2018-07-11
Questo esecutivo durerà a lungo perché ha l’opposizione incorporata
Matteo Salvini contro Elisabetta Trenta, Luigi Di Maio contro Gian Marco Centinaio: gli screzi tra anima grillina e leghista sono quasi quotidiani.E annullano il ruolo di Pd, Fi e Fdi, dando ossigeno al governo. Che va avanti grazie alle mediazioni di Giuseppe Conte.Quanto dura? Negli ultimi giorni è questa la domanda più gettonata. Imprenditori, commentatori e semplici appassionati di cose politiche si chiedono tutti la stessa cosa: ma il governo tiene, oppure finita l'estate smamma e si torna a votare? L'interesse per la stabilità della maggioranza è in crescita negli ultimi tempi, da quando cioè si sono cominciate a intravedere le prime crepe nella strana alleanza fra Lega e 5 Stelle. Matteo Salvini che chiude i porti alle navi militari delle missioni Ue e il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, che li riapre. Sempre il numero uno del Viminale che stoppa una nave italiana carica di migranti mentre il responsabile dei Trasporti, un altro pentastellato come la donna che guida i militari, dà il via libera. E poi i diversi orientamenti sui voucher tra il ministro dell'Agricoltura, Gian Marco Centinaio, e quello del Lavoro, Luigi Di Maio, con il segretario della Lega che, rimessa la felpa, risale sul Carroccio per difendere gli interessi degli imprenditori. Insomma, le ultime due settimane sono trascorse all'insegna della rissa continua, con i leader della insolita maggioranza che si smentiscono a stretto giro di posta. Uno dice una cosa, l'altro di rimando la contraddice, fino al prossimo argomento. Dunque, quanto può durare il balletto fra partiti che non hanno la stessa linea ma sono determinati a perseguirla entrambi senza curarsi dei vincoli imposti da un patto di governo che è frutto di una mediazione? La risposta è che l'esecutivo di Giuseppe Conte, nonostante gli apparenti litigi, durerà fino a che Salvini e Di Maio lo troveranno conveniente e la mia impressione è che la data di scadenza non sia ravvicinata.Già, perché se è vero che Lega e 5 stelle sembrano inseguire obiettivi diversi, andando ciascuno per la propria strada, è altrettanto vero che i due partiti in questo momento occupano lo spazio che di solito hanno maggioranza e opposizione. Sì, so che sembra paradossale, ma la dialettica politica è riassunta fra di loro, con la totale esclusione delle altre forze. Se si tolgono gli sgambetti dei due alleati infatti che resta? Da parte del Pd non c'è quasi nulla, se non le risse interne fra correnti che non hanno ancora deciso se la sinistra sia viva o morta. Matteo Renzi se la prende con Paolo Gentiloni, Nicola Zingaretti prende le distanze da Renzi e tutti le prendono dagli elettori. Risultato: a Maurizio Martina tocca fare il cireneo e portare la croce. Ma la discussione è tutta interna, per capire chi occupa la poltrona e chi resta in piedi. Sugli argomenti che interessano gli italiani, cioè immigrati, sicurezza, lavoro, pensioni, la voce del Pd è praticamente scomparsa e se qualcuno dal Nazareno si fa sentire non interessa a nessuno, perché in questo momento il Pd conta meno di zero. Non molto diversa la situazione a destra. Giorgia Meloni, pur condividendo la metà del programma (quello su sicurezza, immigrati, vitalizi e legge Fornero) sta fuori dalla maggioranza. In teoria sarebbe all'opposizione, ma certo non può mettersi a sparare contro misure che lei stessa sollecita e dunque sta zitta, preferendo il basso profilo. Il problema è che a forza di tenere il profilo basso volano bassi anche i consensi e si rischia di sparire. Una questione che accomuna la battagliera capa della destra a Silvio Berlusconi. Anche lui ha scelto di non alzare i toni, anche perché alzandoli dovrebbe andare contro una linea, quella di Salvini, che tre quarti del suo elettorato condivide. E allora il Cavaliere lavora di sponda, cercando di differenziarsi su altri argomenti, come ad esempio il decreto Dignità e le regole del lavoro che non piacciono agli imprenditori. Ma anche qui, lo fa con moderazione, cioè scrivendo al Corriere più che urlandolo in tv, una linea di condotta che, come ovvio, ha la presa di una garbata riflessione, ma nulla più.Il risultato è che Salvini e Di Maio se la cantano e se la suonano. Un giorno una indossa l'abito di governo e l'altro quella dell'opposizione e il giorno dopo si invertono le parti. Il ministro dell'Interno chiude i porti alle navi militari e il ministro della Difesa dice che la competenza è sua. Nei fatti non cambia nulla, perché la linea di governo è per lo stop a qualsiasi natante carico di immigrati, ma sui giornali la maggioranza copre lo spazio che di regola sarebbe anche della minoranza. Il giorno dopo lo scontro va in onda con Salvini e Toninelli, argomento sempre i profughi. E il giorno seguente si replica con i contratti di lavoro, con il segretario della Lega che difende gli interessi delle aziende e Di Maio che strizza l'occhio alla Cgil. Il tutto si risolve in un gran gioco delle parti, che al momento non mette a rischio la tenuta del governo, ma mette nel sacco quella che dovrebbe essere l'opposizione, che si ritrova ad assistere praticamente muta allo spettacolo di una maggioranza che fa due parti in commedia. E se Salvini e Di Maio fanno a gara a prendersi la scena, a Conte, a Giovanni Tria e agli altri cosa resta? Al presidente del Consiglio e al ministro dell'Economia, così come agli altri tecnici, resta il compito di mediare e di evitare che il gioco dei contrari alla fine prenda il sopravvento e travolga gli stessi giocatori. Che al momento è il solo rischio per il governo.
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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