2021-07-02
Primo accordo sulla riforma fiscale. Il nuovo catasto resta in ghiacciaia
Approvato nelle commissioni congiunte Camera e Senato un documento che indica le linee guida al governo. Scompare l'ipotesi di patrimoniali su beni mobili e immobili, ma nessuna estensione della flat tax.Avete presente la differenza che in Formula 1 passa tra prove libere, prove ufficiali e Gran premio? Ecco, trasferendo questa differenza sul terreno della riforma fiscale, potremmo dire che mercoledì in tarda sera si sono concluse le prove libere.Infatti così si possono definire i sei mesi di audizioni condotte in seduta congiunta dalle commissioni Finanze di Camera e Senato che, al termine di questa indagine conoscitiva, hanno redatto e approvato un documento conclusivo che contiene quelli che potrebbero essere gli assi portanti della riforma del fisco. I parlamentari hanno infatti votato e approvato separatamente un documento che riassume le principali criticità dell'attuale sistema e delinea le proposte e raccomandazioni per il suo miglioramento.Parliamo di prove libere perché si è trattato di un percorso informale e non vincolante, ma dotato di un evidente significato politico che dovrebbe condizionare i futuri sviluppi. Ora la palla è nella metà campo del governo, che dovrebbe presentare entro fine mese alle Camere un disegno di legge delega che sarà probabilmente sottoposto a un'intensa attività emendativa prima di approdare alla sua approvazione, assimilabile al Gran premio finale. Seguiranno quindi uno o più decreti legislativi emanati dal governo sulla base della delega a legiferare ricevuta dalle Camere. Nonostante l'ambizione del presidente Luigi Marattin (Iv) di ergersi a novello padre rifondatore del nostro fisco, nessuno è in grado di dire con certezza se e come il governo terrà conto degli orientamenti emersi finora, ma è ragionevole ipotizzare che se l'esecutivo presentasse alle Camere una legge delega che, di fatto, si discostasse notevolmente da questo lavoro, il suo percorso parlamentare potrebbe essere parecchio accidentato. Mercoledì sera sono state tracciate delle linee rosse a cui i partiti non potranno rinunciare senza una grave perdita di credibilità.Il testo approvato ha ricevuto il voto contrario di Fratelli d'Italia e l'astensione di Leu. Tutte le altre forze politiche hanno faticosamente raggiunto una sintesi che ha consentito loro di difendere, almeno parzialmente, i rispettivi provvedimenti «bandiera». Ma non tutto è filato liscio, anzi. È toccato al presidente Marattin guidare la volata finale per scioglierei nodi politici più intricati: flat tax, tassazione dei patrimoni (riforma del catasto in testa), disciplina delle spese fiscali e difesa della privacy.Ha dovuto confrontarsi con le richieste di Antonio Misiani (Pd), Alberto Bagnai (Lega) e Sestino Giacomoni (Fi), in qualità di responsabili economici dei rispettivi partiti. Da sottolineare l'assenza di Leu e, soprattutto, degli esponenti del M5s, la cui implosione ne ha pregiudicato notevolmente la capacità di incidere su questa vicenda. I temi più divisivi hanno richiesto il contatto costante con i rispettivi capigruppo, giusto per sottolineare la delicatezza del passaggio politico che era in corso.La discussione si è accesa intorno ad alcuni temi cruciali: da un lato, il centrodestra (Lega in testa) che ha difeso la flat tax e ne ha chiesto l'estensione fino a 100.000 euro con l'aliquota del 20%, unitamente a una netta opposizione verso qualsiasi ipotesi di tassazione dei patrimoni, nello specifico la riforma del catasto, chiesta a gran voce dalla Commissione Ue ormai dal 2019. Dall'altra il Pd che ha premuto per contenere la flat tax e, soprattutto, per introdurre forme di tassazione legate al fattore ambientale, all'insegna del «chi inquina paga». La mediazione finale ha prodotto la conferma della flat tax fino a 65.000 euro di ricavi al 15% (5% per i primi cinque anni) con un interessante «scivolo» (regime agevolato proposto dal M5s) per i primi due anni di superamento di questo limite. Ma soprattutto è nettamente sparito qualsiasi riferimento al catasto e ai patrimoni. Depennato di netto. Anche se, come detto, siamo ancora alle prime schermaglie, chi vorrà riproporlo dovrà scontrarsi con la Lega. Significativo il superamento dell'Irap, anche se non è riuscito il tentativo di Forza Italia di estenderlo anche ai soggetti Irpef.Il Pd ha dovuto prendere atto che legare il prelievo fiscale al fattore ambientale avrebbe rischiato di penalizzare eccessivamente i redditi bassi (in genere, chi inquina non è ricco) con un evidente effetto regressivo, e si è quindi piegato a una formulazione più flessibile con adeguati meccanismi di protezione per famiglie e di imprese.Degno di nota anche il tema della privacy. Nel testo originario faceva capolino un vero e proprio regime di polizia fiscale, con il grande fratello dell'Agenzia delle entrate pronto a utilizzare tutti i dati disponibili grazie anche alla fatturazione elettronica. Il testo finale ha posto un argine significativo a tale preoccupante deriva, anteponendo il diritto alla tutela dei dati personali e consentendo al contribuente un adeguato contraddittorio in sede di accertamento, con onere della prova circa la correttezza dei dati a carico dell'ente impositore.Fin qui il resoconto della seduta di allenamento. Ora comincia la partita vera e c'è da attendersi un nuovo assalto alla «porta» del patrimonio mobiliare e immobiliare degli italiani. Speriamo che la difesa tenga.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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