2020-02-08
Renzi fa il Capitan Fracassa sulla prescrizione e conta sul soccorso dei Responsabili
Il Bullo minaccia di far cadere il governo e attacca il giustizialismo del Pd. Ma confida di far bella figura e non rischiare nulla grazie al voto di chi non vuole tornare alle urne.Far traballare il governo ma senza farlo cadere, per terrorizzare il M5s con lo spettro del voto anticipato. Far apparire il Pd come inginocchiato al giustizialismo grillino. Conquistare i consensi degli avvocati, degli imputati e di tutti quelli che sono contrari alla riforma della prescrizione targata Alfonso Bonafede, strappandoli al centrodestra. Sono gli obiettivi di Matteo Renzi, che non sa più come schiodare Italia viva da quel 3,5% che i sondaggi gli attribuiscono ormai stabilmente, e così alza continuamente la posta. Renzi, quando dice che andrà fino in fondo, non mente: Italia viva, in parlamento, salvo clamorosi colpi di scena, non voterà il lodo Conte bis (inteso come Federico, parlamentare di Leu). L'accordo a tre sottoscritto l'altro ieri sera tra Pd, M5s e Leu prevede lo stop alla prescrizione dopo la condanna in primo grado, che diventa definitivo dopo una seconda condanna in appello, mentre per l'imputato assolto in primo grado lo stop del decorrere della prescrizione non si applicherà. Italia viva non lo voterà, questo provvedimento, confidando sul fatto che la «riforma della riforma» alla Camera avrebbe comunque i numeri per passare, e al Senato li raggiungerebbe grazie a qualche «aiutino» in arrivo dall'opposizione, in particolare da quei senatori che voterebbero qualunque cosa pur di non tornare alle elezioni. Aiutino «responsabile» che non arriverà dalla componente di Forza Italia guidata da Mara Carfagna, che ieri ha escluso che i senatori di Voce libera possano fare da stampella al governo, ma, secondo Renzi, dai peones più peones che ci siano, soprattutto berlusconiani. Un gioco pericoloso, pericolosissimo, quello di Renzi, basato solo e soltanto sulla granitica convinzione che nessuno in parlamento, tranne la Lega e Fratelli d'Italia, ha voglia di tornare alle urne: la maggioranza giallorossa è talmente sgangherata che basta un niente per farla crollare, e gli azzardi possono essere letali, per quanto calcolati. «Assolutamente no: no, no, no», ha risposto ieri Renzi, a Circo Massimo su Radio Capital, alla domanda sulla ipotesi che Iv faccia cadere il governo, o che pensi all'appoggio esterno, perché «vorrebbe dire far dimettere i nostri ministri, che poi sono tre. Noi non vogliamo lasciare. Poi se il presidente del Consiglio vuole che lasciamo, ci mettiamo un quarto d'ora. Sulla giustizia però noi non ci stiamo. Se qualcun altro per mantenere una poltrona è disponibile a diventare socio faccia pure, noi siamo un'altra cosa. Io non ho problemi su questo», ha aggiunto Renzi, «se lui trova i voti nel mondo della destra, io sono contento per loro. Il parlamento è sovrano. Secondo me non hanno la maggioranza, poi se ce l'hanno evviva. Quando sento Zingaretti dire che ci vuole un cambio di passo del governo sono contento, ma poi il Pd cede al populismo del M5s sulla giustizia». Sono volate parole grosse, l'altra sera, nel corso della riunione di maggioranza a Palazzo Chigi, tra renziani e alleati: clima tesissimo, tanto che Ettore Rosato, coordinatore di Iv, al termine del summit ha twittato perentorio: «Leggo che il ministro Bonafede è stanco di Italia viva. Se è così stanco troveremo nelle prossime settimane il modo per farlo riposare». Lo stesso Bonafede, ieri, a chi gli chiedeva se il lodo sulla prescrizione fosse ancora perfezionabile, ha risposto: «No. Poi, per carità, c'è il parlamento che è sovrano e ci sono ancora i passaggi parlamentari, però diciamo che abbiamo fatto otto vertici, ora si va in Consiglio dei ministri su quel testo. Non accetto provocazioni, non è che ogni volta possiamo far valere un diritto di veto. Riconosco grande lealtà a Pd e Leu. Lunedì prossimo in Consiglio dei ministri andrà la riforma del processo penale e contemporaneamente verrà approvato probabilmente un decreto legge, stiamo verificando qual è il veicolo migliore, per concretizzare il cosiddetto lodo Conte bis».«Sulla prescrizione», ha commentato il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, attaccando Renzi, «è evidente, sono stati fatti sostanziali passi avanti e il ministro ha sostanzialmente cambiato posizione. Questa è la verità, tutto il resto è propaganda di chi piccona alleati e non avversari, di chi porta avanti una posizione», ha aggiunto Zingaretti, «che sta diventando ambigua, e se a volte si dice che si attacca il Matteo sbagliato, qualcuno è ossessionato e ha attaccato il partito sbagliato». Paradossale il commento pubblicato ieri su Facebook da Giuseppe Conte: «Non chiedetemi», ha scritto il premier, «se sono garantista o se sono giustizialista. Queste contrapposizioni manichee vanno bene per i titoli dei giornali». Non avevamo dubbi: Giuseppi è riuscito a cambiare alleato (dalla Lega al Pd) con la stessa disinvoltura con la quale cambia la pochette, quindi figuriamoci se ci aspettiamo da lui una presa di posizione chiara su un qualunque argomento. «Queste visioni semplificatrici affidate alle ideologie degli ismi», ha aggiunto Conte, «non mi sono mai piaciute». Poltronismo a parte, of course.
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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