2020-11-22
Riparte il processo per la verità su Bibbiano
Domani seconda udienza preliminare dell'inchiesta «Angeli e demoni» sul presunto allontanamento illecito di bambini dai genitori Tra gli imputati l'ex responsabile dei servizi sociali della Val d'Enza, Federica Anghinolfi, lo psicoterapeuta Claudio Foti e il sindaco dem, Andrea Carletti.«A Bibbiano l'inchiesta è seria e non c'è stata alcuna caccia alle streghe. Anche per questo noi vogliamo costituirci parte civile contro tutti i 24 imputati, e per tutti i 106 capi d'imputazione». Con questa determinazione Patrizia Micai, avvocato di Ferrara, si prepara alla seconda giornata dell'udienza preliminare del processo Angeli e demoni, che domattina riparte nel tribunale di Reggio Emilia e ha al centro il presunto allontanamento illecito di una decina di bambini. Il giudice Dario De Luca dovrà decidere l'elenco delle potenziali vittime dei presunti reati, le parti civili. Chi otterrà quel ruolo affiancherà il pubblico ministero, Valentina Salvi, e alla fine del processo, in caso di condanna, potrà ottenere un risarcimento. Le decisioni sul punto arriveranno nella seduta successiva, il 17 dicembre. Poi il giudice dovrà entrare nel cuore del procedimento, e cioè stabilire se le accuse giustifichino il rinvio a giudizio dell'ex responsabile dei servizi sociali di Bibbiano Federica Anghinolfi, del sindaco Andrea Carletti, dello psicologo Claudio Foti e degli altri 21 imputati.Accanto alle 48 parti lese individuate dalla Procura, tra cui le famiglie alle quali sono stati sottratti i bambini, hanno chiesto di costituirsi parte civile anche l'associazione Figli liberi dall'alienazione genitoriale (Flage), e il Comitato Angeli e demoni di Reggio Emilia. La Flage dal 2014 si batte a livello nazionale contro la manipolazione mentale dei minori e contro il loro allontanamento immotivato dalle famiglie, mentre il Comitato è nato nell'estate 2019, quando è emersa l'inchiesta su Bibbiano, e si batte contro le patologie della giustizia minorile. Le due associazioni sono assistite dall'avvocato Micai, agguerrita da un percorso professionale che pare fatto apposta per il caso Bibbiano. Micai, infatti, ha collaborato con le parti civili nel processo penale fiorentino per i maltrattamenti e gli abusi nel Forteto, la comunità cui dal 1978 al 2012 furono affidati 86 bambini, sottratti in modo del tutto anomalo alle famiglie naturali: nel 2019 quel procedimento ha portato alla pesante condanna (quasi 15 anni di reclusione) di Rodolfo Fiesoli, che del Forteto era stato il fondatore. Ma Micai, soprattutto, ha assistito e assiste alcuni dei genitori che vent'anni fa vennero imputati per maltrattamenti e pedofilia nel caso, controverso e terribile, dei «Diavoli della Bassa modenese»: la tragica vicenda giudiziaria che nel 1997-98, tra Mirandola e Massa Finalese, trasformò decine di padri e madri in mostri e portò all'allontanamento di 16 minori. I bimbi, per mesi interrogati da assistenti sociali e psicologi, si misero a raccontare storie inverosimili: orge e riti satanici, neonati sgozzati sulle tombe del cimitero, cadaverini gettati nel fiume Panaro. Tra gli accusati di quell'orrore ci furono suicidi e morti di crepacuore. E un doppio filo rosso collega i «diavoli» modenesi ai «demoni» di Bibbiano. Perché vent'anni fa tre psicologhe del centro Hansel e Gretel di Foti lavoravano per il Tribunale dei minori di Bologna, e perché oggi, nei racconti di una bambina dell'inchiesta di Reggio Emilia, tornano a comparire riti satanici e bimbi sgozzati. Alcune assistenti sociali bibbianesi, poi, hanno dichiarato di essere state spinte a giustificare gli allontanamenti, anche falsificando relazioni, perché il loro capo, Federica Anghinolfi, le avrebbe convinte dell'esistenza di una rete di pedofili dedita a riti satanici, agli infanticidi e addirittura al cannibalismo rituale. Forte di questa storia, su Bibbiano l'avvocato Micai può esercitarsi anche dall'alto di un inattaccabile curriculum politico di sinistra (nel 2009 è stata candidata sindaco per il Partito democratico): «Questa inchiesta tutto è tranne che una caccia alle streghe», ripete, contraddicendo i radicali che in ottobre, prima dell'inizio del processo, si sono inopinatamente schierati con Foti, e ne hanno criticato la «mostrificazione». Micai respinge l'assunto: «A Mirandola e a Massa Finalese sì che ho visto le vere cacce alle streghe», protesta, «e ho visto gli indagati trasformati in presunti colpevoli, dipinti come gli orridi mostri che non erano. Anche per questo ho voluto avvicinarmi al processo su Bibbiano: vorrei portare un contributo di continuità storica. Ma vorrei dire anche che qui non vedo alcuna volontà di condanna prima dei tre gradi di giudizio. E anzi, visto che mi sto battendo per la revisione processuale di alcuni dei condannati della Bassa modenese, mi sento garantista in pieno: cercheremo di contribuire a capire se quel che è emerso nelle intercettazioni possa trasformarsi in prova».Le prossime udienze nel tribunale di Reggio Emilia, però, dovrebbero servire anche ad altro. Dovrebbero diventare spunto per una riflessione collettiva sulla giustizia minorile e sulle norme antiquate che regolano i servizi sociali. «Purtroppo», dice l'avvocato Micai, «i partiti hanno strumentalizzato Bibbiano, da destra e da sinistra. Così finora si è persa l'occasione di una riflessione, insieme giuridica, culturale e politica, che possa modificare quel che non funziona nel sistema degli affidi e nella giustizia minorile. Il processo, da questo punto di vista, offre una grande occasione. Speriamo non vada sprecata».
Francesco Zambon (Getty Images)
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
Continua a leggereRiduci