2021-09-30
Riapertura negata alle discoteche: «Regalo ad abusivi e criminalità»
Cts e governo irremovibili: dopo 19 mesi di stop e 3,5 miliardi persi, le sale da ballo restano chiuse. Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini protestano: «Scelta inspiegabile». Maurizio Pasca (Silb): «Unico settore a non avere una data per la ripresa».Il paradosso: il diritto elettorale e l'accesso alle urne non possono essere limitati. Però a chi è privo di lasciapassare è vietato entrare nelle scuole, dove si trova l'87% dei seggi.Lo speciale contiene due articoli.«Vogliamo riaprire a qualunque condizione ci detti il governo. Non chiediamo sussidi ma solo di poter riprendere a lavorare». Questo l'appello di Maurizio Pasca, Presidente nazionale dell'Associazione italiana imprese di intrattenimento di ballo e spettacolo (Silb), dopo che il governo ha deciso di tenere chiuse, almeno per il momento, le discoteche e le sale da ballo. La decisione non ha fatto piacere agli imprenditori del settore che da 19 mesi sono ora mai costretti alla chiusura delle attività, unica eccezione fatta per il periodo 17 luglio 17 agosto 2020 quando solo il 10% dei locali ha potuto riaprire, per poi chiudere. «Inspiegabilmente il nostro settore non ha una data certa di riapertura. La paura maggiore sono gli assembramenti ma questi ci sono ovunque, li vediamo in diversi luoghi, come per esempio la metropolitana», dichiara Pasca. Tenere chiuse «sale da ballo, balere e discoteche è inspiegabile, una scelta folle, senza nessuna giustificazione», dice Matteo Salvini a Radio Anch'io. «Se chiedi il green pass, ritieni ti tuteli per andare in 50.000 allo stadio o a un concerto, mi sembra una inutile punizione nei confronti di 3.000 imprese e milioni di giovani e meno giovani», ha aggiunto il leader del Carroccio.Questa decisione del governo secondo il presidente nazionale di Silb ha però anche un duplice effetto negativo. Da una parte «favorisce l'abusivismo nel settore e dall'altro la criminalità organizzata, che approfittandosi della debolezza economica di alcune aziende può intervenire comprandole o comunque entrando attivamente nella gestione. Possibile che il governo non si accorga di tutto questo?», tuona Pasca. E che la situazione economica del comparto dell'intrattenimento non sia delle migliori lo dicono i dati. Il 90% delle attività sono chiuse dal 13 febbraio 2020 (19 mesi), e questo ha comportato perdite per circa 3,5 miliardi di euro. A questo ai aggiunge anche il gap economico della Siae, che non sta riuscendo a incassare più i soldi derivanti dal diritto autorale. A fronte di una situazione di evidente difficoltà economica c'è però anche chi cerca di non perdere la fetta di mercato che prima intercettavano le discoteche. E infatti, secondo Pasca, si stanno sviluppando sempre di più le «cene spettacolo» nei ristoranti e bar, dove oltre che mangiare si può anche ballare. Soluzione che dunque aggira quanto voluto del governo a scapito dei soli imprenditori del settore dell'intrattenimento. La decisione del Cts e poi dell'esecutivo non è però condivisa da tutti i ministri del governo. Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico, nel suo intervento all'assemblea generale di Confcommercio ha esternato la sua opposizione alla chiusura dei locali da ballo: «Penso, ahimè alle discoteche e alle sale da ballo che ancora oggi non possono svolgere la loro attività. È l'unica ancora chiusa. In tutti i Consigli dei ministri io chiedo di valutare la riapertura, non perché abbia un significato economico importante, ma perché ha un significato simbolico, il diritto al lavoro per migliaia di lavoratori, che oggi il governo non è in grado di garantire. Quando non si è in grado di garantire, è sempre una sconfitta». Chiedendo poi agli altri ministri «di rivalutare la riapertura delle discoteche». A dare manforte a Giorgetti c'è anche Lucia Borgonzoni, sottosegretario alla Cultura che ieri a margine di un intervento a Milano si è scagliata contro il Comitato tecnico scientifico (Cts) per la sua decisione di non apertura dei locali da ballo: «Bisogna iniziare a ragionare sulle discoteche, per mettere in piedi un sistema sicuro, creare un modello per riaprirle, al posto del no a priori che continua a arrivare dal Cts». «Sulle discoteche - continua - non c'è stato modo neppure di aprire la discussione, ci ha provato anche il ministro Giancarlo Giorgetti, ma il Cts non ne vuole sapere. Prima o poi bisognerà affrontare anche questo tema». Aspetto, quest'ultimo, su cui concordano anche altri ministri. Gianni Indino, presidente del Silb-Fibe Emilia-Romagna ha infatti dichiarato come, oltre Giorgetti, anche la Gelmini, Brunetta e Garavaglia, presenti all'Assemblea nazionale di Confcommercio hanno detto che « il nostro settore va sostenuto e che vanno trovati una data e un modo per farlo ripartire. Ritengo inutile però che tutta la politica continui a dirsi favorevole alla riapertura dei locali da ballo, ma ai tavoli istituzionali in cui si decide non se ne parli mai. Ora è il momento del fare». «Il 7 ottobre - continua Indino - si riuniranno a Roma gli organi federali del Silb-Fipe e se per quella data non si sarà ottenuto l'ok alla ripartenza delle attività di ballo o almeno un tavolo istituzionale in cui discuterne, si deciderà di mettere in campo quelle proteste molto rumorose che abbiamo annunciato». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/riapertura-negata-discoteche-2655194206.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="senza-la-card-e-rischio-voto-illegale" data-post-id="2655194206" data-published-at="1632962184" data-use-pagination="False"> Senza la card è rischio voto illegale Chissà se il presidente Sergio Mattarella ci ha pensato. Firmando il decreto 122 dello scorso 10 settembre si è infilato in un pasticcio costituzionale. Gli elettori che domenica e lunedì vanno ai seggi privi di salvacondotto devono per votare infrangere la legge e rischiano una multa salatissima. Siamo al paradosso: i cittadini hanno diritto di votare, ma non possono accedere alle urne. Domenica e lunedì si vota in 1.157 Comuni e l'87% dei seggi è insediato in edifici scolastici. I presidi di ogni ordine e grado hanno vivacemente protestato perché a loro dire la vacanza forzata causa elezioni dà un ulteriore colpo alla didattica. Hanno anche un altro problema: consentendo l'accesso negli edifici scolastici a persone sprovviste di green pass rischiano multe salate e, a esser pignoli, anche la sospensione dal servizio. Il decreto 122 all'articolo 1 capo 2 testualmente impone: «Fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato d'emergenza, al fine di tutelare la salute pubblica, chiunque accede alle strutture delle istituzioni scolastiche, educative e formative, deve possedere ed è tenuto a esibire la certificazione verde COVID-19». Quel «chiunque» non ammette deroghe, dunque anche l'elettore non può entrare in una scuola senza green pass. L'articolo 48 della Costituzione statuisce però tassativamente al capo quarto: «Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.» Non ci sono ragioni di salute pubblica, né di calamità, né di qualsiasi altra natura che possano impedire l'esercizio del voto. La ministra dell'Interno Luciana Lamorgese - quella ligia alle leggi - e il suo collega addetto (si fa per dire) alla salute Roberto Speranza hanno fatto il gioco delle tre carte, ma hanno sbagliato i tempi. Per mettere d'accordo il green pass che in Italia è ormai l'unica fonte del diritto e la Costituzione hanno emanato il 25 agosto un protocollo - non ha forza di legge e dunque non neutralizza il divieto di accesso nelle scuole - stabilendo che anche chi non ha il salvacondotto ha diritto, e ci mancherebbe, di votare. Pongono però una serie di paletti - dalla carta verde per accedere ai mezzi di trasporto scontati a disposizione degli elettori che viola la parità tra cittadini all'obbligo di mascherina nei seggi che è una oggettiva limitazione - da indagare sotto il profilo della legittimità costituzionale. Questo protocollo fa riferimento al decreto 117, precedente a al 122, dedicato alle elezioni in cui però nulla si dice dell'ingresso ai seggi. Ora devono metterci una pezza e in fretta perché se le forze dell'ordine che sorvegliano i seggi danno retta alla Lamorgese devono multare tutti gli elettori privi di green pass. Se non lo fanno rischiano quanto meno una denuncia per omissioni d'atti d'ufficio. In più c'è il problema che non potendo controllare chi ha e chi no il pass, poiché questo controllo in sede scolastica spetta ai presidi, finisce che teoricamente tutti gli elettori potrebbero essere impediti nell'accesso ai seggi. Siamo alla farsa! Si strapperanno le vesti per un'alta astensione, ma sarà lecito chiedere al Governo: non è anche colpa vostra? E dissuadere dal voto non è un reato? C'è poi il pasticcio di presidenti e scrutatori che al primo turno possono non avere il salvacondotto, ma al ballottaggio sì perché dal 15 ottobre scatta l'obblio vaccinale per i dipendenti pubblici. E dove sta la garanzia di correttezza se si cambia tra un turno e l'altro un numero consistente di scrutatori? Il conflitto tra Costituzione e legge rende esplicito come un regime di emergenza che si prolunga sine die è incompatibile con la democrazia. Una soluzione la troveranno: si voterà nei gazebo? Forse Sergio Mattarella o Mario Draghi faranno come quel Papa che di fronte a un arrosto offertogli in giorno di magro decretò «ego te baptizo piscem» (ti battezzo pesce). Così le scuole per un paio di giorni possono cambiare destinazione d'uso.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)