2021-10-19
Questo regime nemico delle libertà creerà un popolo di «Io» in frantumi
Come avevano capito già Platone e Aristotele, se una singola istanza reprime tutte le altre, la personalità è spaccata. Ecco perché uno Stato tirannico seminerà fra la gente autoritarismo, intolleranza e schizofreniaIn un articolo precedente ho parlato di come, per Platone e Aristotele, lo Stato sia, in partenza, un congerie di istanze diverse e quindi il suo primo problema sia quello di realizzare unità di intenti. Ritorno oggi sul tema, perché in proposito questi autori hanno ancora molto da insegnarci.In primo luogo, per loro non solo lo Stato ma anche la persona (il soggetto, l’Io) è inizialmente molteplice, quindi anche per la persona l’unità non è un dato ma il risultato di un paziente lavoro. Nella Repubblica Platone argomenta che, se in una situazione esistono tendenze opposte, non può essere una sola entità a manifestarle entrambe: devono essere presenti entità distinte che spingono ciascuna nella sua direzione. (Se io per esempio, in questo momento, provassi un intenso desiderio di mangiare e anche un intenso desiderio di non mangiare, perché voglio terminare il mio articolo, non può essere una sola entità ad avere questi desideri contraddittori; devono essere due.) Ragionando così, Platone arriva a proporre un modello tripartito dell’Io, illustrato dalla metafora del cocchio nel Fedro: un auriga (la ragione) tenta di guidare due cavalli, uno che tira verso l’alto (e rappresenta passioni elevate come l’orgoglio) e l’altro che tira verso il basso (e rappresenta «bassi istinti» come gola e lussuria). Il problema, dunque, è quello di sincronizzare tali tensioni.Nella modernità il modello dell’Io molteplice è rimasto in minoranza, nonostante importanti voci che lo hanno appoggiato e sviluppato come Søren Kierkegaard, Friedrich Nietzsche e Sigmund Freud, rispetto al dominante modello cartesiano, per il quale io sono la mia mente (ho un corpo, ma non sono un corpo), la mia mente è una sostanza semplice (priva di parti) e alla mia mente io ho un accesso trasparente (vedo tutto quel che c’è), veridico (quel che vedo è vero; se ci vedo un certo pensiero o desiderio allora ho davvero quel pensiero o desiderio) e privilegiato (nessun altro ha il medesimo accesso alla mia mente; se vuoi sapere che cosa penso o desidero devi chiederlo a me). Ma, nonostante il suo grande successo nel senso comune, è un modello che fa acqua, e gli antichi greci offrono spunti molto più suggestivi. Quindi torniamo a loro.Una seconda cosa che impariamo da Platone e Aristotele è che le strategie con cui affrontare il problema dell’unità del soggetto sono le stesse con cui si affronta il problema nel caso dello Stato. Come esistono Stati tirannici, in cui una singola persona indegna ha illimitato potere su tutte le altre, esistono personalità tiranniche, in cui una singola passione indegna (diciamo l’avidità) controlla, reprime, esclude o marginalizza tutto il resto. Come esistono Stati oligarchici, in cui le persone indegne che esercitano potere illimitato sono più d’una, esistono personalità in cui a controllare e reprimere il resto sono due o più passioni indegne (diciamo avidità e ambizione). Analogamente, esistono personalità democratiche, in cui ogni istanza dice la sua quando vuole (Platone e Aristotele non vedevano di buon occhio la democrazia, avendo in mente l’assemblea democratica caotica e vociante che aveva condannato a morte Socrate). E, per Platone, esiste la personalità ideale: quella aristocratica, in cui a guidare il soggetto sono le istanze migliori, ossia quelle razionali. Per Aristotele, come avevo spiegato nell’altro articolo già menzionato, la situazione ideale per lo Stato è invece quella in cui si realizza una circolazione di philía (amicizia, solidarietà, simpatia, affetto) tra i cittadini, e lo stesso vale nell’Io: anche l’Io realizza unità di intenti nella misura in cui le sue varie istanze sono legate da un rapporto di amicizia, e quando una parla le altre se ne sentono rappresentate, e su quel che ha detto continuano a costruire lavorando insieme per un progetto comune. La persona che ha ben risolto il problema della sua unità personale, quella che Aristotele chiama virtuosa e saggia, è insomma buona amica di sé stessa, e dà mostra nei propri confronti di tutte le caratteristiche che si riscontrano fra amici: trova facilmente un accordo con sé stessa, promuove la propria esistenza e il proprio benessere, ama passare del tempo da sola. Al contrario, la persona che non ha raggiunto questa soluzione (il vizioso) è nemica di sé stessa: straziata da conflitti, vittima di comportamenti autodistruttivi, incline ad annegare nel chiasso e nelle chiacchiere la pessima impressione che ha del proprio sfacelo.Ancora una cosa impariamo da Platone: che ogni Stato educa cittadini a propria immagine e somiglianza. Uno Stato solidale come quello auspicato da Aristotele educherà persone solidali con sé stesse, benevole e serene; uno Stato tirannico educherà persone autoritarie e intolleranti - e anche schizofreniche, perché se una singola istanza reprime o marginalizza tutte le altre allora la personalità è spaccata, l’Io è diviso, come punto non di partenza ma di arrivo.Il che ci porta alla nostra tragica condizione attuale. Il regime autoritario e repressivo che si è gradualmente instaurato negli ultimi due anni non fa del male agli italiani solo dall’esterno, negando loro libertà di movimento e ora il diritto al lavoro, ma fa loro del male anche nell’intimo della loro psiche. Se hanno ragione Platone e Aristotele, il peggiore effetto di questo regime sarà di allevare un popolo radicalmente affetto da schizofrenia.