
Il ministero chiede ai prefetti una panoramica sui campi, dopo i roghi di pneumatici negli insediamenti di Lamezia Terme. All'annuncio lo scorso anno la sinistra insorse, ma nel 2012 ha fatto la stessa cosa.Incassa la «vittoria su tutta la linea» per il decreto Sicurezza e subito rilancia. Malgrado le polemiche ogni volta che ne ha parlato, il ministro dell'Interno Matteo Salvini tira dritto su un altro tema delle sue campagne elettorali: il censimento dei campi rom a partire da lunedì. Un'idea non originalissima visto che ad averla proposta per prima è stata la sinistra milanese, ma il leader del Carroccio l'ha fatta sua e la ripropone. Ai prefetti piacendo. Lo ha ribadito sulle pagine social dopo che giovedì sono stati dati alle fiamme pneumatici e rifiuti vari, potenzialmente pericolosi, nel campo rom di Scordovillo, a Lamezia Terme, a pochi passi dall'ospedale «Giovanni Paolo II» con conseguente disagi e preoccupazione da parte dei cittadini che vivono nel quartiere.«Dopo l'ennesimo episodio di violenza, l'ultimo si è verificato ieri con un incendio doloso in zona ospedale a Lamezia Terme, lunedì scriverò a tutti i prefetti per avere un quadro dettagliato e aggiornato in tempo reale delle presenze rom nei campi abusivi o teoricamente “regolari" per procedere, come da programma, a chiusure, sgomberi, allontanamento e ripristino della legalità» ha scritto il leader leghista. L'ira funesta di opposizione e, forse, anche di qualche alleato, è dietro l'angolo se si ripensa a cosa accadde l'anno scorso quando Salvini annunciò la necessità di una «ricognizione dei rom nel Paese per vedere chi, come e quanti sono». È da allora che il Viminale lavora ad un dossier sul tema rom in Italia perché «dopo Roberto Maroni non si è fatto più nulla ed è il caos», aveva dichiarato il vicepremier nel giugno 2018, specificando poi: «Facciamo un'anagrafe, nessuna schedatura». Oltre a definire incostituzionale una catalogazione dei cittadini per etnia proprio il Pd aveva commentato la proposta come «agghiacciante, evoca la pulizia etnica» mentre Carlo Stasolla, presidente dell'Associazione 21 luglio, aveva ribadito che «una schedatura su base etnica in Italia non è consentita dalla legge» ricordando che «i pochi rom irregolari sono apolidi di fatto, quindi inespellibili». All'epoca anche il grillino Luigi Di Maio aveva detto: «Mi fa piacere che Salvini abbia smentito qualsiasi ipotesi di schedatura e censimento degli immigrati, perché se una cosa è incostituzionale non si può fare». Ora, a parte che gli italiani ogni 10 anni vengono regolarmente censiti e se Salvini parla di censimento subito gli si affibbia il termine «schedatura», se la stessa idea la lancia la sinistra diventa un fatto sociale. Come è accaduto a Milano, nel 2012 quando Pierfrancesco Majorino, assessore ai servizi sociali con Giuseppe Sala, e prima con Giuliano Pisapia, firmò un rapporto «sinti, rom e caminanti», un progetto teso a «includere le famiglie e i bambini, superando ogni forma di discriminazione e di negazione della dignità della persona umana» e a «contrastare forme di irregolarità e illegalità». Majorino insieme al collega Marco Granelli illustrarono come «intervenire sulle forme di degrado e illegalità diffuse in città nelle aree destinate a campi regolari, contrastare gli insediamenti irregolari già presenti o di recente costruzione anche grazie alla messa in sicurezza delle aree libere attraverso un costante controllo del territorio». Nove gli obiettivi del progetto con al numero 1 proprio il «censimento dei nuclei familiari delle popolazioni rom, sinti e caminanti presenti a Milano». Un censimento, non «meramente numerico (quanti sono) ma anche storico-qualitativo» da aggiornare «ogni 6 mesi». Nessuno parlò di «catalogazione per etnia» eppure il dem Majorino voleva censire i rom, anche i minori, per «garantire tutte le opportunità di accesso ai servizi scolastici, da quelli per la prima infanzia, al ciclo dell'obbligo e ai percorsi scolastici superiori, creando le condizioni, all'interno delle strutture scolastiche e nei campi, perché i percorsi scolastici possano realizzarsi positivamente, contrastando la dispersione scolastica». E se il ministro dell'Interno vuole eliminare i campi rom abusivi, l'assessore progressista, al punto 5 del suo progetto, parlava di vietare «sosta permanente su aree stradali del territorio comunale attraverso l'applicazione del divieto di campeggio e lo sbarramento dell'accesso alle aree di parcheggio, facendo ricorso alla polizia per contrastare tutte le forme di irregolarità e illegalità». Non manca la ruspa democratica quando Majorino scriveva: «Si intende allontanare le persone dagli insediamenti abusivi attraverso un percorso gestito dall'amministrazione comunale e si vuole impedire e contrastare la nascita di nuovi insediamenti nel territorio del Comune di Milano, attraverso l'attuazione di allontanamenti di persone e di nuclei familiari e la messa in sicurezza delle aree».Questo a Milano con la sinistra più a destra del centrodestra di Roma dove la giunta Alemanno, in totale collaborazione con l'allora ministro dell'interno Maroni, il prefetto Pecoraro e la Croce Rossa italiana, aveva iniziato un percorso di censimento della popolazione rom su tutto il territorio nazionale, senza alcun problema proprio da parte della comunità rom. Ora non che resta che aspettare Non resta che aspettare lunedì.
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






