2025-05-01
Il gestore spagnolo sapeva che l’abuso di rinnovabili avrebbe causato il collasso
Redeia due mesi fa avvertiva: il maxi uso di eolico e solare, senza fonti tradizionali, crea instabilità. Anomalia che lunedì la rete lettone ha sostenuto, mentre quella iberica no.Riempire i sistemi elettrici di produzione rinnovabile riduce in maniera significativa la capacità delle reti di mantenere la stabilità. Lo ha detto nel suo rapporto annuale la Red Électrica spagnola (Redeia) due mesi fa, ben prima del blackout del 28 aprile. Scoprire la causa originaria del crollo della rete spagnola, avvenuto alle 12.33 di lunedì scorso, sarà utile, ma è secondario rispetto alla considerazione che la rete spagnola non aveva in quel momento sufficiente inerzia per riportare la frequenza del sistema a 50 Hz. Le inchieste dovranno stabilire perché questo è successo.Premesso che non tutti i dati sono disponibili e che ci sono indagini in corso, di cui è giusto attendere gli esiti, si può fare una ipotesi relativa all’origine del blackout. Si tratterebbe di oscillazioni inter-area non smorzate. Prima delle 12.33 (alle 12:03 e alle 12:19) si erano verificate in Europa delle oscillazioni inter-area, un fenomeno già noto e avvenuto il 1° dicembre 2016 (esiste a riguardo un report di Entsoe, l’unione dei gestori di rete europei).Di cosa si tratta? Vediamo. La rete Europea è tutta interconnessa e va dai Paesi dell’Est al Portogallo. L’energia elettrica viaggia sulle reti con una certa frequenza, che è come il battito cardiaco. Se questo battito aumenta o diminuisce si creano squilibri sulla rete e il sistema salta: la rete ha un infarto. Negli orari in questione, la frequenza di rete della Spagna ha iniziato a oscillare in maniera anomala attorno al valore normale (50 Hertz) in opposizione a quella della rete in Lettonia. Per tornare all’esempio del cuore, Spagna e Lettonia sono andate in fibrillazione, con la frequenza di una che scendeva e l’altra che saliva. Solo che l’oscillazione spagnola era amplificata, come si vede nel grafico qui sopra. Queste sono le oscillazioni inter-area.La terza oscillazione inter-area, quella delle 12:33:16 è risultata ingestibile dalla rete spagnola ed è partito il blackout. Perché ingestibile? Perché in quel momento il sistema spagnolo non aveva strumenti per smorzare l’oscillazione e riportare la frequenza ai 50 Hz di funzionamento normale. Perché questo? Perché c’era al momento una produzione rinnovabile al 75% del carico e il gestore della rete non aveva a disposizione in esercizio in quel momento, evidentemente, sufficienti impianti che fornissero l’inerzia necessaria. L’inerzia rotatoria serve proprio a dare tempo all’operatore di rete di aggiustare la frequenza tenendola a 50 Hertz esatti ed è data da impianti convenzionali (gas, carbone, nucleare), le cui parti meccaniche rallentano o accelerano proprio per regolare la frequenza. Come la manopola di una vecchia radio.Questo ultimo punto è importante. L’inchiesta dovrà chiarire il motivo per cui il gestore della rete non aveva in esercizio sufficienti impianti dotati di inerzia per regolare la frequenza. Se invece gli impianti c’erano, andrà chiarito perché non siano riusciti a smorzare l’oscillazione ed evitare il peggio. È possibile che vi sia una responsabilità operativa del gestore. Bisognerà anche capire, però, quanto sulle attività del gestore abbiano pesato le pressioni politiche, in senso lato, per mantenere la Spagna sempre vicina a quel record «100% rinnovabili» raggiunto e celebrato giusto due settimane fa con grande enfasi.A monte però il problema risiede nella debolezza crescente del sistema spagnolo, dovuta alla spinta verso le rinnovabili senza riguardo per la sicurezza del sistema. Lo ha detto la stessa Redeia nel suo rapporto annuale dello scorso febbraio. La società aveva scritto: «L’elevata penetrazione della generazione di energia rinnovabile senza le necessarie capacità tecniche per una risposta adeguata ai disturbi (piccoli generatori o generatori per autoconsumo) può portare a disconnessioni della generazione, che potrebbero essere gravi e generare uno squilibrio tra generazione e domanda, con conseguenti effetti significativi sulla fornitura di energia elettrica e, indirettamente, sulla reputazione dell’azienda».Ma l’affermazione chiave di Redeia è un’altra. Alla crescente penetrazione delle fonti rinnovabili si somma la dismissione degli impianti di generazione convenzionali, il che crea problemi di stabilità della rete. Testualmente: «La chiusura delle centrali elettriche convenzionali, come quelle a carbone, a ciclo combinato e nucleari (a seguito di requisiti normativi), comporta una riduzione della potenza costante e della capacità di bilanciamento del sistema elettrico, nonché della sua resilienza e inerzia. Ciò potrebbe aumentare il rischio di incidenti operativi che potrebbero compromettere l’approvvigionamento e la reputazione dell’azienda. Questo incidente rappresenta un rischio, con un orizzonte temporale di breve e medio termine». Le fonti rinnovabili hanno un’inerzia rotazionale ridotta, anzi nulla. La conseguente riduzione dell’inerzia totale porta all’instabilità della rete. Ciò significa che in esercizio devono esserci sempre degli impianti convenzionali, oppure che occorre installare e utilizzare compensatori sincroni e installare e tarare gli inverter di nuova generazione sugli impianti rinnovabili. Tutto questo ha un costo, ma come ci dicono molti aedi del mercato, non esistono pasti gratis, neanche se il pasto è green. Redeia due mesi fa ha chiesto di regolare diversamente il sistema perché la regolazione attuale lo stava portando vicino al collasso, che infatti si è verificato. Ma a quanto pare la smania tutta politica di vestirsi di verde prescindendo dalla realtà ha avuto la meglio sulle esigenze della tecnica e del buon senso.