2025-01-31
Quando Renzo De Felice ammoniva: «Facciamo storia, non moralismo»
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Truppe italiane in Etiopia nel 1936. A destra, la copertina del libro di renzo de Felice «Scritti giornalistici» (Getty Images)
Nei suoi scritti giornalistici, lo storico reatino metteva in guardia dall’invasione dell’ideologia nel campo scientifico: «I marxisti fanno ricerca per legittimare sé stessi».Le recenti polemiche sulla serie M. Il figlio del secolo, dedicata a Benito Mussolini, hanno riaperto l’annosa questione del rapporto degli italiani con il fascismo. Un tema che certo prodotti propagandastici, ideologici e macchiettistici come quello diretto da Joe Wright non contribuiscono a chiarificare. Siamo lontani, insomma, dall’inestimabile opera culturale e storiografica portata avanti decenni fa da Renzo De Felice. La monumentale biografia mussoliniana dello storico reatino resta agli atti, così come le opere più divulgative, dalla Intervista sul fascismo a Rosso e nero. Ma è bene ricordare che, all’inizio degli anni Novanta, cioè nell’ultima parte della sua vita, De Felice è stato anche un personaggio mediatico, complice anche l’ascesa politica di una destra post fascista. Questi interventi più leggeri e più politici sono stati raccolti da Luni editrice e dalla Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice in una serie di volumi sugli Scritti giornalistici. In quello che abbiamo davanti, il terzo volume, che copre il periodo cruciale 1989-1996, il sottotitolo recita: «Facciamo storia, non moralismo». Dovrebbe essere il motto di qualsiasi storico, tanto più di qualsiasi storico che si occupi del fascismo.Nel volume, una grossa parte è occupata da interviste, spesso occasionate da fatti di cronaca contingenti o dalle pubblicazioni del momento, sulle quali De Felice era chiamato dai giornali a fornire la propria opinione. E, di volta in volta, a mettere i puntini sulle i rispetto alle varie accuse che gli venivano poste. Una delle quali, per esempio, riguarda la presunta sottovalutazione dei «crimini coloniali» del fascismo. Ma lo storico rispondeva di aver detto ciò che andava detto, sottolineando però che se di crimini coloniali bisognava parlare, allora bisognava farlo a 360°: «Non si può fare storia demonizzando certi nomi anziché riferendosi alle situazioni reali. La realtà del periodo coloniale era quello che era. I francesi nel Magreb, gli inglesi in India, non procedettero con mano più leggera della nostra. Coloro che per primi istituirono campi di concentramento di massa furono gli inglesi in Sudafrica».De Felice contestava soprattutto gli unilateralismi di certa storiografia marxista, pur non negandone tout court il valore, ovviamente: «La scuola marxista o marxisteggiante è stata una scuola di tipo sovietico e cioè una scuola del marxismo del Partito Comunista Italiano, che viene visto nel suo sorgere come un avvenimento ineluttabile e storicamente giusto. […] Si tratta di una ricerca di legittimazione di se stessi e del movimento a cui appartengono».Curiosamente, tra gli scritti c’è anche il commento di De Felice su una serie televisiva dedicata a Mussolini. Si tratta de Il giovane Mussolini, la miniserie televisiva di produzione italo/ceco/tedesco/spagnola trasmessa nel 1993 in tre puntate da novanta minuti ciascuna da Rai Due. Commentava lo storico: «Venti o venticinque anni fa non sarebbe stato neanche concepibile che uno sceneggiato del genere fosse mandato in onda […]. Si tratta in sostanza di un buon film, con uno svolgimento gradevole […]. Semmai è un Mussolini troppo simpatico. È vero che i suoi amori, proposti ora con una certa abbondanza di scene sexy, ebbe un peso nell'evoluzione dell'uomo, ma non al punto di prevalere sul resto. Comunque non ci sono errori storici né significative inesattezze, ci sono invece delle novità interessanti, trattandosi di un lavoro destinato alla grande divulgazione. Per esempio si toglie di mezzo la falsa tesi di un Mussolini interventista perché è venduto ai francesi». Altri tempi. E altre serie.
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