2022-04-23
Raffica di indagini su toghe e giornalisti. Chi cerca Denise ha trovato solo grane
Federica Sciarelli (Ansa)
Causa civile da 300.000 euro contro il programma di Federica Sciarelli. Altri cronisti sotto inchiesta assieme al conduttore Milo Infante.Anche Chi l’ha visto? la trasmissione di Rai 3 condotta da Federica Sciarelli, sarebbe finita nel mirino per alcune ricostruzioni sul caso della scomparsa di Denise Pipitone. A Caltanissetta, Tribunale competente per le controversie che riguardano i magistrati di Marsala, ci sarebbe un procedimento civile con una richiesta pesante. Nei corridoi della Rai parlano di 300.000 euro. Ma gli avvocati che, come consulenti, assistono legalmente la trasmissione non confermano. E anche se tra autori e inviati in molti ricordano che verso ottobre in redazione si parlò della questione, la conduttrice, contattata dalla Verità, ha respinto qualsiasi tentativo di approfondimento. Neanche dieci giorni fa, però, si è sfogata con la rivista Tele Sette, spiegando che faceva la spola con l’ufficio legale della Rai perché subissata da querele temerarie. Senza fare alcun riferimento al caso Pipitone. Che si conferma una vicenda rischiosa per chiunque cerchi di occuparsene. «Mi stanno facendo terra bruciata attorno», ha detto l’altro giorno Piera Maggio, la mamma di Denise, esprimendo solidarietà a Milo Infante, il conduttore di Ore 14 (Rai 2), che ha svelato di essere indagato a Caltanissetta perché querelato da un magistrato di Marsala. «Andremo tutti in corriera in Sicilia», ha detto il direttore di Affari Italiani Angelo Maria Perrino durante una delle puntate di Ore 14, confermando di essere anche lui tra gli indagati di Marsala. Poi ha aggiunto: «Noi abbiamo parlato sommessamente del caso. Abbiamo eccepito come nostro diritto di giornalisti alcune cose che non convincono. Sono stato chiamato dalla polizia e identificato. E per le cose che ho detto sono sotto indagine. Noi continueremo a difendere il nostro punto di vista senza deflettere». E al coro degli indagati per il caso Pipitone si è unito il giornalista Francesco Specchia, pure lui ospite di Ore 14. Nel mirino, però, non ci sono finiti soltanto i giornalisti. A Marsala c’è un processo all’ex pm che indagò sulla scomparsa di Denise, Maria Angioni, che dopo aver lasciato Marsala ha denunciato presunte falle nelle indagini, per poi raddrizzare il tiro. Al punto che lo stesso magistrato che aveva presentato la richiesta di rinvio a giudizio, poi, in udienza ha chiesto il proscioglimento della collega, ritenendo che l’imputata avesse ritrattato. Secondo il giudice, però, Angioni non avrebbe espressamente ritirato le sue accuse. Per cui niente proscioglimento. L’ex pm nel settembre 2004 era a Marsala e fu uno dei primi magistrati a occuparsi delle indagini. A seguito di dichiarazioni rese in tv la Procura di Marsala la convocò come persona informata sui fatti. E siccome alcune circostanze riferite si ritiene non siano state riscontrate, sono scattati prima un avviso di garanzia, poi una richiesta di rinvio a giudizio. Il clima in cui ci si muove a Marsala, insomma, è questo. Lo sa bene anche l’avvocato Giacomo Frazzitta, legale di Piera Maggio, al quale è toccato difendersi da un procedimento disciplinare, poi archiviato «per insussistenza di condotte di rilievo deontologico». A segnalare al Consiglio dell’ordine forense Frazzitta era stata l’Associazione nazionale magistrati, perché da una conversazione telefonica con una testimone poi rivelatasi mendace era stata estrapolata una frase: «Perché i magistrati fanno schifo cara signora». Fuori dal loro reale contesto quelle parole hanno scatenato le toghe dell’Anm. E più di qualcuno ha puntato l’indice contro l’avvocato. Dall’Unione delle camere penali si alzarono delle barricate a difesa di Frazzitta. Durante il procedimento disciplinare, però, è emerso che l’avvocato Frazzitta non aveva violato alcuna norma deontologica «nel momento in cui, dopo essere stato chiamato a telefono dalla testimone, si sia con questa intrattenuto». Ma, soprattutto, non forzò o suggestionò la volontà dell’interlocutrice «verso questa o quella deposizione». Per la pesante critica riferita alla magistratura, «fa schifo», il consiglio forense ha rilevato che «l’unico limite alla libertà di espressione, di manifestazione del pensiero, è quello della lesione al bene giuridico della altrui reputazione che non può certo essere arrecata attraverso una comunicazione verbale, e assolutamente riservata». Spiegando pure che «se si dovesse scivolare sulla pericolosa china di considerare illecita, anche solo di natura deontologica, l’espressione del proprio pensiero, qualunque esso sia, manifestata, in modo assolutamente privato, a un solo interlocutore, il passo verso la repressione del pensiero di per se stesso, rimarrebbe persino agevole. È una deriva da cui bisogna rimanere lontani». La conversazione, inoltre, sarebbe stata inutilizzabile in qualsiasi procedimento penale, in quanto captata durante un colloquio tra difensore e assistito. Ma è in quel momento che la mamma di Denise deve aver capito che rischiava di trovarsi con la terra bruciata attorno.