
Il leader Iv insulta La Russa e attacca le sorelle Meloni: «Resto qui a dare fastidio».Botti di fine anno nell’aula del Senato, nel corso delle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia posta dal governo sulla manovra, tra Matteo Renzi e Ignazio La Russa. Il leader di Italia viva aveva tre colpi in canna che ha sparato con perfida ironia e annessa caduta di stile: la manovra «inesistente» e «riciclata» di Giorgia Meloni, il proscioglimento legato al caso della Fondazione Open e la cosiddetta «norma anti Renzi». Durante il suo intervento il Rottamatore si è lamentato del brusio in Aula e ha chiesto al presidente del Senato di far rispettare il silenzio, ma La Russa ha replicato che non vi era alcun rumore, anzi il brusio era nella norma, chiedendo a Renzi di evitare di dare lezioni. A quel punto l’ex sindaco di Firenze è sbottato: «Lei, camerata La Russa, deve abituarsi a rispettare l’opposizione in questa aula». Immediata la replica del presidente del Senato: «E lei deve abituarsi ad avere la cortesia di non fuggire dalla verità». Il senatore di Iv ha insistito alludendo all’epiteto «camerata»: «Pensavo di averle fatto un complimento» non senza aggiungere un affondo irrispettoso verso il settantasettenne La Russa: «Il presidente non avverte i rumori, è un problema tipico di un’età incipiente che avanza…». La Russa ha provato a chiudere con una battuta: «Vi prego di ascoltare religiosamente il senatore Renzi» che a quel punto ha attaccato i colleghi della maggioranza: «Presidente io le chiedo solo di recuperare il tempo, che ascoltino è secondario, che capiscano è improbabile». Le scintille erano esplose dopo che l’ex capo del governo, a proposito della sua assoluzione nel processo sulla Fondazione Open, si era rivolto alla maggioranza: «Voi dovreste ricordarvi che dopo anni in cui io sono stato accusato ingiustamente di avere fatto politica rubando i soldi o facendo i favori alla mia famiglia, dei magistrati hanno riconosciuto che era tutto falso» aggiungendo che si sarebbe aspettato anche delle scuse pubbliche da parte dei membri di Fratelli d’Italia «che hanno maciullato me e la mia famiglia». Poi l’attacco sulla manovra «regalo riciclato» di una premier che è «scappata dal dibattito in Parlamento preferendo il vertice in Lapponia per coltivare il suo target di chi crede in Babbo Natale» e che starebbe «violando tutte le regole della democrazia parlamentare con più del 99% dei provvedimenti approvati con una sola lettura. Dovete rispettare la Costituzione, cambiatela se volete». L’ulteriore veleno era scaturito per la norma «anti Renzi» contenuta nella legge di bilancio, ovvero il divieto per i parlamentari di percepire compensi per incarichi da Paesi extra Ue. «Da un mese la presidente del Consiglio ha dato mandato ai suoi uffici di studiare una norma contro di me. Avete fatto una norma sovietica per cui il totale importo di quello che uno guadagna viene passato allo Stato. Quando ci sarà un governo di centrosinistra che lo farà contro di voi non potrete gridare allo scandalo. Berlusconi avrebbe detto che non si fanno le norme per rancore e invidia. La norma non è contro di me, è una norma contro la dignità del Parlamento». E ancora: «Sarò pure antipatico e avrò pure il 2% nei sondaggi, ma sono un dirigente dell’opposizione. A me personalmente non importa: farò una conferenza in meno. Sono stato assolto e sono felice. Ma questo è un precedente gravissimo». E poi l’affondo sul «mandante» della norma: «L’hanno voluta le sorelle Meloni per colpirmi. Sono state Giorgia e Arianna. Perché? Perché io quando faccio campagna elettorale posso arrivare, come alle europee, quasi al 4% e sono voti che valgono doppio perché sono tolti al centrodestra» e ha aggiunto che nella maggioranza molti gli avrebbero espresso solidarietà e avanzato critiche sulla norma, «anche dirigenti di Fdi, anche agli auguri al Quirinale. Chi? Nomi non ne faccio». E ha concluso ironicamente caustico: «Me ne andrei all’estero ma resto qui per dare fastidio…».
Mattia Furlani (Ansa)
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