2021-10-13
Alla Rai infornata di otto manager Pd. Ora l’assalto rosso a direttori di rete e tg
Carlo Fuortes, ad di Rai (Ansa)
L'ad Fuortes, che doveva essere garanzia super partes, piazza nomi graditi al Nazareno. Aiutato dall'uomo di Franceschini.«Mi manda Draghi». Sventolando il Rai pass più ambìto del momento, l'amministratore delegato Carlo Fuortes ha cominciato la rivoluzione dei crisantemi, perché proprio a fine ottobre dovrà essere disegnato il perimetro manageriale e di contenuto dell'azienda pubblica dopo l'insediamento dei vertici. Le aspettative sono sfavillanti (accade sempre all'inizio di ogni gestione) e l'invito ai partiti di fare un passo indietro è arrivato direttamente da Palazzo Chigi. La realtà di corridoio è ben più realistica: se il buongiorno si vede dal mattino, la dittatura piddina con una spolverata di grillismo ancillare è destinata a continuare a lungo.Lo si è intuito la scorsa settimana con la nomina degli otto dirigenti Corporate: tutti di area progressista. Relazioni istituzionali a Luca Mazzà che diresse il Tg3; direzione Teche ad Andrea Sassano, un evergreen della nomina, più volte indicato dal Pd per altri incarichi; Prix Italia a Chiara Longo Bifano, molto sensibile alla causa dei migranti; Paola Sciommeri, una garanzia, alla direzione Produzioni Tv. Si tratta di manager interni che sanno navigare nelle acque sempre agitate di viale Mazzini e Saxa Rubra. Singolare la vicenda di Roberto Cecatto alla direzione Strutture immobiliari e sedi locali: quando era il numero uno delle produzioni tv fece acquistare per 20 milioni telecamere Hitachi che si spegnevano nei momenti meno opportuni perché troppo moderne rispetto ai sistemi antiquati della casa.Piazzati i colonnelli, Fuortes deve nominare i generali ma sta prendendo tempo perché di televisione sa praticamente nulla e l'apprendistato al settimo piano è tutt'altro che semplice. Così in questi mesi viene affiancato con grande discrezione da un boiardo di antico lignaggio, Salvo Nastasi, segretario generale del ministero della Cultura, braccio destro e sinistro di Dario Franceschini ma anche fedelissimo lettiano (nel senso di Gianni Letta) della prima ora. Nastasi controlla spifferi e sorrisi: è marito di Giulia Minoli (figlia di Giovanni e di Matilde Bernabei), parente acquisito di Giovanna Melandri. What else? Le decisioni passano dal collo di bottiglia del Nazareno, e con questi presupposti si preparano le truppe per la battaglia delle direzioni. Quella più sotterranea e feroce può valere la poltrona del Tg1. Giuseppe Carboni traballa, l'audience non lo premia e la sua gestione in chiave pentastellata ha innervosito anche il cavallo morente di Francesco Messina. Per non scontentare del tutto il Movimento 5 stelle potrebbe essere spostato a Rai 3. Nel rispetto della parità di genere da recuperare, la lotta per la successione è combattuta da due signore: Monica Maggioni e Simona Sala. La prima è una corazzata, già presidente in pashmina nella stagione renziana con l'ad Antonio Campo Dall'Orto, protagonista dello «scaravoltone» mancato (la rivoluzione fallita con il fantasmagorico e mai partito progetto di Carlo Verdelli), recentemente tornata in video con il flop Sette Storie proprio su Rai 1. Conosce Mario Draghi, fu invitata dal gruppo Bilderberg, sarebbe una scelta perfetta nel segno dell'establishment. La seconda pretendente al momento dirige Radio 1, ha sempre avuto il cuore a sinistra ma durante il gran ballo grillino ha mostrato qualche sbandamento. L'estate scorsa lady Sala ha recuperato le posizioni attaccando Matteo Salvini sulle riaperture e intervistando Enrico Letta alla Festa dell'Unità a Cesena. È portata in palmo di mano dall'Usigrai e ha buoni agganci al Quirinale. Un competitor molto serio. Il terzo incomodo è Costanza Crescimbeni, oggi vicedirettore del Tg1, ex reanziana, con il pregio di essere stimata trasversalmente in redazione e di essere definita «dialogante» con tutte le forze politiche.Attorno alla poltrona del Tg1 si giocano le altre partite, con alcune conferme non scontate (Tg2, TgR e Raisport) e sicuri giri di valzer. Bocciato per il fiasco di Unomattina e di alcuni spettacoli in prima serata (come Da Grande di Alessandro Cattelan), il direttore di Rai 1 Stefano Coletta dovrebbe tornare a Rai 3 al posto di Franco Di Mare, travolto dal caso Fedez e dal caso Corona, ma soprattutto vicino al pensionamento. Per il posto al sole sull'ammiraglia ci sono due candidati praticamente eterni, Mario Orfeo e Marcello Ciannamea.In avvicinamento al 27 ottobre, giorno del giudizio, gli spifferi sono destinati ad aumentare e per provare a evitare l'effetto ballatoio, Fuortes ha avuto una pensata: ha chiesto al capo della comunicazione Pierluigi Colantoni di non comunicare, riducendo al minimo le conferenze stampa. Prima conseguenza: una sfuriata di Milly Carlucci, che ha dovuto alzare la voce per presentare ai giornalisti Ballando con le stelle. Il nuovo corso somiglia a quello vecchio, con il Pd a spadroneggiare fingendo di subire le decisioni nel momento stesso in cui le impone sottotraccia. Una storia già vista. L'ad si illude che la lunga ombra draghiana tenga al riparo la Rai dalla politica e ai fedelissimi ripete: «Me ne frego dei partiti». Non ha tutti i torti, finora ne ha accontentato uno solo. Il solito.