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2018-04-27
Renzi salirà sul carro grillino per sfasciarlo
ANSA
Dunque, prendetevela con calma, affrontate senza pericolo il ponte del primo maggio, perché fino a quando gli onorevoli non avranno terminato la loro vacanza parlamentare non succederà nulla. Se vi dico ciò è nella speranza di tranquillizzarvi dalla paura di brutte sorprese. Al tempo stesso però vi devo raccontare un paio di storielle che circolano negli ambienti romani riguardo alla possibile soluzione della crisi. La prima riguarda proprio il partito guidato dall'ex ministro dell'Agricoltura, partito che da giorni sembra sprofondato in uno psicodramma. Come detto, una parte di esso muore dalla voglia di andare in soccorso dei vincitori, aiutandoli a formare un esecutivo. L'altra, quella che fa capo a Renzi, invece muore dalla voglia di ritornare a Palazzo Chigi, ma non con i 5 stelle. Che fare dunque? Le voci che si rincorrono dicono che l'ex presidente del Consiglio ed ex segretario terrà duro fino alla fine, dichiarando di non volere fare alcun accordo con i grillini. E però, quando verrà l'ora della conta in direzione, lascerà che alcuni dei suoi votino contro la linea dell'Aventino. In pratica, facendo finta di essere messo in minoranza, il senatore semplice di Scandicci darà semaforo verde alla nascita di un governo conLuigi Di Maio e compagni. Per quanto lo riguarda, cercherà di assentarsi al momento del voto, preoccupandosi però che i suoi, per disciplina di partito, concedano la fiducia. Pur dicendo sì, Renzi non avrebbe allo stesso tempo alcuna intenzione di rassegnarsi a fare da spettatore. E qui viene la seconda parte della storiella. Trascorsi un po' di mesi, giusto il tempo di lasciar logorare i grillini e di dimostrare la loro impreparazione alla guida del Paese, l'ex premier troverebbe il pretesto per togliere la fiducia da sotto la sedia di Di Maio e compagni, facendo cadere l'esecutivo. A questo punto, strappando anche con il Pd, uscirebbe dal partito per dare vita al movimento che prepara da mesi, ossia a una brutta copia di En marche, il veicolo con cui l'ultimo suo idolo, Emmanuel Macron, ha scalato l'Eliseo. In questo modo il senatore semplice di Scandicci conterebbe di intercettare i voti dei moderati, intestandosi il merito della caduta del governo di Di Maio e compagni. Fantapolitica? Progetto troppo machiavellico? Forse, ma bisogna pure tener presente la storia dell'ex presidente del Consiglio e le molte trame che ha intessuto da quando è in politica, senza dire dei voltafaccia. E poi, viste le sue origini, a Renzi piace somigliare al Principe di Machiavelli.
Fin qui le indiscrezioni su un possibile governo tra 5 stelle e Pd. Tuttavia, l'altra storiella che circola riguarda la soluzione di Sergio Mattarella in caso non si riesca a raggiungere un'intesa fra le forze politiche. Il capo dello Stato ha già fatto trapelare l'idea di un esecutivo del presidente, che in questo caso però verrebbe chiamato governo di traghettamento. Non si sa chi sia disposto a salire sul traghetto, se tutti i partiti dell'arco costituzionale oppure no. Sia M5s che Lega pare non abbiano alcuna voglia di imbarcarsi nell'avventura. Tuttavia, nonostante siano ancora indefiniti i contorni dell'ammucchiata, circolano già varie ipotesi su chi debba guidare la pattuglia di ministri. Scartato per ragioni anagrafiche il nome di Sabino Cassese, ex giudice costituzionale che nelle scorse settimane è stato spesso chiamato in causa, ed accantonato, per indisponibilità della signora a lasciare la sua avviata attività di avvocata, il nome dell'ex ministro della Giustizia, Paola Severino, pare vengano tenuti in caldo due profili di possibili premier d'emergenza. Il primo è quello di Giovanni Legnini, ex sottosegretario nei governi Letta e Renzi e attuale vicepresidente del Csm. Arriva dalle fila del Pd e negli anni al Consiglio superiore della magistratura è stato l'uomo di raccordo con il Viminale ma anche con il Parlamento. Dunque è uno con le mani in pasta, un po' tecnico ma molto politico, con buoni rapporti con diversi partiti. Il profilo numero due invece è quello di Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria. La signora ha fatto gavetta nell'associazione degli imprenditori ma ha un passato anche come consulente della stessa Severino, quando questa era al ministero della Giustizia, il che secondo alcuni la renderebbe idonea a più alti incarichi, al punto che il suo nome era circolato ai tempi di Renzi anche per l'incarico di ministro dello Sviluppo economico. Sarà così? Una cosa è certa ed è che se il 4 marzo gli elettori hanno votato per scegliere da chi farsi governare, né Legnini né Panucci sembrerebbero fare parte della rosa indicata dagli italiani.
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Bisognerà aspettare i comodi del Pd per sapere se potrà nascere un governo con i 5 stelle. Secondo il presidente della Camera, Roberto Fico, l'esplorazione a lui affidata dal capo dello Stato ha dato «esiti positivi, ma si dovrà attendere fino al 3 maggio, giorno in cui Maurizio Martina ha convocato la direzione, per sapere come andrà a finire. Per un'altra settimana saremo dunque costretti ad assistere al consueto conflitto fra Matteo Renzi e la minoranza, un duello che in fondo va avanti da «soli» cinque anni. Il deficit può salire, il Pil rallentare e l'Iva aumentare, ma nulla al mondo può interrompere il lungo congresso del Pd: ne va della vita delle correnti di un partito che vive di correnti.Dunque, prendetevela con calma, affrontate senza pericolo il ponte del primo maggio, perché fino a quando gli onorevoli non avranno terminato la loro vacanza parlamentare non succederà nulla. Se vi dico ciò è nella speranza di tranquillizzarvi dalla paura di brutte sorprese. Al tempo stesso però vi devo raccontare un paio di storielle che circolano negli ambienti romani riguardo alla possibile soluzione della crisi. La prima riguarda proprio il partito guidato dall'ex ministro dell'Agricoltura, partito che da giorni sembra sprofondato in uno psicodramma. Come detto, una parte di esso muore dalla voglia di andare in soccorso dei vincitori, aiutandoli a formare un esecutivo. L'altra, quella che fa capo a Renzi, invece muore dalla voglia di ritornare a Palazzo Chigi, ma non con i 5 stelle. Che fare dunque? Le voci che si rincorrono dicono che l'ex presidente del Consiglio ed ex segretario terrà duro fino alla fine, dichiarando di non volere fare alcun accordo con i grillini. E però, quando verrà l'ora della conta in direzione, lascerà che alcuni dei suoi votino contro la linea dell'Aventino. In pratica, facendo finta di essere messo in minoranza, il senatore semplice di Scandicci darà semaforo verde alla nascita di un governo conLuigi Di Maio e compagni. Per quanto lo riguarda, cercherà di assentarsi al momento del voto, preoccupandosi però che i suoi, per disciplina di partito, concedano la fiducia. Pur dicendo sì, Renzi non avrebbe allo stesso tempo alcuna intenzione di rassegnarsi a fare da spettatore. E qui viene la seconda parte della storiella. Trascorsi un po' di mesi, giusto il tempo di lasciar logorare i grillini e di dimostrare la loro impreparazione alla guida del Paese, l'ex premier troverebbe il pretesto per togliere la fiducia da sotto la sedia di Di Maio e compagni, facendo cadere l'esecutivo. A questo punto, strappando anche con il Pd, uscirebbe dal partito per dare vita al movimento che prepara da mesi, ossia a una brutta copia di En marche, il veicolo con cui l'ultimo suo idolo, Emmanuel Macron, ha scalato l'Eliseo. In questo modo il senatore semplice di Scandicci conterebbe di intercettare i voti dei moderati, intestandosi il merito della caduta del governo di Di Maio e compagni. Fantapolitica? Progetto troppo machiavellico? Forse, ma bisogna pure tener presente la storia dell'ex presidente del Consiglio e le molte trame che ha intessuto da quando è in politica, senza dire dei voltafaccia. E poi, viste le sue origini, a Renzi piace somigliare al Principe di Machiavelli.Fin qui le indiscrezioni su un possibile governo tra 5 stelle e Pd. Tuttavia, l'altra storiella che circola riguarda la soluzione di Sergio Mattarella in caso non si riesca a raggiungere un'intesa fra le forze politiche. Il capo dello Stato ha già fatto trapelare l'idea di un esecutivo del presidente, che in questo caso però verrebbe chiamato governo di traghettamento. Non si sa chi sia disposto a salire sul traghetto, se tutti i partiti dell'arco costituzionale oppure no. Sia M5s che Lega pare non abbiano alcuna voglia di imbarcarsi nell'avventura. Tuttavia, nonostante siano ancora indefiniti i contorni dell'ammucchiata, circolano già varie ipotesi su chi debba guidare la pattuglia di ministri. Scartato per ragioni anagrafiche il nome di Sabino Cassese, ex giudice costituzionale che nelle scorse settimane è stato spesso chiamato in causa, ed accantonato, per indisponibilità della signora a lasciare la sua avviata attività di avvocata, il nome dell'ex ministro della Giustizia, Paola Severino, pare vengano tenuti in caldo due profili di possibili premier d'emergenza. Il primo è quello di Giovanni Legnini, ex sottosegretario nei governi Letta e Renzi e attuale vicepresidente del Csm. Arriva dalle fila del Pd e negli anni al Consiglio superiore della magistratura è stato l'uomo di raccordo con il Viminale ma anche con il Parlamento. Dunque è uno con le mani in pasta, un po' tecnico ma molto politico, con buoni rapporti con diversi partiti. Il profilo numero due invece è quello di Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria. La signora ha fatto gavetta nell'associazione degli imprenditori ma ha un passato anche come consulente della stessa Severino, quando questa era al ministero della Giustizia, il che secondo alcuni la renderebbe idonea a più alti incarichi, al punto che il suo nome era circolato ai tempi di Renzi anche per l'incarico di ministro dello Sviluppo economico. Sarà così? Una cosa è certa ed è che se il 4 marzo gli elettori hanno votato per scegliere da chi farsi governare, né Legnini né Panucci sembrerebbero fare parte della rosa indicata dagli italiani.
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
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i,Hamza Abdi Barre (Getty Images)
La Somalia è intrappolata in una spirale di instabilità sempre più profonda: un’insurrezione jihadista in crescita, un apparato di sicurezza inefficiente, una leadership politica divisa e la competizione tra potenze vicine che alimenta rivalità interne. Il controllo effettivo del governo federale si riduce ormai alla capitale e a poche località satelliti, una sorta di isola amministrativa circondata da gruppi armati e clan in competizione. L’esercito nazionale, logorato, frammentato e privo di una catena di comando solida, non è in grado di garantire la sicurezza nemmeno sulle principali rotte commerciali che costeggiano il Paese. In queste condizioni, il collasso dell’autorità centrale e la caduta di Mogadiscio nelle mani di gruppi ostili rappresentano scenari sempre meno remoti, con ripercussioni dirette sulla navigazione internazionale e sulla sicurezza regionale.
La pirateria somala, un tempo contenuta da pattugliamenti congiunti e operazioni navali multilaterali, è oggi alimentata anche dal radicamento di milizie jihadiste che controllano vaste aree dell’entroterra. Questi gruppi, dopo anni di scontri contro il governo federale e di brevi avanzate respinte con l’aiuto delle forze speciali straniere, hanno recuperato terreno e consolidato le proprie basi logistiche proprio lungo i corridoi costieri. Da qui hanno intensificato sequestri, assalti e sabotaggi, colpendo infrastrutture critiche e perfino centri governativi di intelligence. L’attacco del 2025 contro una sede dei servizi somali, che portò alla liberazione di decine di detenuti, diede il segnale dell’audacia crescente di questi movimenti.
Le debolezze dell’apparato statale restano uno dei fattori decisivi. Nonostante due decenni di aiuti, investimenti e programmi di addestramento militare, le forze somale non riescono a condurre operazioni continuative contro reti criminali e gruppi jihadisti. Il consumo interno di risorse, la corruzione diffusa, i legami di fedeltà clanici e la dipendenza dall’Agenzia dell’Unione africana per il supporto alla sicurezza hanno sgretolato ogni tentativo di riforma. Nel frattempo, l’interferenza politica nella gestione della missione internazionale ha sfiancato i donatori, ridotto il coordinamento e lasciato presagire un imminente disimpegno. A questo si aggiungono le tensioni istituzionali: modifiche costituzionali controverse, una mappa federale contestata e tentativi percepiti come manovre per prolungare la permanenza al potere della leadership attuale hanno spaccato la classe politica e paralizzato qualsiasi risposta comune alla minaccia emergente. Mentre i vertici si dividono, le bande armate osservano, consolidano il controllo del territorio e preparano nuovi colpi contro la navigazione e le città costiere. Sul piano internazionale cresce il numero di governi che, temendo un collasso definitivo del sistema federale, sondano discretamente la possibilità di una trattativa con i gruppi armati. Ma l’ipotesi di una Mogadiscio conquistata da milizie che già controllano ampie aree della costa solleva timori concreti: un ritorno alla pirateria sistemica, attacchi oltre confine e una spirale di conflitti locali che coinvolgerebbe l’intero Corno d’Africa.
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Il presidente eletto del Cile José Antonio Kast e sua moglie Maria Pia Adriasola (Ansa)
Un elemento significativo di queste elezioni presidenziali è stata l’elevata affluenza alle urne, che si è rivelata in aumento del 38% rispetto al 2021. Quelle di ieri sono infatti state le prime elezioni tenute dopo che, nel 2022, è stato introdotto il voto obbligatorio. La vittoria di Kast ha fatto da contraltare alla crisi della sinistra cilena. Il presidente uscente, Gabriel Boric, aveva vinto quattro anni fa, facendo leva soprattutto sull’impopolarità dell’amministrazione di centrodestra, guidata da Sebastián Piñera. Tuttavia, a partire dal 2023, gli indici di gradimento di Boric sono iniziati a crollare. E questo ha danneggiato senza dubbio la Jara, che è stata ministro del Lavoro fino allo scorso aprile. Certo, Kast si accinge a governare a fronte di un Congresso diviso: il che potrebbe rappresentare un problema per alcune delle sue proposte più incisive. Resta tuttavia il fatto che la sua vittoria ha avuto dei numeri assai significativi.
«La vittoria di Kast in Cile segue una serie di elezioni in America Latina che negli ultimi anni hanno spostato la regione verso destra, tra cui quelle in Argentina, Ecuador, Costa Rica ed El Salvador», ha riferito la Bbc. Lo spostamento a destra dell’America Latina è una buona notizia per la Casa Bianca. Ricordiamo che, alcuni giorni fa, Washington a pubblicato la sua nuova strategia di sicurezza nazionale: un documento alla cui base si registra il rilancio della Dottrina Monroe. Per Trump, l’obiettivo, da questo punto di vista, è duplice. Innanzitutto, punta a contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. In secondo luogo, mira ad arginare l’influenza geopolitica della Cina sull’Emisfero occidentale. Vale a tal proposito la pena di ricordare che Boric, negli ultimi anni, ha notevolmente avvicinato Santiago a Pechino. Una linea che, di certo, a Washington non è stata apprezzata.
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