
Il senatore semplice, intervistato su Le Monde, tratteggia la strategia di avvicinamento ai grillini: «Sembrano aver cambiato, speriamo in maniera duratura, orientamento». Poi su Facebook veste i panni del salvatore: «Un governo per evitare il salasso Iva».Dopo mesi trascorsi in giro per l'Italia a presentare il suo libro Un'altra strada, un'altra strada alla fine l'ha imboccata. Lontanissima, anzi opposta, da quella indicata dal senatore di Rignano solo un anno fa, quando tuonava: «Quando vedo certe capriole, sono orgoglioso di aver contribuito a evitare l'accordo tra il Pd e i 5 stelle. Lo ripeto: sono orgoglioso». Chiamatele capriole o voltafaccia, adesso tutto è cambiato e Matteo Renzi vede nell'alleanza con i grillini la salvezza del Paese. C'è chi sostiene che in realtà quello che gli interessa sono le poltrone da preservare e occupare e non il bene degli italiani, ma lui nega convintamente. C'è chi sostiene che così facendo si sfascia quello che resta del Pd e che il segretario Nicola Zingaretti viene scavalcato ed esautorato, ma lui nega anche questo e ancora più convintamente. Insomma sono giorni di indefesso lavoro per Renzi che ha intravvisto nello scenario una possibilità di riscossa dopo i ripetuti schiaffoni elettorali incassati dal suo Pd. Il senatore si dà un gran daffare sui social, alla radio, da palchetti improvvisati, in televisione e concedendo anche interviste a blasonati giornali stranieri come Le Monde. Il fil rouge di tutto questo agitarsi è il nobile sentimento si spianare la strada all'inciucio tra dem e pentastellati, che prima venivano insultati e adesso coccolati e concupiti dalle parole suadenti dell'ex sindaco di Firenze. Prendiamo l'intervista al quotidiano francese della gauche, nel colloquio spiega «il suo tentativo» di trattare con il M5s per cercare di evitare una catastrofe economica e una deriva estremista. Il giornalista Jerome Gautheret, interrompendo il flusso del pensiero renziano, gli fa notare che oggi è aperto al dialogo con il M5s, che in passato però aveva definito «un movimento di estrema destra pericoloso per la democrazia e per l'Europa» e gli chiede come mai abbia cambiato idea. «La situazione è cambiata un po'», risponde il senatore di Rignano, «la Lega sta perseguendo una linea di estrema destra, che considero inaccettabile, mentre il M5s sembra, e si spera sia duraturo, aver cambiato orientamento. Sembra, vedremo se questo accadrà davvero, che voglia prendere le distanze dalla follia della Lega».Come dire che lui sta aspettando Luigi Di Maio a braccia aperte per dar vita a un ribaltone, basta che scarichi Matteo Salvini che, a suo dire, sarebbe responsabile di tutti i mali d'Italia passati e futuri. «Questo governo ha promesso di cambiare tutto. Dopo un anno e due mesi, il suo fallimento è evidente», sbotta dalle colonne di Le Monde, «viene dimostrato che i populisti, una volta al potere, sono incapaci, incompetenti. Per questo, il 20 agosto, voteremo la sfiducia». Piccolo particolare, forse ignorato dal senatore nel suo girovagare estivo: il 20 agosto non è calendarizzata alcuna sfiducia, ergo nessun voto si potrà fare.Anche ieri Renzi è tornato sull'argomento, giocando ancora una volta d'anticipo e infischiandosene di confrontarsi con Zingaretti. Scrive su Facebook: «Prima l'Italia. Poi il Pd, le correnti, le esigenze personali: prima l'Italia», prosegue, «prima le Istituzioni. Siamo pronti a un governo istituzionale per salvare le famiglie dall'aumento dell'Iva e per evitare che l'Italia sia isolata in Europa. E siamo ancora più pronti a fare un'opposizione ancora più dura se grillini e leghisti si rimetteranno insieme per una banale esigenza di poltrone. Per noi la difesa degli italiani viene prima di qualsiasi cosa, anche dei nostri risentimenti personali. Una settimana fa Salvini sembrava invincibile, quattro giorni fa eravamo in campagna elettorale, due giorni fa governo Istituzionale, domani chissà. Una persona seria dopo aver perso si dimette. Costa fatica, lo so bene. Ma dimettersi è un gesto di dignità».Su questo punto bisogna però aprire una doverosa parentesi, perché va bene spararle grosse ma c'è un limite. Ricordiamo che tra le promesse non mantenute di Renzi c'era ritiro dalla vita pubblica in caso di sconfitta al referendum costituzionale. Invece eccolo qui con il suo nuovo post su Facebook e impegnato nel tentativo di riprendersi il Paese con un inciucio: «Salvini non sa che cosa sia la dignità, impaurito com'è. Deve scegliere se salvare la poltrona o salvare la faccia: sceglierà la poltrona per qualche mese, perderà la faccia per sempre», incalza, «noi sempre e per sempre dalla stessa parte: dalla parte delle famiglie italiane, non delle ambizioni personali». Tralasciando il passaggio sulle ambizioni personali, Renzi, conclude con consueto invito ai pentastellati: «Adesso vedremo che cosa farà il M5s: può davvero accadere di tutto». Su questo bisogna dargli ragione, quando entra in gioco lui può davvero accadere tutto.
Palazzo Justus Lipsius a Bruxelles, sede del Consiglio europeo (Ansa)
I burocrati dell’Unione pianificano la ricostruzione del palazzo Lipsius. Per rispettare le norme energetiche scritte da loro.
Ansa
La Casa Bianca, dopo aver disdetto il summit a Budapest, apre uno spiraglio: «Non è escluso completamente». Ma The Donald usa il pugno duro e mette nella lista nera i colossi Rosneft e Lukoil. Il Cremlino: «Atto ostile».
Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa (Ansa)
Sganciato il 19° pacchetto, focalizzato sul Gnl. La replica: «Autodistruttivo». Sui beni il Belgio chiede chiarezza.
2025-10-24
«Giustizia»: La voce chiara e forte di chi si sta mettendo in gioco per un sistema giudiziario migliore e più giusto
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Giustizia affronta il dibattito sulle grandi trasformazioni del diritto, della società e delle istituzioni. Un progetto editoriale che sceglie l’analisi al posto del clamore e il dialogo come metodo.
Perché la giustizia non è solo materia giuridica, ma coscienza civile: è la misura della democrazia e la bussola che orienta il Paese.
Protagonista di questo numero è l’atteso Salone della Giustizia di Roma, presieduto da Francesco Arcieri, ideatore e promotore di un evento che, negli anni, si è imposto come crocevia del mondo giuridico, istituzionale e accademico.
Arcieri rinnova la missione del Salone: unire magistratura, avvocatura, politica, università e cittadini in un confronto trasparente e costruttivo, capace di far uscire la giustizia dal linguaggio tecnico per restituirla alla società. L’edizione di quest’anno affronta i temi cruciali del nostro tempo — diritti, sicurezza, innovazione, etica pubblica — ma su tutti domina la grande sfida: la riforma della giustizia.
Sul piano istituzionale spicca la voce di Alberto Balboni, presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, che individua nella riforma Nordio una battaglia di civiltà. Separare le carriere di giudici e pubblici ministeri, riformare il Consiglio superiore della magistratura, rafforzare la terzietà del giudice: per Balboni sono passaggi essenziali per restituire equilibrio, fiducia e autorevolezza all’intero sistema giudiziario.
Accanto a lui l’intervento di Cesare Parodi dell’Associazione nazionale magistrati, che esprime con chiarezza la posizione contraria dell’Anm: la riforma, sostiene Parodi, rischia di indebolire la coesione interna della magistratura e di alterare l’equilibrio tra accusa e difesa. Un dialogo serrato ma costruttivo, che la testata propone come simbolo di pluralismo e maturità democratica. La prima pagina di Giustizia è dedicata inoltre alla lotta contro la violenza di genere, con l’autorevole contributo dell’avvocato Giulia Buongiorno, figura di riferimento nazionale nella difesa delle donne e nella promozione di politiche concrete contro ogni forma di abuso. Buongiorno denuncia l’urgenza di una risposta integrata — legislativa, educativa e culturale — capace di affrontare il fenomeno non solo come emergenza sociale ma come questione di civiltà. Segue la sezione Prìncipi del Foro, dedicata a riconosciuti maestri del diritto: Pietro Ichino, Franco Toffoletto, Salvatore Trifirò, Ugo Ruffolo e Nicola Mazzacuva affrontano i nodi centrali della giustizia del lavoro, dell’impresa e della professione forense. Ichino analizza il rapporto tra flessibilità e tutela; Toffoletto riflette sul nuovo equilibrio tra lavoro e nuove tecnologie; Trifirò richiama la responsabilità morale del giurista; Ruffolo e Mazzacuva parlano rispettivamente di deontologia nell’era digitale e dell’emergenza carceri. Ampio spazio, infine, ai processi mediatici, un terreno molto delicato e controverso della giustizia contemporanea. L’avvocato Nicodemo Gentile apre con una riflessione sui femminicidi invisibili, storie di dolore taciuto che svelano il volto sommerso della cronaca. Liborio Cataliotti, protagonista della difesa di Wanna Marchi e Stefania Nobile, racconta invece l’esperienza diretta di un processo trasformato in spettacolo mediatico. Chiudono la sezione l’avvocato Barbara Iannuccelli, parte civile nel processo per l’omicidio di Saman, che riflette sulla difficoltà di tutelare la dignità della vittima quando il clamore dei media rischia di sovrastare la verità e Cristina Rossello che pone l’attenzione sulla privacy di chi viene assistito.
Voci da angolature diverse, un unico tema: il fragile equilibrio tra giustizia e comunicazione. Ma i contributi di questo numero non si esauriscono qui. Giustizia ospita analisi, interviste, riflessioni e testimonianze che spaziano dal diritto penale all’etica pubblica, dalla cyber sicurezza alla devianza e criminalità giovanile. Ogni pagina di Giustizia aggiunge una tessera a un mosaico complessivo e vivo, dove il sapere incontra l’esperienza e la passione civile si traduce in parola scritta.
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