2025-07-04
Per i pm il carabiniere era troppo vicino allo scooter di Ramy
Chiuse le indagini sull’incidente di Milano: rischiano il processo per omicidio stradale il militare e l’amico Fares. Critiche da Fdi.La Procura di Milano ha chiuso le indagini sulla morte di Ramy Elgaml, il diciannovenne egiziano deceduto a Milano lo scorso 24 novembre durante un inseguimento con i carabinieri. In questa vicenda sono indagati l’amico della vittima, Fares Bouzidi (22 anni), e il carabiniere che era alla guida della gazzella dell’Arma coinvolta nell’inseguimento dello scooter su cui viaggiava come passeggero il giovane egiziano. Ai due indagati è contestato il reato di omicidio stradale. Il vicebrigadiere alla guida della Giulietta, che inseguiva lo scooter, «teneva» - scrivono i pm nell’avviso di conclusioni indagini - «una distanza estremamente ridotta, sempre inferiore a 1,5 metri e dunque, inidonea a prevenire collisioni con il mezzo in fuga, considerare le condotte avventante del conducente». Secondo i magistrati milanesi, ci sarebbe in realtà un concorso di colpa di Fares Bouzidi e del carabiniere proprio in quell’urto che, nella fase finale dell’inseguimento, portò alla «caduta» e poi allo «slittamento» del mezzo che causarono la morte di Ramy Elgaml. In particolare, i pm contestano a Bouzidi l’omicidio stradale aggravato dal fatto che, tra le altre cose, il giovane era senza patente e guidava sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Al carabiniere viene contestata, inoltre, «la lunga durata dell’inseguimento». Gli inquirenti, nell’avviso di conclusioni indagini ricostruiscono la fuga di Bouzidi dopo essersi «sottratto all’intimazione dell’alt», una corsa fino a 120 km/h, «i tratti contromano e poi quel tentativo di svoltare a sinistra in via Quaranta per poi effettuare una repentina e improvvisa manovra a destra», provocando così l’urto «dell’area posteriore destra dello scooter con la fascia anteriore del paraurti» dell’auto dei carabinieri. A quel punto il mezzo slittò e Ramy finì contro il palo di un semaforo, poi investito pure dalla macchina dell’Arma. Nell’avviso di conclusioni delle indagini, i pm Giancarla Serafini e Marco Cirigliano ricostruiscono tutti i momenti di quell’inseguimento tenendo conto delle valutazioni fatte dai consulenti della Procura. Nello specifico, l’ingegnere Domenico Romaniello, nominato consulente dei pm, nella sua relazione finale aveva ricostruito svoltò all’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta, sbandò e deviò improvvisamente a destra e il carabiniere dell’ultima macchina inseguitrice se lo trovò in traiettoria. Secondo la consulenza tecnica, l’automobile dell’Arma non poteva sterzare né a sinistra né a destra altrimenti avrebbe travolto o la moto o un passante. Il consulente della Procura, evidenziò che il militare tentò di frenare, ma fu impossibile a quel punto evitare l’urto e lo schianto finale dei due mezzi verso un palo di un semaforo. I consulenti della difesa di Bouzidi e della famiglia di Ramy, però, avevano fornito ricostruzioni diverse. Infatti, secondo l’ingegnere Matteo Villaraggia, perito dei familiari di Ramy l’urto tra l’auto dei carabinieri e lo scooter «non può essere avvenuto in prossimità del palo semaforico, bensì poco prima dell’intersezione, quando i veicoli erano affiancati». I pm della Procura diretta da Marcello Viola hanno rivalutato le controdeduzioni dei consulenti e quelle poi ancora successive del loro esperto e hanno preso una linea diversa rispetto alla prima relazione. Adesso le difese degli indagati hanno il tempo di preparare eventuali memoria difensive e poi si attendono le decisioni del gip in merito a un eventuale rinvio a giudizio o a un’eventuale archiviazione. Resta ancora aperto il filone di indagine che vede indagati altri carabinieri per depistaggio e favoreggiamento perché in due avrebbero intimato a un teste di cancellare un video. Intanto, la famiglia e gli amici di Ramy preferiscono non commentare la contestazione del reato di omicidio stradale al carabiniere e all’amico della vittima, ma ammettono di essere rimasti molto sorpresi. «Dopo il processo per resistenza a carico di Fares Bouzidi», commenta un amico della famiglia, «avevano perso la fiducia, anche perché le istituzioni che avevano promesso di star loro vicino sono nel frattempo tutte sparite. Ora invece c’è la sensazione che la giustizia stia proseguendo per la strada giusta, e ci credono ancora». Intanto, il segretario generale del Sindacato autonomo di polizia (Sap), Stefano Paoloni, ha espresso «solidarietà al collega dell’Arma dei carabinieri ancora indagato per omicidio stradale a seguito della chiusura delle indagini relative all’inseguimento di Ramy. Da oltre sette mesi il collega è sottoposto a procedimento penale per aver cercato di svolgere al meglio il suo servizio e cercato di bloccare uno scooter in fuga. È importante che venga fatta chiarezza ma è altrettanto importante che questo avvenga nei termini più rapidi possibili. Abbiamo visto tutti le immagini dell’inseguimento. Il fatto che il collega sia ancora sottoposto a procedimento penale è un brutto segnale per chi è alla guida 24 ore su 24 di una gazzella o di una volante e che si trova a dovere effettuare degli inseguimenti per fermare un criminale. Serve una norma a tutela degli operatori delle forze dell’ordine che eviti l’imputazione per atto dovuto e consenta una celere definizione delle responsabilità».«Un carabiniere ha l’obbligo di fare tutto il possibile per fermare un fuggitivo. Non vorrei che vi fosse una pregiudiziale ideologica in questa accusa della quale non riconosciamo i presupposti», ha commentato l’assessore regionale alla Sicurezza Romano La Russa (Fdi).
«Murdaugh: Morte in famiglia» (Disney+)
In Murdaugh: Morte in famiglia, Patricia Arquette guida il racconto di una saga reale di potere e tragedia. La serie Disney+ ricostruisce il crollo della famiglia che per generazioni ha dominato la giustizia nel Sud Carolina, fino all’omicidio e al processo mediatico.