2025-07-04
Via italiana al riarmo: nelle spese militari anche porti, cantieri, ferrovie e strade
Il governo punta a raggiungere il 5% del Pil investendo pure in infrastrutture. Guido Crosetto: «Non sarà toccato il welfare».Il premier inglese sostiene Rachel Reeves, in lacrime in Aula dopo gli attacchi per la sforbiciata ai sussidi. Il pianto innervosisce i mercati: valuta in calo e rimbalzo dei titoli di Stato.Lo speciale contiene due articoli«The Italian Job». Così l’agenzia di stampa americana Reuters chiama quella che potremmo definire la via italiana al riarmo. Una formula che se accettata da Nato e Commissione europea, è già in predicato di diventare un modello anche per altri Paesi.Il nuovo obiettivo infatti, fissato al 5% di cui un 1,5% in sicurezza e il 3,5% in spese militari, rischia di essere proibitivo come già scritto, soprattutto per quei Paesi che hanno un alto debito pubblico come l’Italia o la Spagna. Poco il margine di manovra fiscale ed è per questo che il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, per evitare di far crescere ancora il debito, ha già chiarito che non ricorrerà alla clausola di salvaguardia, lo strumento messo in campo dalla Commissione europea per permettere di escludere le spese della difesa dal patto di stabilità. Tuttavia per il governo italiano una via che non preveda tagli allo stato sociale ci sarebbe e in parte lo ha già dimostrato. L’Italia a maggio di quest’anno ha portato le spese militari al 2% del Pil, come richiesto dall’Alleanza ai suoi membri nel 2014. L’obiettivo è stato raggiunto tramite una serie di modifiche contabili, con l’inclusione di voci precedentemente escluse come le pensioni dei soldati e la guardia costiera. Arrivare al 3,5% però sarà decisamente più difficile. Si tratta di un aumento di spesa di oltre 60 miliardi. Per questo si sta prendendo in considerazione l’inclusione di infrastrutture civili come porti, cantieri navali, ferrovie, strade. L’Italia prevede di investire 206 miliardi sulle ferrovie e 162 miliardi per le strade e le autostrade.«Gran parte degli investimenti infrastrutturali previsti rientra nei parametri Nato perché hanno applicazioni a duplice uso», ha spiegato il viceministro dei Trasporti, Edoardo Rixi, a Reuters. La Commissione poi ha aggiunto che spetta all’Italia decidere se la finalità principale di un’infrastruttura sia militare o civile.Anche un commento del ministro della Difesa Guido Crosetto lascia intendere che la direzione sia questa: «L’1,5% è già in bilancio, non sarà toccata la spesa sociale». E quel 3,5%, sottolinea Crosetto, andrebbe utilizzato per «ricerca e sviluppo, intelligenza artificiale, cyber e umanoidi. Ogni giorno riceviamo atti di guerra cyber, non sono bombe ma sono attacchi ostili di guerra». Secondo il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, per l’Europa è giunto il momento «del salto di qualità, dobbiamo assumerci le nostre responsabilità per realizzare il pilastro europeo della Nato e, in prospettiva, una Difesa europea integrata. Era il sogno di De Gasperi e Berlusconi». E poi: «Dietro l’aumento deciso dalla Nato non ci sono “svolte belliciste”, investire in sicurezza è un concetto molto più ampio che acquistare bombe o carri armati. Significa innanzitutto rafforzare il nostro impegno per la pace».Reuters riporta anche le dichiarazioni di un funzionario Nato, parole che rappresentano un assist per l’Italia. «Abbiamo bisogno di reti di trasporto civili in grado di supportare la mobilità militare. Oltre a carri armati, caccia e navi da guerra, abbiamo bisogno di strade, ferrovie e porti». E l’Italia ha già individuato progetti infrastrutturali strategici necessari per un valore di ben 483 miliardi di euro: si va dai porti di Trieste e Genova da ammodernare, al cantiere navale di La Spezia. «Se si deve costruire, riparare e manutenere navi militari, nonché trasportare truppe e attrezzature militari, è necessario disporre di infrastrutture adeguate», ha spiegato ancora Rixi. Notizie che in teoria dovrebbero essere musica per le orecchie dei pacifisti del Movimento 5 stelle, eppure sembra non essere così. Appare quanto meno incoerente la posizione assunta ieri dal presidente Giuseppe Conte che, intervenendo nel corso dell’audizione dei ministri Tajani e Crosetto in commissione alla Camera, ha detto: «Sottoscrivete un 5% di aumento della spesa in difesa e ci raccontate che non ci saranno conseguenze per il welfare. Ma come fate a prendere in giro gli italiani? Abbiamo 5,7 milioni di poveri, stiamo tagliando e siamo in una situazione disastrata. I nostri statisti scaricano a futura memoria». E poi: «Se a Bruxelles sottoscrivi un piano di riarmo da 800 miliardi, dove tutti i Paesi che hanno capacità fiscale, a partire dalla Germania, potranno ingrassare e convertire le loro industrie per produrre missili e carri armati e lo faranno usando i fondi di coesione di cui noi non possiamo beneficiare perché non abbiamo questa capacità fiscale, noi non potremo partecipare a questa torta, facendo un favore agli altri sfasceremo completamente il mercato comune europeo. Questa non è lealtà tra alleati, ma sudditanza». E ancora, durissimo: «La coperta è corta per tutti, famiglie e imprese italiane, ma l’importante è che tenga sempre ben al caldo i soliti noti, come le banche che hanno fatto utili pazzeschi e come i padroni delle armi e i fondi di investimento che si sono fiondati a lucrare su ingenti ritorni». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/rearm-eu-italia-infrastrutture-difesa-2672599283.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="starmer-difende-i-tagli-giu-la-sterlina" data-post-id="2672599283" data-published-at="1751585292" data-use-pagination="False"> Starmer difende i tagli, giù la sterlina Lacrime sui tagli allo stato sociale. Un copione in Italia ben conosciuto tanti anni fa. Da due giorni è in cartellone a Westminster. Da un lato c’è Rachel Reeves, il ministro delle Finanze (da quelle parti si chiama Cancelliere dello Scacchiere) in lacrime: una versione 2.0 di Elsa Fornero al tempo della riforma delle pensioni. Dall’altro, Keir Starmer, il premier laburista, che sembra un regista incapace di gestire il cast. Se non bastasse, la sterlina decide di fare un giro sulle montagne russe, con la curva che tocca il livello più basso all’ora del tè.La scena che ha tenuto in ansia Westminster ha avuto per protagonista una Reeves visibilmente scossa. Durante il dibattito parlamentare il ministro è scoppiato in lacrime, travolto dalla pressione politica e dalle critiche. Tanto più che Starmer, il suo capitano, era concentrato più sulle telecamere che sui lucciconi della collega. Un dramma. La cancelliera dello Scacchiere non è riuscita a trattenere la frustrazione, mentre i deputati del suo partito contestavano i tagli al welfare.Starmer cercava di giustificare la sua indifferenza spiegando che il pianto della Reeves era dovuto a «motivi personali». Nessuna difesa. Almeno in un primo momento.Il ministro infatti, aveva appena annunciato la riforma del welfare. Un piano che include tagli ai sussidi per disabili e lavoratori in malattia. Inaccettabile per una maggioranza di sinistra . Ben 42 deputati hanno firmato una petizione contro il piano. Starmer ha capito che la situazione stava sfuggendo di mano, e ha fatto marcia indietro. Davanti agli occhi ha visto danzare il ricordo di Liz Truss, rimasta in carica appena quaranta giorni perché la sua legge finanziaria si era infranta contro l’iceberg dell’impopolaritàSe le lacrime della Reeves sembravano un colpo di teatro, la reazione dei mercati è stata ancora più spettacolare.Purtroppo poco divertente per il governo. I titoli di Stato britannici hanno registrato una vertiginosa impennata nei rendimenti al 4,61%, il livello più alto dal disastroso crollo del mercato obbligazionario globale di aprile. Un altro segnale che le Borse hanno paura dell’attuale maggioranza. Come se non bastasse, la sterlina ha perso colpi contro il dollaro e l’euro, precipitando rispettivamente dello 0,9% e dello 0,7%. Un pugile stordito che non riesce a rimettersi in piedi.L’instabilità economica, già latente da tempo, ha trovato nella politica economica di Starmer l’ alibi perfetto. Il premier, che nel suo programma elettorale aveva promesso un cambio di rotta rispetto al passato, si è trovato a fare i conti con un equilibrio delicato. Da un lato, doveva difendere il ministro delle Finanze e il piano di riforma, dall’altro, sapeva che i mercati finanziari non perdonano errori di manovra, soprattutto quando si tratta di welfare e tasse sulle imprese.Come se non bastasse, l’intero governo laburista si sta preparando ad affrontare una battaglia che ha il sapore di un incubo.In questo clima di incertezza, che ha trasformato il palazzo di Westminster nel set di un film drammatico con tendenze tragicomiche, resta da chiedersi: cosa succederà se il ministro Reeves non riuscirà a rimanere sulla sua poltrona? E soprattutto, riuscirà il premier Keir Starmer a resistere alla pressione di un mercato che sembra pronto a scagliarsi contro la sua leadership?Di certo c’è solo che le lacrime del ministro non bastano a fermare la discesa della sterlina.
Paolo Mazzoleni e Stefano Lo Russo (Ansa)
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