2025-05-10
Le banche tedesche lo ammettono: con il riarmo esploderanno i profitti
Lars Klingbeil, ministro delle Finanze tedesco (Ansa)
Deutsche Bank crea un team ad hoc per finanziare le imprese della Difesa di Berlino. Commerz presenta conti record e annuncia nuovi ricavi grazie alle guerre. Intanto il ministro delle Finanze, Lars Klingbeil, chiude la porta a Unicredit.I piani di riarmo (impossibile scindere il ReArm e Readiness 2030 Ue che dir si voglia dai progetti bellicisti di Berlino) devono ancora sparare i primi colpi e le banche tedesche fanno già i conti con i profitti che potranno portare a casa. C’è chi, come Deutsche Bank, è arrivato a creare un team dedicato per aumentare i finanziamenti all’industria della difesa. E chi, è il caso di Commerzbank, non ha timore di esprimere in chiaro (l’amministratore delegato Bettina Orlopp ne ha parlato in un’intervista rilasciata a Bloomberg Television) che la corsa verso gli armamenti «sarà uno stimolo importante» per l’economia del Paese in primis e quindi anche per Commerz che ha storicamente buoni rapporti con le aziende belliche. Deutsche Bank in realtà si è mossa da tempo. Già nel mese di marzo aveva istituito un gruppo di lavoro per la difesa e le infrastrutture che andava a intersecarsi con tutti i prodotti della banca e adesso visto che i venti di guerra (dall’Ucraina a Gaza fino al neoentrato conflitto tra Pakistan e India) più che affievolirsi sembrano accelerare sta programmando nuovi investimenti. A oggi il team è composto da circa 30 persone che nell’arco di un paio di mesi hanno avviato ventina di nuove operazioni tra fusioni, acquisizioni e finanziamenti. Se il ritmo è questo, devono aver pensato i manager dell’istituto con sede a Francoforte, vale la pena metterne al lavoro delle altre per chiudere quanti più affari è possibile. Il focus sono i gruppi tedeschi, e del resto Berlino nei prossimi anni (a prescindere dai fondi Ue) intende iniettare nel sistema della difesa circa 500 miliardi, ma in questo contesto è impossibile non guardare anche oltreconfine. Fabrizio Campelli, responsabile del corporate e investment banking dell’istituto, ha evidenziato che Deutsche sta già finanziando circa 400 aziende del settore a livello globale e intende aggiungerne molte altre nei prossimi anni. «Non si tratta di passare da 400 a 450», si è lasciato andare in un impeto di ottimismo, «ma di un aumento significativo. Se gli obiettivi di spesa della Nato dovessero passare dal 2% al 3,5% del Pil nei prossimi 3-5 anni, ciò potrebbe tradursi in oltre 1.000 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi necessari in Europa». Ecco perché Deutsche Bank sta offrendo ai clienti del settore della difesa un po’ di tutto i pezzi forti del suo listino: si parte dai prestiti garantiti e si arriva fino a soluzioni di project finance, export finance e di supporto (quotazione) all’ingresso nel mercato dei capitali. Le parole sono diverse, ma anche i manager di Commerzbank hanno annusato da tempo che intorno a droni, aerei militari, satelliti, carri armati e munizioni girerà una fetta consistente dell’economia europea del futuro e ci si stanno fiondando. «Abbiamo relazioni molto forti con i produttori della difesa, ma anche con i loro fornitori e con i conglomerati», ha spiegato a Bloomberg l’ad, «e, quindi, pensiamo che sarà un buon stimolo, non solo per l’economia tedesca, ma anche per Commerzbank». L’aumento della spesa pubblica per gli armamenti, ha fatto capire nelle dichiarazioni degli ultimi giorni la Orlopp, aiuterà a compensare il deficit da dazi che sta colpendo l’economia tedesca.La stessa Orlopp, ieri per Commerzbank era giornata di conti, ha spiegato che su Unicredit «non è cambiato nulla». Rinvigorita anche dalle prospettive di aumentare i profitti grazie alla ventata bellicista che sta animando l’Europa e dalla trimestrale record (l’utile è cresciuto del 12%, raggiungendo gli 834 milioni di euro, e i ricavi hanno fatto altrettanto), l’ad ha sottolineato che l’intenzione è quella di «focalizzarsi sulla strategia stand alone, sul raggiungere i risultati e creare valore per i nostri stakeholder chiave». Unicredit ha circa il 28% della banca tedesca ma deve fare i conti con l’ostilità dell’istituto di Francoforte e del governo di Berlino, senza contare che anche sull’altra partita, quelle italiana per Banco Bpm, le acque sono abbastanza agitate. Insomma, cosa succederà? «Per quanto riguarda Unicredit», ha evidenziato laconica l’ad, «è chiaro che se qualcosa arriverà sul tavolo (riferendosi a un’eventuale offerta della banca italiana ndr) valuteremo le opzioni». Ma il vero strappo di ieri porta la firma del neonato governo Merz. Il ministro delle Finanze Lars Klingbeil, infatti, non ha usato mezzi termini con la Deutsche Presse-Agentur. «Puntiamo sull’indipendenza di Commerzbank», ha spiegato, «un approccio ostile come quello di Unicredit è inaccettabile. Ciò vale in particolare quando si tratta di una banca di importanza sistemica come la Commerz». Che con l’industria della difesa da finanziare in fretta e furia diventa ancora più strategica.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)