2024-07-10
Retata Antimafia a Roma: arrestati i figli dei vecchi boss del crimine
In manette i rampolli di Antonio Nicoletti, «cassiere» della Banda della Magliana, e quello di Michele Senese. Tra gli indagati spunta il nome di Carlo Maria Medaglia, ex prorettore della Link campus university,Come le vecchie botteghe artigiane, a Roma anche le attività criminali si trasmettono di generazione in generazione. Due gruppi criminali dei figli d’arte avrebbero versato i proventi delle loro illegalità in una delle più importanti lavanderie di soldi sporchi scoperte negli ultimi tempi: uno farebbe capo ad Antonio Nicoletti, figlio del cassiere della Magliana Enrico Nicoletti, con presunti legami con i clan Mazzarella-D’Amico e che grazie al potere criminale ereditato dal papà, avrebbe coordinato le attività dell’associazione; l’altro, guidato da Vincenzo Senese, rampollo del maggiore esponente della camorra a Roma, Michele detto «o’ Pazzo», avrebbe garantito gli investimenti delle ’ndrine Morabito e Mancuso e del clan Rinaldi e Formicola nel commercio di idrocarburi. Ma la centrale di riciclaggio avrebbe permesso alle due bande sgominate ieri mattina dagli investigatori della Direzione investigativa antimafia coordinati dalla Procura antimafia romana con 57 indagati, 18 arrestati (due ai domiciliari) e 131 milioni di euro sequestrati, di allacciare ogni genere di relazione: da quelle politiche a quelle lobbistiche, fino a entrare nel panorama dello spettacolo e a lambire il mondo del calcio. Tra i nomi degli indagati, impressi sul frontespizio dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Emanuela Attura, spicca un nome che appare fuori contesto, quello di Carlo Maria Medaglia. Fino al 2020 docente, prorettore e direttore del Dipartimento per la ricerca della Link Campus University del professor Vincenzo Scotti, e già capo della segreteria tecnica dell’ex ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti che un anno fa è finito nei guai per una brutta storia di presunti progetti truccati per drenare crediti d’imposta fittizi, nell’ambito della quale la Procura di Roma lo aveva spedito agli arresti domiciliari. Medaglia era stato anche uno degli uomini di punta di Virginia Raggi, che durante il suo mandato da sindaco nella Capitale gli aveva affidato il ruolo di amministratore delegato dell’Agenzia della mobilità del Comune di Roma. La nuova indagine, che ricostruisce la stagione più fresca del romanzo criminale romano, allo stesso tempo risveglia i fantasmi delle vecchie alleanze e richiama la Banda della Magliana non solo per i nomi dei coinvolti ma, soprattutto per le dinamiche di potere, per i giochi di prestigio finanziari e per le stesse connivenze tra criminalità organizzata e settori del potere ufficiale che sembrano ripetersi in un ciclo infinito di violenza e affari. Con un grande business: i derivati dal petrolio, «che», come ha spiegato agli inquirenti l’ex camorrista dei Mazzarella Umberto D’Amico, «è più diffuso della droga». Il meccanismo scoperchiato è questo: attraverso società cartiere, finanziate dai clan campani e calabresi, il gruppo avrebbe acquisito il controllo di depositi fiscali di idrocarburi, funzionali alla realizzazione delle attività di riciclaggio. Che sarebbero state messe in atto da un ex calciatore del Bologna e del Napoli, Giorgio Bresciani, indicato come uno abile nel settore dei petroli, da un avvocato di Matera che, però, fa il produttore di film, Angelo Calculli (ai domiciliari), che per il riciclaggio si sarebbe mosso prima sull’area napoletana e poi su quella capitolina, e da Domitilla Strina, la figlia di Anna Bettozzi Di Cesare, commerciante di petroli e cantante conosciuta come Anna Bettz e Lady Petrolio. Non una semplice «testa di legno», come indica Umberto Luongo da San Giorgio a Cremano (Napoli), il «costruttivo» del gruppo, e finito tra gli arrestati. Uno che, intercettato, fa queste valutazioni: «Roma è politica, io ho visto gente che va seduta con le guardie e là è normale… il generale e l’onorevole… ti sei seduto… là è normale… perché la politica là è la mafia».In una capostazione in particolare uno dei riciclatori, al quale erano stati sottratti 500.000 euro provenienti probabilmente dalla ’ndrina Mancuso di Limbadi, afferma di essere dovuto intervenire personalmente per rimediare al pasticcio e, secondo gli inquirenti, «pur non avendo autorizzato la Strina a riferire che la somma era dei Mancuso, per non screditare la cosca, le ha fatto dire che la vicenda procurava un danno a lui personalmente». Il testo: «Senza che gli andate a dire che i soldi sono della famiglia di giù...». Ed è in questo contesto che emerge tutta la carica violenta della banda. La risposta dell’interlocutore è questa: «io ’mbocco proprio in ufficio con il ferro (la pistola, ndr) e glielo metto in testa». Ma le centrifughe della premiata lavanderia capitolina tra i proventi di estorsioni e usura mischiavano pure quelli delle aziende cinematografiche. Gli inquirenti indicano tra i protagonisti del romanzo criminale l’ex produttore cinematografico Daniele Muscariello, già in carcere con una condanna per riciclaggio (colpito ieri dall’ordinanza cautelare): «Tra gli organizzatori della politica economico-criminale dell’associazione». Il suo ruolo? «Recluta gli imprenditori da assoggettare al sistema di riciclaggio e mantiene rapporti con esponenti del mondo istituzionale e appartenenti alle forze dell’ordine». Ma avrebbe pure «favorito l’ingresso nel sodalizio romano di Salvatore D’Amico, inteso «o’ Pirata», esponente apicale del clan D’Amico-Mazzarella». Un’operazione che per gli inquirenti avrebbe fatto fare un balzo alla «forza militare della consorteria». E se Senese junior era tutto concentrato sulla Capitale, Nicoletti e i suoi sgherri, tra i quali sembra avere un ruolo di peso Andrea Antilli che, come fanno gli uomini d’onore, si sarebbe occupato del sostentamento della moglie di uno dei picciotti che era finito in carcere e ha offerto protezione a Salvatore Ventura «o’ Blindato», che era in pericolo a Napoli, «garantendogli un rifugio» nella porzione di territorio che sarebbe stata anche «sotto il suo pieno controllo», si erano ritagliati un buen retiro a Fregene, nota località del litorale romano, parte del Comune di Fiumicino. A leggere l’ordinanza sembrano ormai lontanissimi i tempi della dolce vita di Alberto Moravia e Federico Fellini, che trovavano ispirazione tra le dune sabbiose e le ville sul mare. La Procura aveva chiesto il loro arresto, tuttavia il gip ha rigettato. La città, sotto il loro controllo, sarebbe diventata un hub per gli affari illeciti. I due trascorrono le loro giornate a passeggiare e a chiacchierare nei bar, protetti dai loro uomini. Le due figure vengono descritte da chi indaga come simbolo di potere e di intimidazione. Gli abitanti li osservano con timore, consapevoli che ogni mossa può essere sorvegliata. La presenza è un costante promemoria che permette di controllare il territorio. È Antilli a confessarlo a telefono, mentre spiega che ha offerto un riparo a Ventura: «Allora mo ti faccio un esempio, Massimo (Nicoletti, ndr)... noi abitiamo vicino... stiamo a cento metri! Se c’è un problema, qualsiasi cosa, mi chiama e io bum! partiamo subito... ti voglio far vedere le case... sono tutti amici suoi (di Nicoletti, ndr)... questi che fanno? Determinate cose, strozzo... lì quando entra qualcuno, pure il supermercato ti dice «oh... ho visto…».
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