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2021-05-31
Reddito di cittadinanza. Ma quando lo cancellate?
Ansa
L'ultimo caso clamoroso dei furbetti del reddito di cittadinanza è quello di un romeno di 29 anni che ha vissuto in Italia un solo giorno, giusto il tempo per presentare la richiesta del sussidio. Una volta ottenuta la certezza che avrebbe potuto ritirare i soldi ogni mese, è salito su un aereo ed è tornato in Romania. Ha lasciato la certificazione del Rdc a qualcuno che potesse ritirare i soldi e gli investigatori stanno cercando di capire se se li facesse recapitare su un conto all'estero o se del reddito beneficiasse in realtà qualcuno che non lo aveva richiesto, ma che tramite la tessera dello straniero poteva ritirare tutti i mesi il sussidio. La legge prevede che per richiedere il reddito di cittadinanza sia necessario essere cittadini italiani oppure stranieri residenti in Italia da almeno 10 anni, gli ultimi 2 con una presenza stabile nel Paese. Al romeno quindi è bastato dichiarare il falso per avere l'assegno. Ora è scattata la denuncia e dovrà restituire quanto percepito indebitamente. Ma se è all'estero e i soldi sono depositati su un conto straniero, potrebbe farla franca ancora.
La vicenda è successa nella provincia di Vercelli, dove sono emerse 100 posizioni irregolari su circa 1.000 persone controllate, quindi più o meno il 10%. Il danno allo Stato supera i 400.000 euro. C'è poi il caso recente di 4 stranieri scoperti dai carabinieri nel Pavese che, fornendo documenti falsi, avevano ottenuto i sussidi da dicembre 2019 per un importo complessivo di oltre 15.000 euro. Nei controlli della guardia di finanza un mese fa sono incappate anche persone che avevano vinto al gioco somme importanti ma non le avevano dichiarate.
Queste situazioni sono la punta di un iceberg difficile da quantificare nella sua ampiezza. Solo a Palermo negli ultimi 15 mesi sono stati scovati 500 percettori del sussidio che avevano intascato 500 milioni senza averne diritto. In un'altra operazione dei carabinieri di Gioia Tauro, nella tendopoli calabrese di San Ferdinando, sono stati individuati 177 migranti che avevano incassato il Rdc illegalmente. Secondo i dati dell'Inps sono 64.000 i nuclei familiari a cui negli ultimi due anni è stato revocato il sussidio perché non avevano i requisiti. Solo nel primo trimestre del 2021, il Rdc è stato tolto a 38.000 nuclei mentre nel 2020 ben 26.000 hanno ricevuto la revoca.
Era stato introdotto come una misura temporanea per aiutare chi era senza lavoro a trovare un impiego. Invece il reddito di cittadinanza si sta trasformando in un sussidio permanente, un intoccabile atto dovuto da parte dello Stato verso i ceti meno abbienti. Che la misura funzioni male lo testimonia il fatto che il premier Mario Draghi abbia già silurato Mimmo Parisi, il teorico del Rdc piazzato dai grillini alla guida dell'Anpal, cioè l'ente (ora commissariato) cui era stata affidata la gestione del complesso meccanismo reclutando i navigator per aiutare a trovare lavoro. I navigator non funzionano, il reddito è un oceano di sprechi e abusi, i datori di lavoro non trovano più manodopera perché chi prende il reddito preferisce starsene a casa piuttosto che faticare per poche centinaia di euro in più al mese: non è arrivato il momento di metterci mano? Perché Enrico Letta, invece che prendersela con chi eredita il frutto dei sacrifici paterni, non destina ai giovani parte di questi fondi improduttivi
Le irregolarità ormai non si contano. La più diffusa è proprio la mancanza del requisito di residenza e cittadinanza: nel 2020 ha rappresentato il 74% delle revoche. Nel 2021 è emerso anche che una buona quota di furbetti intascavano l'assegno senza essere affatto in condizione di povertà: il 24% delle situazioni illegali erano di proprietari di auto, moto e barche da diporto; non marginali (19%) coloro che avevano un valore del patrimonio mobiliare sopra la soglia e che pur lavorando continuavano a percepire il reddito (17%). Tra decadenza per perdita dei requisiti e revoche per irregolarità, sono circa 531.000 i nuclei familiari che dal 2019 a oggi hanno perso il diritto. Siccome i nuclei beneficiari sono circa 1.100.000, significa che 1 famiglia su 3 non aveva titolo per incassare l'assegno, il cui importo medio mensile è di 564,22 euro.
Contrariamente agli obiettivi iniziali, il Rdc va per tre quarti all'assistenza: l'inserimento sul mercato del lavoro si è rivelato un flop. Lo si desume analizzando i dati dell'Anpal, l'Agenzia delle politiche attive del lavoro che hanno reclutato 2.600 navigator per seguire i percettori del reddito nella ricerca di un impiego. Su tutti i beneficiari del reddito (oltre 3 milioni), circa 1,3 risultavano occupabili al 31 ottobre 2020, cioè hanno i requisiti professionali per tentare di trovare un impiego. Ma pochissimi lo cercano davvero: meglio non far nulla o svolgere un'attività in nero. Soltanto 352.068 persone hanno avuto almeno un rapporto di lavoro successivo alla domanda di Rdc (il 25,7%). Lo scorso ottobre erano solo 192.851 i rapporti di lavoro ancora attivi. Il 15,4% dei beneficiari ha stipulato un contratto a tempo indeterminato mentre il 65% dei rapporti sono circoscritti a pochi mesi. Il 18,4% ha una durata inferiore al mese, il 51,4% tra i 2 e i 6 mesi e solo una quota del 9,3% supera la soglia dell'anno.
Nonostante questo fallimento, il decreto Sostegni ha finanziato con 1 miliardo il reddito di cittadinanza e prorogato il contratto dei navigator, in scadenza a fine aprile, per tutto il 2021. Per l'anno in corso, inoltre, viene stabilita la sospensione dell'erogazione del Rdc, al posto della decadenza, in caso di uno o più contratti di lavoro a tempo determinato, entro il limite di 10.000 euro, per la durata del contratto e comunque non oltre i sei mesi. Il governo, infatti, stima che nel 2021 per effetto della pandemia, i percettori del Rdc aumenteranno di circa un quarto rispetto al 2020. Il numero dei sussidi erogati contro la povertà crescerà tra il 20% e il 25%, ovvero altre 500.000 persone, forse 700.000. E per i navigator, altri miracolati dal Rdc, si prevede un'infornata nella pubblica amministrazione. Sono in arrivo concorsi per 11.600 posti banditi dalle Regioni per lavorare a tempo indeterminato nei centri per l'impiego, dove attualmente i navigator operano come collaboratori.
«È metadone sociale. La logica dei sussidi non motiva i giovani»
«La spesa per assistenza e per gli incentivi all'occupazione è aumentata ma non si vedono i risultati. Anzi. La povertà assoluta è cresciuta e così pure i giovani disoccupati. Questo dovrebbe far riflettere. Significa che le politiche finora attuate non hanno funzionato e per di più sono un costo ingente per il bilancio pubblico». Lo dice Alberto Brambilla, esperto di previdenza e delle politiche sul lavoro, presidente di Itinerari previdenziali. «È arrivato il momento di rivedere il reddito di cittadinanza. Se continuiamo con la logica dei sussidi andremo a creare una generazione di giovani poco motivati».
Ci dà qualche numero del fenomeno?
«In Italia nel 2008 spendevamo a carico della fiscalità generale, per le forme varie di assistenza, 73 miliardi. I governi Renzi, Gentiloni, Conte 1 e in parte il Conte 2 hanno aggiunto ulteriori spese. Renzi ha introdotto l'Ape social, Gentiloni il reddito minimo di inserimento e il Conte 1 reddito e pensioni di cittadinanza. Alla fine del 2019 sono stati spesi 114 miliardi».
Con che risultati?
«Un governo normale dovrebbe chiedersi se, a fronte di un aumento del 50% della spesa ordinaria, è stata ridotta la povertà. Abbiamo comparato i dati di spesa assistenziale con l'indicatore di povertà assoluta e relativa dell'Istat. Il risultato è stato che se nel 2008 avevamo circa 2,7 milioni di persone in povertà assoluta, nel 2019 abbiamo superato i 5 milioni. E questo in un contesto economico di sviluppo: dal 2017 al 2019 sono stati tre anni buoni. Quindi prima di introdurre qualsiasi strumento ulteriore bisognerebbe domandarsi se la strada che abbiamo finora intrapreso va nella direzione giusta».
Quali sono le distorsioni?
«L'Ape social dà una forma di prepensionamento a carico della collettività. Dal momento che questa formula è rivolta spesso ai disoccupati a cui diamo la pensione piena, dovrebbe diminuire il numero dei poveri. Poi abbiamo il reddito di emergenza. Abbiamo speso 41 miliardi in più strutturali rispetto al 2008 e nello stesso periodo i poveri sono raddoppiati: un Paese che mette nel Piano nazionale di ripresa una somma per il sociale, per prima cosa deve chiedersi se sia questa la strada giusta, oppure è assistenzialismo puro. Io lo chiamo il metadone sociale: produce un numero maggiore di poveri e un numero minore di occupati. I numeri sono incontrovertibili, perché sono forniti dal Mef e dall'Istat».
Cioè più si spende in assistenza e più i poveri aumentano?
«L'Istat dice che aumentano i soggetti con fragilità, per esempio con dipendenze da droghe, alcol, ludopatia, disfunzioni alimentari. Se a questi “poveri" diamo solo soldi senza farli uscire dalla condizione di fragilità e tanto meno dalla povertà avviandoli al lavoro, la strada è sbagliata».
Che si dovrebbe fare?
«Dovremmo imitare i modelli scandinavi. Questi soggetti “poveri" vanno presi in carico dai servizi sociali, psicologi, biologi alimentari e così via, in modo che possano essere recuperate al lavoro uscendo dalla povertà. Non prestazioni esclusivamente di natura economica, ma di servizi. Se a un tossicodipendente do 300 euro e lo lascio solo, è molto probabile che spenda questi soldi in droga: non uscirà mai da quella situazione e la sua famiglia sarà sempre più povera. È sbagliato il metodo di welfare perché indiscriminato, fa fede solo l'Isee che sappiamo può essere falsificato e le cronache di questi giorni lo confermano: 6 casi su 10 sono falsi.»
Il reddito di cittadinanza è un incentivo a non cercare un'occupazione?
«Se a un giovane verso un sussidio da prelevare in contanti, senza nemmeno la giustificazione di una spesa, ditemi che interesse ha ad alzarsi presto per impegnarsi in lavori che pagano poco più del sussidio. Il Rdc è il più grande produttore di lavoro sommerso. I 5s da un lato fanno il cashback che costa miliardi e non combatte il nero, dall'altro erogano 5-7 miliardi di prestazioni assistenziali in contanti. Quindi chi vuole fare il nero non ha problemi. Chi prende 700 euro netti al mese, che interesse ha a trovarsi un lavoro regolare, cioè fare fatica e in più spendere per benzina, mezzi pubblici e pausa pranzo? Il Rdc penalizza l'occupazione, fa crescere la povertà e aumenta il nero».
L'ultima novità assistenziale è la paghetta da 10.000 euro ai diciottenni proposta da Enrico Letta.
«Occorre puntare sulle politiche attive del lavoro, sull'alternanza scuola e lavoro e sulla formazione. La mia generazione, quella degli anni Cinquanta, cominciava a lavorare a 14 anni e studiava di sera: le opportunità oggi sono maggiori di ieri. Che i giovani siano penalizzati è purtroppo un luogo comune, a parte l'enorme debito pubblico che gli lasciamo sulle spalle. In questa società chi ha buone idee può migliorare molto la sua posizione, altro che blocco dell'ascensore sociale. Bisogna premiare chi apre una startup, non aiutare quelli che non studiano e non lavorano. Con la proposta di Letta corriamo il rischio che questi 10.000 euro vadano nuovamente a coloro che non hanno voglia di fare nulla. E poi chi stabilirà se l'erede cui tassare la successione è uno sciocco, mentre il beneficiario del gruzzoletto è meritevole? Nel “Paese dei diritti" meno Stato favorisce sviluppo e responsabilità ma soprattutto l'assunzione di maggiori doveri: sono questi ultimi il vero ascensore sociale».
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Tra furbetti che ne approfittano e navigator che non funzionano, l'assegno grillino è sempre più inadeguato. Non basta commissariare l'Anpal, bisogna riformare l'intero meccanismo per creare nuova occupazione.L'esperto di previdenza, Alberto Brambilla: «Fa aumentare il numero di poveri senza creare lavoro. E dà una spinta al commercio in nero».Lo speciale contiene due articoli.L'ultimo caso clamoroso dei furbetti del reddito di cittadinanza è quello di un romeno di 29 anni che ha vissuto in Italia un solo giorno, giusto il tempo per presentare la richiesta del sussidio. Una volta ottenuta la certezza che avrebbe potuto ritirare i soldi ogni mese, è salito su un aereo ed è tornato in Romania. Ha lasciato la certificazione del Rdc a qualcuno che potesse ritirare i soldi e gli investigatori stanno cercando di capire se se li facesse recapitare su un conto all'estero o se del reddito beneficiasse in realtà qualcuno che non lo aveva richiesto, ma che tramite la tessera dello straniero poteva ritirare tutti i mesi il sussidio. La legge prevede che per richiedere il reddito di cittadinanza sia necessario essere cittadini italiani oppure stranieri residenti in Italia da almeno 10 anni, gli ultimi 2 con una presenza stabile nel Paese. Al romeno quindi è bastato dichiarare il falso per avere l'assegno. Ora è scattata la denuncia e dovrà restituire quanto percepito indebitamente. Ma se è all'estero e i soldi sono depositati su un conto straniero, potrebbe farla franca ancora.La vicenda è successa nella provincia di Vercelli, dove sono emerse 100 posizioni irregolari su circa 1.000 persone controllate, quindi più o meno il 10%. Il danno allo Stato supera i 400.000 euro. C'è poi il caso recente di 4 stranieri scoperti dai carabinieri nel Pavese che, fornendo documenti falsi, avevano ottenuto i sussidi da dicembre 2019 per un importo complessivo di oltre 15.000 euro. Nei controlli della guardia di finanza un mese fa sono incappate anche persone che avevano vinto al gioco somme importanti ma non le avevano dichiarate.Queste situazioni sono la punta di un iceberg difficile da quantificare nella sua ampiezza. Solo a Palermo negli ultimi 15 mesi sono stati scovati 500 percettori del sussidio che avevano intascato 500 milioni senza averne diritto. In un'altra operazione dei carabinieri di Gioia Tauro, nella tendopoli calabrese di San Ferdinando, sono stati individuati 177 migranti che avevano incassato il Rdc illegalmente. Secondo i dati dell'Inps sono 64.000 i nuclei familiari a cui negli ultimi due anni è stato revocato il sussidio perché non avevano i requisiti. Solo nel primo trimestre del 2021, il Rdc è stato tolto a 38.000 nuclei mentre nel 2020 ben 26.000 hanno ricevuto la revoca. Era stato introdotto come una misura temporanea per aiutare chi era senza lavoro a trovare un impiego. Invece il reddito di cittadinanza si sta trasformando in un sussidio permanente, un intoccabile atto dovuto da parte dello Stato verso i ceti meno abbienti. Che la misura funzioni male lo testimonia il fatto che il premier Mario Draghi abbia già silurato Mimmo Parisi, il teorico del Rdc piazzato dai grillini alla guida dell'Anpal, cioè l'ente (ora commissariato) cui era stata affidata la gestione del complesso meccanismo reclutando i navigator per aiutare a trovare lavoro. I navigator non funzionano, il reddito è un oceano di sprechi e abusi, i datori di lavoro non trovano più manodopera perché chi prende il reddito preferisce starsene a casa piuttosto che faticare per poche centinaia di euro in più al mese: non è arrivato il momento di metterci mano? Perché Enrico Letta, invece che prendersela con chi eredita il frutto dei sacrifici paterni, non destina ai giovani parte di questi fondi improduttiviLe irregolarità ormai non si contano. La più diffusa è proprio la mancanza del requisito di residenza e cittadinanza: nel 2020 ha rappresentato il 74% delle revoche. Nel 2021 è emerso anche che una buona quota di furbetti intascavano l'assegno senza essere affatto in condizione di povertà: il 24% delle situazioni illegali erano di proprietari di auto, moto e barche da diporto; non marginali (19%) coloro che avevano un valore del patrimonio mobiliare sopra la soglia e che pur lavorando continuavano a percepire il reddito (17%). Tra decadenza per perdita dei requisiti e revoche per irregolarità, sono circa 531.000 i nuclei familiari che dal 2019 a oggi hanno perso il diritto. Siccome i nuclei beneficiari sono circa 1.100.000, significa che 1 famiglia su 3 non aveva titolo per incassare l'assegno, il cui importo medio mensile è di 564,22 euro.Contrariamente agli obiettivi iniziali, il Rdc va per tre quarti all'assistenza: l'inserimento sul mercato del lavoro si è rivelato un flop. Lo si desume analizzando i dati dell'Anpal, l'Agenzia delle politiche attive del lavoro che hanno reclutato 2.600 navigator per seguire i percettori del reddito nella ricerca di un impiego. Su tutti i beneficiari del reddito (oltre 3 milioni), circa 1,3 risultavano occupabili al 31 ottobre 2020, cioè hanno i requisiti professionali per tentare di trovare un impiego. Ma pochissimi lo cercano davvero: meglio non far nulla o svolgere un'attività in nero. Soltanto 352.068 persone hanno avuto almeno un rapporto di lavoro successivo alla domanda di Rdc (il 25,7%). Lo scorso ottobre erano solo 192.851 i rapporti di lavoro ancora attivi. Il 15,4% dei beneficiari ha stipulato un contratto a tempo indeterminato mentre il 65% dei rapporti sono circoscritti a pochi mesi. Il 18,4% ha una durata inferiore al mese, il 51,4% tra i 2 e i 6 mesi e solo una quota del 9,3% supera la soglia dell'anno.Nonostante questo fallimento, il decreto Sostegni ha finanziato con 1 miliardo il reddito di cittadinanza e prorogato il contratto dei navigator, in scadenza a fine aprile, per tutto il 2021. Per l'anno in corso, inoltre, viene stabilita la sospensione dell'erogazione del Rdc, al posto della decadenza, in caso di uno o più contratti di lavoro a tempo determinato, entro il limite di 10.000 euro, per la durata del contratto e comunque non oltre i sei mesi. Il governo, infatti, stima che nel 2021 per effetto della pandemia, i percettori del Rdc aumenteranno di circa un quarto rispetto al 2020. Il numero dei sussidi erogati contro la povertà crescerà tra il 20% e il 25%, ovvero altre 500.000 persone, forse 700.000. E per i navigator, altri miracolati dal Rdc, si prevede un'infornata nella pubblica amministrazione. Sono in arrivo concorsi per 11.600 posti banditi dalle Regioni per lavorare a tempo indeterminato nei centri per l'impiego, dove attualmente i navigator operano come collaboratori.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/reddito-di-cittadinanza-ma-quando-lo-cancellate-2653155496.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="e-metadone-sociale-la-logica-dei-sussidi-non-motiva-i-giovani" data-post-id="2653155496" data-published-at="1622400581" data-use-pagination="False"> «È metadone sociale. La logica dei sussidi non motiva i giovani» «La spesa per assistenza e per gli incentivi all'occupazione è aumentata ma non si vedono i risultati. Anzi. La povertà assoluta è cresciuta e così pure i giovani disoccupati. Questo dovrebbe far riflettere. Significa che le politiche finora attuate non hanno funzionato e per di più sono un costo ingente per il bilancio pubblico». Lo dice Alberto Brambilla, esperto di previdenza e delle politiche sul lavoro, presidente di Itinerari previdenziali. «È arrivato il momento di rivedere il reddito di cittadinanza. Se continuiamo con la logica dei sussidi andremo a creare una generazione di giovani poco motivati». Ci dà qualche numero del fenomeno? «In Italia nel 2008 spendevamo a carico della fiscalità generale, per le forme varie di assistenza, 73 miliardi. I governi Renzi, Gentiloni, Conte 1 e in parte il Conte 2 hanno aggiunto ulteriori spese. Renzi ha introdotto l'Ape social, Gentiloni il reddito minimo di inserimento e il Conte 1 reddito e pensioni di cittadinanza. Alla fine del 2019 sono stati spesi 114 miliardi». Con che risultati? «Un governo normale dovrebbe chiedersi se, a fronte di un aumento del 50% della spesa ordinaria, è stata ridotta la povertà. Abbiamo comparato i dati di spesa assistenziale con l'indicatore di povertà assoluta e relativa dell'Istat. Il risultato è stato che se nel 2008 avevamo circa 2,7 milioni di persone in povertà assoluta, nel 2019 abbiamo superato i 5 milioni. E questo in un contesto economico di sviluppo: dal 2017 al 2019 sono stati tre anni buoni. Quindi prima di introdurre qualsiasi strumento ulteriore bisognerebbe domandarsi se la strada che abbiamo finora intrapreso va nella direzione giusta». Quali sono le distorsioni? «L'Ape social dà una forma di prepensionamento a carico della collettività. Dal momento che questa formula è rivolta spesso ai disoccupati a cui diamo la pensione piena, dovrebbe diminuire il numero dei poveri. Poi abbiamo il reddito di emergenza. Abbiamo speso 41 miliardi in più strutturali rispetto al 2008 e nello stesso periodo i poveri sono raddoppiati: un Paese che mette nel Piano nazionale di ripresa una somma per il sociale, per prima cosa deve chiedersi se sia questa la strada giusta, oppure è assistenzialismo puro. Io lo chiamo il metadone sociale: produce un numero maggiore di poveri e un numero minore di occupati. I numeri sono incontrovertibili, perché sono forniti dal Mef e dall'Istat». Cioè più si spende in assistenza e più i poveri aumentano? «L'Istat dice che aumentano i soggetti con fragilità, per esempio con dipendenze da droghe, alcol, ludopatia, disfunzioni alimentari. Se a questi “poveri" diamo solo soldi senza farli uscire dalla condizione di fragilità e tanto meno dalla povertà avviandoli al lavoro, la strada è sbagliata». Che si dovrebbe fare? «Dovremmo imitare i modelli scandinavi. Questi soggetti “poveri" vanno presi in carico dai servizi sociali, psicologi, biologi alimentari e così via, in modo che possano essere recuperate al lavoro uscendo dalla povertà. Non prestazioni esclusivamente di natura economica, ma di servizi. Se a un tossicodipendente do 300 euro e lo lascio solo, è molto probabile che spenda questi soldi in droga: non uscirà mai da quella situazione e la sua famiglia sarà sempre più povera. È sbagliato il metodo di welfare perché indiscriminato, fa fede solo l'Isee che sappiamo può essere falsificato e le cronache di questi giorni lo confermano: 6 casi su 10 sono falsi.» Il reddito di cittadinanza è un incentivo a non cercare un'occupazione? «Se a un giovane verso un sussidio da prelevare in contanti, senza nemmeno la giustificazione di una spesa, ditemi che interesse ha ad alzarsi presto per impegnarsi in lavori che pagano poco più del sussidio. Il Rdc è il più grande produttore di lavoro sommerso. I 5s da un lato fanno il cashback che costa miliardi e non combatte il nero, dall'altro erogano 5-7 miliardi di prestazioni assistenziali in contanti. Quindi chi vuole fare il nero non ha problemi. Chi prende 700 euro netti al mese, che interesse ha a trovarsi un lavoro regolare, cioè fare fatica e in più spendere per benzina, mezzi pubblici e pausa pranzo? Il Rdc penalizza l'occupazione, fa crescere la povertà e aumenta il nero». L'ultima novità assistenziale è la paghetta da 10.000 euro ai diciottenni proposta da Enrico Letta. «Occorre puntare sulle politiche attive del lavoro, sull'alternanza scuola e lavoro e sulla formazione. La mia generazione, quella degli anni Cinquanta, cominciava a lavorare a 14 anni e studiava di sera: le opportunità oggi sono maggiori di ieri. Che i giovani siano penalizzati è purtroppo un luogo comune, a parte l'enorme debito pubblico che gli lasciamo sulle spalle. In questa società chi ha buone idee può migliorare molto la sua posizione, altro che blocco dell'ascensore sociale. Bisogna premiare chi apre una startup, non aiutare quelli che non studiano e non lavorano. Con la proposta di Letta corriamo il rischio che questi 10.000 euro vadano nuovamente a coloro che non hanno voglia di fare nulla. E poi chi stabilirà se l'erede cui tassare la successione è uno sciocco, mentre il beneficiario del gruzzoletto è meritevole? Nel “Paese dei diritti" meno Stato favorisce sviluppo e responsabilità ma soprattutto l'assunzione di maggiori doveri: sono questi ultimi il vero ascensore sociale».
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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