2024-08-12
Sentenza sul Reddito, le carte Inps: «Rischia di costarci tre miliardi»
Giuseppe Conte e Pasquale Tridico (Ansa)
I giudici Ue: illegittimo escludere dal sussidio gli stranieri residenti da 5 anni. Salasso in arrivo. E il magistrato della Corte dei conti calcola quasi 2 miliardi in assegni non dovuti. Un verbale inguaia il cda: traballa lo scudo.La legge sul reddito di cittadinanza, secondo un esplosivo documento interno dell’Inps, potrebbe avere creato un nuovo buco nelle casse dello Stato da circa 3 miliardi di euro, da sommare ai quasi 2 miliardi in assegni distribuiti a pioggia e non dovuti. Un conto da 5 miliardi che, purtroppo, potrebbe crescere ancora, come lasciano prevedere anche gli ultimi accertamenti della Corte dei conti. Procediamo per gradi. Come abbiamo scritto quasi due settimane fa, la Corte di giustizia dell’Unione europea, con una sentenza del 29 luglio scorso, ha bocciato quella parte della norma che stabiliva che i cittadini extracomunitari con meno di dieci anni di residenza in Italia non potevano percepire l’assegno. In due distinti procedimenti penali contro donne straniere, il Tribunale di Napoli, con altrettante ordinanze (datate 16 febbraio e 22 marzo 2022), ha chiesto una pronuncia «pregiudiziale» in Lussemburgo ritenendo la legge sul reddito in contrasto con le norme europee e la Cgue ha confermato il conflitto. La Corte, lo ricordiamo, garantisce l’uniforme applicazione del diritto comunitario in tutti gli Stati membri, dirime le controversie giuridiche tra governi nazionali e istituzioni europee, giudica i ricorsi di singoli cittadini e, su richiesta dei tribunali locali, decide quali principi vadano applicati nei vari procedimenti. Secondo la recente sentenza dell’Ue, il requisito della residenza decennale previsto dalla legge italiana sarebbe in contrasto con la direttiva europea sullo status di soggiornante di lungo periodo che si acquista con la presenza sul territorio per cinque anni ininterrotti.Probabilmente quella parte della norma era il frutto della sintesi del governo giallo-verde tra l’esigenza (grillina) di dare il reddito a quante più persone possibile e il tentativo (leghista) di non regalare l’assegno a eserciti di cittadini stranieri (più o meno) bisognosi. Uno sforzo che le inchieste giudiziarie successive hanno dimostrato essere improntato più al buon senso che non a intenti discriminatori. In ogni caso chi ha scritto la legge non ha tenuto conto del possibile contrasto con le norme europee. La Grande sezione della Corte europea ha stabilito che uno degli articoli della direttiva europea del novembre 2003 «relativa allo status dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo […] deve essere interpretato» come ostativo alla legge italiana che «subordina l’accesso» al reddito dei cittadini extracomunitari «al requisito di aver risieduto in detto Stato membro per almeno dieci anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo, e che punisce con sanzione penale qualsiasi falsa dichiarazione relativa a tale requisito di residenza». La Corte specifica, inoltre, che l’articolo della direttiva va «letto alla luce dell’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea», che è poi questa: «Ogni persona che risieda o si sposti legalmente all’interno dell’Unione ha diritto alle prestazioni di sicurezza sociale e ai benefici sociali, conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali». In base a una recente nota interna dell’istituto (un report elaborato dalla Direzione studi e ricerche e coordinamento generale statistico attuariale), sembra che questo scherzetto potrebbe costare all’Inps 850 milioni di euro di esborso extra (un rischio già denunciato davanti alla Cgue dall’Avvocatura dello Stato) nel caso in cui l’istituto fosse chiamato a risarcire coloro che avevano fatto richiesta dell’assegno e si erano visti respingere la domanda (circa 50.000 persone). Ma questo costo potrebbe lievitare a 3,088 miliardi se si dovesse assicurare il reddito di cittadinanza per i quattro anni in cui è stato in vigore a tutti gli stranieri con meno di dieci anni di residenza in Italia che astrattamente avrebbero potuto percepire il reddito e non l’hanno richiesto perché scoraggiati dai paletti inseriti nella norma e ritenuti in contrasto con l’ordinamento comunitario. Alcuni studi legali, a quanto risulta alla Verità, stanno valutando l’opportunità di intentare una class action contro l’Inps.Dunque l’ente previdenziale, ai tempi in cui era guidato da Pasquale Tridico, e il M5s, che del reddito di cittadinanza ha fatto la propria bandiera, sono così riusciti in un’impresa a dir poco eccezionale ai danni dello Stato. Da un lato non hanno pagato i cittadini stranieri che, secondo la Corte di giustizia, ne avevano, invece, diritto, dall’altro hanno erogato denaro a furbetti e truffatori, a causa dell’assenza dei dovuti controlli preventivi. Dalla segnalazione per danno erariale datata 9 agosto di un anno fa inviata alla Procura della Corte dei conti da Antonio Buccarelli magistrato della Cdc addetto al controllo dell’Inps, risultava un danno erariale di quasi un miliardo di euro. Adesso, l’ultima Relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria dell’Istituto nel 2022, firmata sempre da Buccarelli e pubblicata un mese fa, evidenzia che «la stima dell’indebito aggregato sulle annualità 2019 e 2020 dovrebbe ammontare a circa 900 milioni, cui si aggiungono gli oltre 930 milioni finora accertati per il triennio 2021-2023, di cui risultano, peraltro, piuttosto esigue le percentuali di recupero». Pertanto le erogazioni non dovute ammonterebbero a una cifra superiore a 1,8 miliardi di euro, quasi interamente non recuperati dall’Istituto. E ovviamente il calcolo è per difetto dal momento che i controlli effettuati ex post riguardano solo una parte degli assegni. La relazione ci informa che nel corso del 2022 le domande di prestazione per reddito di cittadinanza accolte dall’Inps sono state complessivamente 1.002.873 con un incremento pari al 12,5 per cento rispetto al 2021. E anche il danno causato dalle erogazioni indebite è aumentato. La causa? Buccarelli la mette nero su bianco: «Nodo critico della prestazione di reddito di cittadinanza è stata l’effettiva attuazione del sistema dei controlli posto a carico dell’Istituto per la verifica del possesso dei requisiti da parte dei richiedenti, al fine di scongiurarne l’indebita erogazione». Per anni l’Inps ha scaricato le responsabilità su Comuni e altre amministrazioni per quegli errori, ma adesso i nodi, per l’appunto, sembrano venire al pettine.Il decreto legge istitutivo del reddito stabiliva che l’Inps avrebbe dovuto verificare «entro cinque giorni lavorativi dalla data di comunicazione […], il possesso dei requisiti per l’accesso al Rdc sulla base delle informazioni disponibili nei propri archivi e in quelli delle amministrazioni collegate». Una circolare successiva, del marzo del 2019, puntualizzava che «la verifica dei predetti requisiti economici» era «a carico esclusivo dell’Inps» e che «gli altri requisiti, autocertificati in domanda» si consideravano «posseduti sino a quando» non fosse intervenuta «comunicazione contraria da parte delle amministrazioni competenti alla verifica degli stessi, anche in sede di controllo successivo […] attivato su iniziativa dell’istituto». Buccarelli specifica, però, che «anche i requisiti di residenza di pertinenza dei Comuni -trattasi, peraltro, di archivi amministrazioni collegate-avrebbero dovuto essere verificati su iniziativa dell’Inps», riducendo a zero le chiacchiere e le scuse dei Tridico boys.I vertici politici dell’istituto di via Ciro il Grande si sono sempre fatti scudo del fatto che la norma di legge non prevedesse espressamente l’obbligo di verificare i requisiti prima di pagare. Insomma, visto che il M5s di Giuseppe Conte, che ha fortemente voluto la misura del reddito di cittadinanza, non lo aveva scritto a chiare lettere, l’Inps a guida Tridico ha abdicato ai propri compiti istituzionali che impongono di svolgere gli opportuni controlli e verifiche dei requisiti prima di liquidare qualsiasi tipo di prestazione. E che le verifiche non siano state fatte consapevolmente dagli organi di vertice dell’Inps, risulta per tabulas. Nelle richieste di chiarimento che la Procura della Corte dei conti ha recentemente indirizzato all’Istituto, si fa riferimento a una seduta del Consiglio di amministrazione, presieduto da Tridico, dalla quale si ricava che la mancanza dei controlli era frutto di una precisa scelta. Nella seduta del 9 dicembre 2020, il consigliere Roberto Lancellotti, consigliere in quota Matteo Renzi con un passato in McKinsey, disegna un quadro allarmante: «Attualmente registriamo un grave ritardo […] le situazioni di evasione fiscale o il fenomeno patologico del mafioso non sono controllabili, ma tutti gli altri elementi debbono esser controllati nel modo più sincrono possibile con l’erogazione della prestazione. Attualmente abbiamo il controllo ex post dell’attività ispettiva, che per definizione riguarda singoli casi e viene svolta su piccoli numeri». Ma l’intervento più interessante è un altro. La consigliera Patrizia Tullini, giuslavorista vicina all’ex ministro del lavoro Nunzia Catalfo e a Tridico, rimarca: «Tutte le prestazioni di carattere previdenziale e assistenziale erogate dall’Inps […] intervengono in situazioni di bisogno […] anche questa prestazione di carattere assistenziale interviene in una situazione di bisogno […] per cui prima si interviene per fronteggiare la situazione di bisogno e poi si controlla che sussistano tutti i requisiti necessari per l’erogazione della prestazione che, diversamente, viene revocata».È tutto chiaro? Prima si paga e poi, eventualmente, si controlla. Un discorso che pare fosse riferito a tutte le prestazioni assistenziali e previdenziali garantite dall’Inps. Dal verbale della seduta non risulta che gli altri consiglieri di amministrazione, a cominciare dall’ex presidente Tridico, abbiano contestato questa linea. All’epoca il cda era composto, oltre che dall’ex Presidente Tridico, dalla consigliera Tullini e dal consigliere Lancellotti, anche dalla vicepresidente Maria Luisa Gnecchi, ex deputata Pd con esperienza nella Cgil (e ora confermata anche nel nuovo cda) e dal consigliere Rosario De Luca, consorte dell’attuale ministro del lavoro Marina Elvira Calderone. Di fronte a tali affermazioni non va dimenticato che il consiglio di amministrazione dell’Inps è l’organo deputato alle scelte di gestione e a fornire le direttive a tutta la tecnostruttura dell’ente.Sul punto, l’attuale consigliere d’amministrazione Fabio Vitale, contattato dalla Verità, assicura: «Ora per fortuna la musica è cambiata e la nuova governance andrà sino in fondo per accertare le responsabilità di tutti coloro che hanno realizzato il danno erariale (già stimato dal magistrato della Corte dei conti addetto al controllo) e di chi ha distribuito soldi pubblici, senza fare verifiche, per mero consenso elettorale». Certamente ci sarà chi invocherà, come risposta a eventuali sanzioni della Corte dei conti, lo «scudo», che limita la responsabilità erariale ai casi di dolo. Ma la norma precisa anche che il salvacondotto «non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente». E, forse, questa puntualizzazione potrebbe rovinare il Ferragosto a più di uno.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.