2022-02-08
Rifondiamo Maastricht 30 anni dopo
I leader europei dopo la firma del Trattato di Maastricht del 1992 (Ansa)
Il Trattato, di cui ieri è caduto l’anniversario, è stato stravolto per anteporre il rigore alla crescita. Adesso Palazzo Chigi deve spingere per un ritorno allo spirito originale.Federico Carli, Presidente Associazione Guido CarliTrent’anni fa, il 7 febbraio 1992, veniva firmato il Trattato di Maastricht, che, ben oltre le implicazioni ragionieristiche che erroneamente gli sono state attribuite, avrebbe dovuto costituire uno strumento per rigenerare il sistema economico, la società e la stessa vita civile di un’Italia che già allora cominciava a languire. Giulio Andreotti, Helmut Kohl e François Mitterrand furono i protagonisti di quell’accordo. La delegazione italiana seppe coniugare interesse nazionale e visione europea, lasciando un segno marcato - e marcatamente positivo - sulla struttura finale del testo. Ruolo non secondario ebbe il ministro del Tesoro italiano, Guido Carli. Mario Sarcinelli ha sostenuto che Carli compì un capolavoro politico, battendosi come un leone nei confronti dei rappresentanti tedeschi e olandesi, riuscendo a rendere flessibili le norme su debito e deficit che i nostri partner d’Oltralpe avrebbero voluto definire come vincoli estremamente rigidi. Per merito della delegazione italiana a Maastricht fu introdotto il criterio della tendenza, anziché quello della soglia. Gianni De Michelis, allora ministro degli Esteri, ha ricordato che l’autorevolezza di Carli consentì all’Italia di strappare condizioni favorevoli per il Paese che rappresentava ma soprattutto coerenti con i principi di progresso civile ed economico su cui poggiavano le fondamenta dell’Europa. E quindi vantaggiose per l’intera comunità delle nazioni del Vecchio continente. A distanza di tempo emerge tutto il rilievo dell’azione di politica europea svolta dal governo italiano all’inizio degli anni Novanta, quando l’integrazione era concepita per garantire agli Stati il raggiungimento di obiettivi di crescita nell’interesse proprio e dell’Unione. Secondo Giuseppe Guarino, i ministri italiani in carica nella seconda metà degli anni Novanta nemmeno si resero conto delle conseguenze degli stravolgimenti che avevano accettato di apportare all’impostazione iniziale. In modo surrettizio si pretese di modificare il Trattato. In stridente contrasto con la volontà dei padri fondatori dei trattati europei, all’obiettivo della crescita si sostituì quello del rigore, da accertarsi in base a dati numerici relativi a specifici momenti storici. Criterio contro il quale Carli aveva pronunciato durissimi anatemi. Il criterio del rigore sarebbe stato causa perdurante del fenomeno depressivo che ha attanagliato l’Eurozona per i 20 anni precedenti la pandemia.Ma non è solo sul versante dell’economia che il sogno di Maastricht è stato tradito. Il Trattato implicava la concezione dello «Stato minimo», l’abbandono dell’economia mista, la ricomposizione della spesa pubblica nella direzione di maggiori investimenti, il restringimento delle aree di privilegio, maggiore trasparenza nella macchina amministrativa, la costruzione di una società in cui si amplia la libertà degli individui. Lo Stato avrebbe dovuto astenersi dal modificare incessantemente le leggi per ubbidire a interessi particolaristici e abbandonare le aree che aveva impropriamente occupato per tornare a occuparsi esclusivamente e meglio di quelle che gli erano e gli sono proprie: sicurezza, difesa, istruzione, sanità, giustizia. Tutto questo non è avvenuto. Oggi, dopo una crisi durissima e sopportata con una pazienza ammirevole che sconfina nella rassegnazione, occorre indicare agli italiani alcune priorità chiare e mostrare di poter offrire qualche risultato. In altri termini, occorre fornire una visione per l’Italia. Ai problemi aperti e sopra richiamati, si aggiungono: 1 l’esigenza di affrontare la discussione sulla riscrittura delle regole di bilancio Ue sospese fino a dicembre 2022 recuperando lo spirito di Maastricht;2 l’urgenza di predisporre una legge elettorale saggia e conforme alla società italiana;3 l’obbligo di ripristinare la libertà perduta per contrastare il Covid-19, indicandone tempi e modi.Mario Draghi ha la responsabilità precipua di delineare la visione di Paese che intende perseguire fino alla scadenza del proprio mandato, pronunciandosi sui principali nodi che è chiamato a sciogliere e dissipando l’incertezza in cui siamo avvolti. La sua squadra di governo e il Parlamento devono concorrere a indicare una rotta, che ancora appare erratica.È giunto il momento di fare un salto indietro di 30 anni e di riprendere il discorso laddove era stato lasciato. A deputati, senatori e ministri nello scorcio di tempo che ci separa dalle prossime elezioni incombe il dovere di dimostrare che questa legislatura ha la capacità di predisporre le condizioni affinché quella che verrà possa condurre l’Italia alla stessa posizione di dignità che essa conquistò negli anni Cinquanta, sollevandosi dalle rovine di una guerra vera, devastante e assai peggiore di questi due anni di pandemia.Altrimenti i prossimi mesi saranno vani, animati solo dall’insopportabile retorica di chi occupa il Palazzo e dalla noiosa cantilena dei protagonisti dei talk show.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)