatiscenti. Possiamo dire che quasi il 90% degli edifici da riqualificare si trova nelle zone periferiche». Entrando nel dettaglio vediamo per esempio che a Napoli (patrimonio immobiliare vetusto) ci sono circa 16.000 edifici residenziali da adeguare che rappresentano il 39,3% del totale. A Roma (immobili degli anni Cinquanta spesso costruiti male) la percentuale è del 12,4%, ma le case e i condomini sui quali sarà necessario intervenire per arrivare alle classi energetiche imposte dall’Ue sono addirittura 17.000. Va da sé che più si risale lo stivale e quindi diminuiscono le temperature più i lavori da realizzare per ogni singola unità abitativa aumentano. Ecco spiegato (oltre ai rincari di mano d’opera e materiali) perché a Milano i 3.200 edifici da mettere a norma costeranno in media 64.000 euro a famiglia contro i 42.000 euro di Napoli. «Altro aspetto da non sottovalutare», continua Breglia, «è quello del tipologia di ristrutturazione. Certo la maggior parte dei lavori riguarderà infissi, riscaldamento e tetto, ma se si consultano tre tecnici diversi avremo tre diverse risposte su quali sono le migliorie da apportare per passare da una classe energetica all’altra». Un problema soprattutto se non si vive a Milano o Roma. «È evidente», continua l’esperto, «che per sistemare un palazzo anche datato nel centro della Capitale avrò molta letteratura catastale e capacità tecnica per stabilire in modo adeguato i lavori da fare, mentre per sistemare una palazzina a Tor Bella Monaca o Torre Annunziata, costruita magari abusivamente negli anni Cinquanta, gli strumenti a disposizione saranno decisamente minori». Il costo di adeguamento complessivo comunque è di circa 83 miliardi. Chi investirà queste risorse? Visto quello che sta succedendo con il Superbonus, che ha richiesto spese decisamente inferiori, è facile immaginare che al netto degli auspicabili cambiamenti rispetto all’attuale normativa europea a breve ci troveremo davanti a un bivio. O questi costi saranno sovvenzionate e quindi manderanno gli Stati (Italia compresa) in default. Oppure non se ne farà nulla. Con la conseguenza che in Italia ci ritroveremo ben presto con un parco immobiliare depauperato e il Mezzogiorno, la parte debole della catena, sempre più in declino.
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        Ernesto Maria Ruffini (Ansa)