2019-10-28
Alberto Bagnai: «Renzi vorrebbe un presidente senza il consenso degli italiani»
Il senatore leghista: «Impedire l'elezione di un “salviniano" delegittimerà il Quirinale I signori di Bruxelles bramano il potere ma nelle decisioni importanti lasciano un vuoto».Alberto Bagnai (Lega) presiede la commissione Finanze del Senato. Ma questo fine settimana di ottobre non lo ha trascorso nelle austere stanze di Palazzo Madama. Come fa da ormai otto anni, si è trasferito a Montesilvano per il Goofy, un weekend di dibattiti su posizioni euro-critiche, organizzato dall'associazione Asimmetrie.Senatore, ma non vi avevano messo al bando? Qualche giornale aveva raccontato che, pure nella Lega, le posizioni euroscettiche erano state transennate, sanzionate, scomunicate…«Sono due dimensioni diverse. Questo è un progetto di approfondimento scientifico e divulgazione culturale che, con altri amici, ho costruito anni fa e che oggi accompagno con i miei consigli. Poi c'è un'altra dimensione, quella politica. E la linea di un partito è decisa, appunto, da quel partito, non da competenti e avvenenti protagoniste dell'informazione che combattono la loro battaglia. Vede, mentre lei e io parliamo, qui 800 persone in silenzio stanno ascoltando un giuslavorista canadese».Torniamo al partito…«Il partito si è posto un problema. Da anni c'è una domanda politica a cui, prima, non corrispondeva nessuna offerta. Mi riferisco a quale fossero, e a quali siano ancora, le cause del disagio degli italiani: per anni, la risposta prevalente è stata colpevolizzare proprio gli italiani».Però, il vostro Goofy farà soffrire il mainstream dei media. Il titolo che avete scelto è Decommissioning Europe, neanche si trattasse di smontare una centrale nucleare…«Il punto è che la costruzione europea è talmente complessa e talvolta ingombrante, che anche ridimensionarla crea problemi. Lascia scorie, in questo caso normative, cioè una massa di norme non necessariamente confacenti alle esigenze dei vari paesi».Quindi, una pericolosa centrale normativa…«Un luogo molto cogente ma privo di sovranità. Ci fornisce moltissime regole, ma a volte non si capisce chi comandi e quale sia il legame con quella che dovrebbe essere la fonte della legittimazione, cioè gli elettori».Le sottopongo la fulminante battuta del grande Charles Moore, già direttore dello Spectator e biografo di Margaret Thatcher, sulla Commissione europea: «Una classe di signori altamente educati che hanno trovato la formula segreta per restare al potere senza sottoporsi alla noia e alla fatica di essere eletti». Davvero, nel continente, a pochi interessa l'elemento democratico del rapporto con il popolo?«Completiamola questa citazione. A me pare che questi signori vogliano restare al potere ma, paradossalmente, senza esercitarlo. Quando c'è una decisione importante da prendere (per esempio, che si fa con la Turchia?), si assiste a un vuoto. Ecco, un pieno di regole e un vuoto di potere».Come è possibile che tanti autorevoli osservatori, scettici (ed è un complimento) in altri ambiti della vita pubblica, diventino così dogmatici quando si tratta dell'Ue? Ogni critica a questa Ue è trattata in termini di blasfemia…«Aggiungo: persone che si vantano di articolare il ragionamento, che dicono di amare la complessità ma poi, quando si arriva all'Ue, sembrano confidare nel valore di una parola “magica"».Ma ci credono davvero?«Ah, se fossero solo venali, la cosa sarebbe più facile. Essendo noi più numerosi di loro, potremmo fare una colletta a loro favore. Ma qui siano di fronte a una dimensione quasi “religiosa" che mi preoccupa».Con un sottofondo di autocolpevolizzazione italiana…«Su questo ci ha dato qualche spunto un altro dei nostri relatori, il professor Carlo Galli, già deputato del Pd. Il quale ha osservato: chi avrebbe il coraggio di dire a un altro stato che non è sovrano? Nessuno. Ma dirlo all'Italia è stato, troppe volte, facilissimo. Una certa classe intellettuale ha trovato la sua dimensione nella denigrazione del paese e dei suoi abitanti, e nella santificazione del vincolo esterno per costringere “quei cialtroni degli italiani" a essere ciò che non sono. E anche da presidente di commissione, constato che l'agenda parlamentare è dominata dal ritmo - diciamo - esogeno di norme fatte altrove, a volte per interessi di altri e che l'Italia si trova impegnata ad accogliere».Come giudica la curiosa equivalenza che tanti fanno tra Europa e Ue, quando invece si tratta di concetti molti diversi? Posso amare il cinema francese, la musica di Johann Sebastian Bach, ma non apprezzare l'architettura istituzionale di questa Ue. O è reato di opinione?«Proprio perché è diventato quasi un reato di opinione, ho fatto il passo di candidarmi: anche per tutelare la mia libertà di espressione. Nell'arco di secoli si sono succedute molte esperienze: l'impero romano, il sacro romano impero, poi il tentativo di Napoleone. Pensare che ora con l'Ue si sia alla “fine della storia" è per lo meno curioso».Gran rispetto per la persona che sto per citare, Mario Draghi. Ma non le pare curioso che sia partito - non per sua responsabilità - il gioco di collocarlo (a Palazzo Chigi, dicono alcuni), senza che nessuno abbia eccepito sul fatto che occorrerebbe anche un mandato popolare? Da Mario Monti in poi il legame tra demos e kratos è diventato un optional?«Mi chiedo anche un'altra cosa. Nel bene o nel male, è stato certamente l'uomo più rilevante del Continente: ma chi glielo farebbe fare a venire qui? In ogni caso, è vero: è abbastanza inquietante che ogni ragionamento fatto su di lui sembri prescindere dal fatto che gli italiani lo desiderino o meno. Ma è già in corso un processo di canonizzazione».Sembra che per alcuni questa venuta sia inevitabile…«Non devo fare l'orazione di Marco Antonio ma stiamo certo parlando di una persona che, nella sua posizione professionale, ha fatto tutto. Però, c'è appunto questo tema della legittimazione democratica: molti giornali non se lo pongono, ma i cittadini - io credo - sì. La cosa ci viene raccontata in un certo modo: “Adesso arriva Draghi". Ora a parte il fatto che, ripeto, magari lui stesso non vuole venire, molti ragionano su questo avvento del tutto indipendentemente dalle scelte degli italiani».Chi viene al Goofy? «Imprenditori di ogni ambito: dall'agroalimentare pugliese all'azienda meccanica veneta, fino al settore calzaturiero delle Marche. Padri, con figlie o figli che studiano economia e cercano una lettura critica».Perché in Italia si parla così poco e così male di Brexit? Forse, Boris Johnson può farcela davvero. Certo, il Regno Unito ha le sue peculiarità: ha la sterlina, è stato un impero, ha una potente difesa. Ma dimostra che è possibile voler commerciare liberamente con l'Ue senza amalgamarsi politicamente o senza uniformarsi al pilota automatico di Bruxelles…«La scelta di raccontare male Brexit travalica i confini italiani. Brexit ha messo l'Ue davanti a un doloroso dilemma: o rimangiarsi i trattati e impedire l'uscita, trasformandosi in una specie di carcere oppure accompagnare questo processo, ma creando un potenziale effetto di emulazione. La risposta, violenta (ma è un segno di debolezza), è stata questa lettura distorta: descrivere chi voleva uscire come un nemico, nella logica del “chi non è con me è contro di me"».Veniamo all'Italia. Lei è un oppositore del governo. Ma, anche spogliandosi della sua veste politica, le è sembrata una buona idea far partire un governo così chiaramente minoritario nel paese?«Come ha detto saggiamente Giancarlo Giorgetti, attendiamo che ciò che è insostenibile cada. Dopo di che, non voglio sindacare, anche perché è tecnicamente insindacabile, la scelta del capo dello Stato. Certo, si è agito nella legalità costituzionale. Altrettanto certamente, scopriremo che si sarà fatto perdere tempo al Paese. Ma non è questo che mi preoccupa».Che cosa la inquieta invece?«Dovrebbe preoccupare il capo dello Stato (ma capisco non possa intervenire in una polemica così bassa) il fatto che venga detto, come fa costantemente Matteo Renzi, che questa operazione è stata fatta per impedire che nel 2022 ci sia un presidente della Repubblica “salviniano". Qualunque cosa voglia dire “salviniano", è pericoloso affermare che si vuole eleggere un capo dello Stato, istituzione terza, contro la maggioranza relativa o magari assoluta degli italiani».Torniamo a demos e kratos…«Torniamo a una delegittimazione istituzionale complessiva. In crisi il Consiglio superiore della magistratura, in crisi le altre istituzioni, si vuole delegittimare anche il Quirinale in prospettiva. Per non dire della delegittimazione in corso da anni rispetto ai parlamentari. Lo sa che mi disse il mio meccanico?».Ci racconti...«A inizio 2018, andai a far controllare la macchina e gli dissi che mi sarebbe servita per la campagna elettorale. E lui mi fece: “Ma professore, lei è una persona perbene"»."Domanda secca finale. Fermo restando il consenso, la Lega sarebbe pronta a governare senza ingenuità la prossima volta? Con una linea univoca in economia e una chiarezza di lettura geopolitica, senza errori e confusioni tra Washington, Mosca e Pechino?«Assolutamente sì, dobbiamo prepararci. Matteo Salvini per primo ha riconosciuto che dobbiamo attrezzarci sempre meglio. È un tema che appassiona un professore secchione come me e voglio dare un contributo, insieme con i colleghi più esperti, per essere pronti. Anche perché la prossima volta - non lo sappiamo - potrebbe anche essere imminente».Imminente?«Si può non aderire al pensiero di Costantino Mortati sulla necessità di un Parlamento rappresentativo. Ma tutti noi sappiamo che acqua e olio tendono a separarsi. È il rischio a cui questa maggioranza è esposta».
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