2024-04-26
Revocata una condanna a Weinstein ma il produttore resterà in galera
Testimonianze illegittime al processo per violenza sessuale. Delusione nel MeToo.La Corte d’appello di New York ha annullato ieri una condanna a 23 anni di carcere per violenze sessuali nei confronti di Harvey Weinstein, il produttore cinematografico che ha dato il via suo malgrado al movimento MeToo, collezionando denunce di molestie da parte di più di cento donne. Il settantaduenne fondatore della Miramax non tornerà però in libertà: verrà trasferito dal carcere di New York, dove si trova dal febbraio del 2020, a un penitenziario di Los Angeles, la città dove poco meno di due anni fa era stato condannato, in un altro processo, a 16 anni di carcere per aver stuprato una modella nella camera di un albergo. L’annullamento della sentenza del 2020, deciso con una maggioranza risicata (quattro contro tre) da un collegio composto in maggioranza da donne, è dovuto un errore commesso nel corso del processo dal giudice James Burke, che decise di consentire al procuratore di chiamare a deporre alcune donne che denunciavano passati atti violenti di Weinstein, che però non facevano parte delle incriminazioni a suo carico. L’obiettivo di quelle testimonianze era dimostrare quanto fossero radicati nel tempo i comportamenti del produttore. Ma «nel nostro sistema di giustizia l’accusato ha diritto a rispondere solo del crimine per il quale è stato incriminato», ha sancito ieri la Corte d’appello, sottolineando che «il rimedio per questi errori è un nuovo processo». Non basta: il giudice Burke aveva concesso ai magistrati di interrogare Weinstein (qualora quest’ultimo avesse accettato di rispondere) anche a proposito di accuse risalenti a quarant’anni prima, ma non formalizzate (dai litigi con il fratello produttore alle scenate violente contro i camerieri); ciò che avrebbe dissuaso l’accusato dal testimoniare in aula, compromettendo così la sua possibilità di difendersi. E adesso? Sta al procuratore Alvin L. Bragg (lo stesso che ha incriminato l’ex presidente Donald Trump per i pagamenti alla pornostar Stormy Daniels) decidere se portare di nuovo a processo Weinstein. «Faremo quanto è in nostro potere e restiamo fermamente dalla parte delle vittime delle aggressioni sessuali», filtrava ieri dalla procura. «È una vittoria non solo per il signor Weinstein, ma per tutti gli imputati nello stato di New York i cui diritti fondamentali sono stati ribaditi oggi dalla Corte», ha commentato invece l’avvocato di Weinstein, Arthur Aidala. Di tutt’altro tenore com’è ovvio i commenti dal mondo femminista. Jane Manning, ex magistrato e direttrice del Women’s Equal Justice Project, ha definito «scioccante» la decisione della Corte di New York: «Dimostra quanto occorra ancora fare per mandare avanti i nostri ideali». «Una sentenza ingiusta nei confronti delle vittime, ma noi sappiamo quello che è successo», ha ribadito invece l’attrice Ashley Judd, tra le prime a denunciare le molestie subite da Weinstein. L’annullamento della condanna per Weinstein ricorda un caso simile, risalente al 2021, quando la Corte della Pennsylvania revocò una condanna per violenza sessuale nei confronti della star dei Robinson Bill Cosby, anche in quel caso per via di un errore commesso nel corso del processo, dove era stata usata contro di lui una sua deposizione resa volontariamente.
«Murdaugh: Morte in famiglia» (Disney+)
In Murdaugh: Morte in famiglia, Patricia Arquette guida il racconto di una saga reale di potere e tragedia. La serie Disney+ ricostruisce il crollo della famiglia che per generazioni ha dominato la giustizia nel Sud Carolina, fino all’omicidio e al processo mediatico.