2019-05-21
«Residenza illegale ai clandestini». Rischia il processo l’erede di Lucano
Maria Spanò, già assessore del sindaco di Riace e candidata a succedergli alle prossime elezioni, a un passo dal rinvio a giudizio per la stessa ipotesi di reato in tema d'immigrazione. I pm: è la «longa manus» di Mimmo. Secondo l'accusa «ha rilasciato carte d'identità a soggetti stranieri privi dei previsti requisiti, attestando falsamente che fossero residenti a Riace e muniti del permesso di soggiorno». La Procura di Locri finisce di smascherare l'impronta ideologica della giunta di Riace guidata da Domenico Mimmo Lucano con l'avviso di chiusura delle indagini preliminari notificato al suo assessore uscente Maria Spanò. A leggere l'accusa anche lei, come il suo ex sindaco, avrebbe commesso illeciti pur di regolarizzare degli immigrati clandestini: un marocchino e una nigeriana. E ora, in continuità con Lucano, è lei la candidata sindaco di Riace. E nella sua lista c'è anche il re dell'accoglienza in persona, che la sostiene da candidato al consiglio comunale. Il reato contestato è «falso ideologico» in concorso proprio con Lucano. Quella che coinvolge la Spanò non è una nuova inchiesta giudiziaria sulla gestione dell'accoglienza di migranti a Riace, ma uno stralcio dell'indagine Xenia, quella che ha portato al rinvio a giudizio di Lucano.La Procura di Locri, infatti, nel chiedere il rinvio a giudizio dell'ex sindaco e degli altri indagati aveva chiesto il processo anche per la Spanò. Durante l'udienza preliminare, però, il difensore dell'indagata, l'avvocato Francesco Rotundo, aveva eccepito la mancata notifica dell'avviso di conclusione delle indagini. Una questione tecnica, che ha portato allo stralcio della posizione della Spanò dal fascicolo principale e l'invio - il 7 maggio scorso - di un nuovo avviso di conclusione delle indagini preliminari. Nella stessa situazione della Spanò ci sono altre due indagate, per le quali era stato chiesto il rinvio a giudizio, ma la cui posizione era stata stralciata per la mancata notifica dell'avviso di conclusione indagini. Si tratta di Annamaria Maiolo (anche lei candidata con Spanò e Lucano) e Valentina Micelotta, accusate a vario titolo di associazione a delinquere, abuso d'ufficio, truffa e peculato. Anche loro seguiranno lo stesso iter. «Si tratta della firma di due documenti già preparati dagli uffici comunali», ha affermato l'avvocato Rotundo, «e sui quali la mia assistita non ha svolto alcuna pratica. Chiederò alla Procura che venga sentita per chiarire tutto». In sostanza è una presa di distanza. Un punto focale sul quale potrebbe anche aprirsi una frattura con Lucano. L'ex sindaco, che la magistratura ha esiliato da Riace ormai quasi 8 mesi fa, dovrà ancora rimanere lontano dal suo paesello. I giudici del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, infatti, l'altro giorno hanno depositato le motivazioni del provvedimento con il quale confermano il divieto di dimora, sostenendo che «è attuale e concreto il pericolo che Lucano possa ripetere reati della stessa specie di quelli già compiuti». E le questioni alla base di questa decisione sono legate proprio alla sua ricandidatura. Per i giudici, insomma, che sia primo cittadino o semplice componente «a qualsiasi titolo» del «civico consesso», è pericoloso. E nel provvedimento del Riesame c'è un passaggio sui documenti di riconoscimento: «Le modalità con le quali Lucano ha proceduto alla falsificazione delle carte d'identità sono allarmanti, perché espressioni del potere assoluto dallo stesso esercitato nella sua veste di sindaco del Comune di Riace e della sua straordinaria capacità di ottenere qualsiasi cosa decidesse di fare, imponendosi su tecnici e funzionari». Spanò per i giudici del Riesame era, addirittura, la «longa manus di Lucano». E il progetto politico dell'ex sindaco va avanti, «senza soluzione di continuità», sostengono i giudici, «con la Spanò candidata a sindaco del Comune di Riace». «Quel che preoccupa», è scritto nel documento giudiziario, «non è la volontà di Lucano di far politica, sostenere una lista elettorale, candidarsi come consigliere comunale nel pieno e sacrosanto godimento ed esercizio dei diritti politici». Il punto è che per l'accusa aveva assunto «la veste di vero e proprio dominatore all'interno del Comune». Il profilo di Lucano che viene tracciato appare inquietante: per i giudici era assolutamente convinto «di potersi porre sopra la legge e di poterla violare impunemente, circondandosi di persone supine ai suoi comandi ed ai suoi dettami ed eliminando immediatamente chi non gli obbediva». E tra le persone a sua disposizione, quindi, ci sarebbe proprio la Spanò. La candidata ha svelato la sua linea difensiva a Repubblica: «Ci sono aspetti molto curiosi in questa vicenda giudiziaria che preferisco non commentare. Mi limito a dire che ho firmato centinaia di carte di identità, non solo quelle che mi contestano e che non tocca certo al sindaco, al suo vice o all'amministratore autorizzato al rilascio, svolgere istruttoria e controlli. A noi arriva l'incartamento già pronto, la firma, come in tutti i Comuni, è solo un passaggio formale». Non toccava a lei, insomma, controllare nelle mani di chi finivano quelle carte d'identità che portavano la sua firma. Ma i magistrati di Locri hanno acquisito l'intero incartamento e, proprio in base all'istruttoria fatta dal Comune di Riace, hanno iscritto nel registro degli indagati sindaco e assessore, finiti poi nello stesso capo d'imputazione. Per una questione di diritto le loro strade giudiziarie al momento si sono divise. Lucano è già a giudizio, in attesa della prima udienza davanti ai giudici del Tribunale di Locri. Per la Spanò, invece, la Procura guidata da Luigi D'Alessio potrebbe chiedere presto il rinvio a giudizio.
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