2023-10-25
«Quando vinsi lo Zecchino d’oro ero convinto lo meritasse un altro»
Parla l’ex bimbo consacrato da «Popoff», Valter Brugiolo: «Il premio andava agli autori della canzone, io ebbi solo una scatola di camioncini. Sul set vidi sbocciare l’amore tra Al Bano e Romina. La politica? Con Casini non andò bene...».Il bambino Valter Brugiolo, classe 1961, proveniente da un comune della pianura bolognese, San Venanzio, sperimentò, a cinque anni e mezzo, un’improvvisa quanto travolgente popolarità quando, nel marzo del 1967, vinse lo Zecchino d’oro con la canzone Popoff. Per lui fu un’insolita avventura, vissuta con la spontaneità dell’infanzia e continuata fino al 1970. Partecipò a Carosello e a quattro film del genere «musicarello». Sul set, conobbe Al Bano e Romina Power, Little Toni, Mario Tessuto, Peppino De Filippo, Pippo Baudo e tanti altri. L’uomo Valter Brugiolo oggi vive ancora nel suo paese natale, vicino alla casa della sua famiglia di origine, e guarda con un sorriso e senza rimpianti di sorta quel bimbo con ciuffo biondo capriccioso. È felice dei suoi affetti e la vita l’ha messo severamente alla prova. Non dimentica il padre e la madre e nemmeno lo Zecchino, facendone fruttificare gli insegnamenti. In questa intervista capiremo come. Che professione hanno svolto i suoi genitori?«Erano entrambi originari del Veneto, mio padre di Piove di Sacco, mia mamma di Correzzola. Quando si sono sposati, nel 1951 sono andati a Castiglione dei Pepoli, nelle colline bolognesi, e con la famiglia di mio zio presero un mulino. Nel 1960 mio papà prese quello di San Venanzio. La nostra casa era sopra, ci ho lavorato fino alla laurea (in Economia e commercio, ndr.). A Castiglione dei Pepoli sono nati mio fratello, che non c’è più, e mia sorella, che abita qui a San Venanzio».È sposato? «Sì, con Alessandra. È del 1965, ci conoscemmo frequentando la stessa compagnia qui in paese, ci siamo messi insieme nel 1980 e sposati otto anni dopo».Avete figli?«Ne abbiamo cinque, tutti adottati o in affido. Il più grande ha 37 anni, una femmina 31, Lorenzo 26, poi un bambino che è stato con noi cinque anni ma lo vediamo sempre, ora ha 21 anni, e il più piccolo 19, all’ultimo anno dai Salesiani. Al corso per fidanzati, una coppia raccontò di una bambina piccola. Chiesero loro di seguirla, perché probabilmente non sarebbe sopravvissuta, e la presero in affido. Morì dopo qualche mese, uno dei primi casi di Aids. La storia ci ha così colpiti che ci siamo detti che, da sposati, avremmo fatto questa scelta».La sua famiglia di origine era molto cattolica?«Sì, soprattutto mia madre. A quattro anni facevo il chierico. La storia di Popoff è nata lì…». In che modo?«Un’amica di famiglia mi sentì cantare in chiesa e chiese ai miei genitori se potevo fare i provini dello Zecchino all’Antoniano, questo nel 1966. I miei risposero: “Se lei ha tempo… Noi abbiamo il mulino da portare avanti”. Ma qualche giorno prima delle selezioni, mi venne il morbillo e tutto andò in cavalleria. Questa signora tornò l’anno dopo e i provini li feci. Mi scelsero e poi mi abbinarono a quella canzone, Popoff. Andavo ancora all’asilo». Cosa ricorda del pomeriggio quando la sua canzone vinse lo Zecchino? «A dire la verità, quando mi dissero che avevo vinto, la mia reazione è stata: “Ma perché ho vinto? La canzone più bella non è la mia, ma quella del mio amico che canta E ciunfete nel pozzo!”». Ricevette un premio?«Il premio andava agli autori della canzone. Io ebbi in regalo una scatola di camioncini da montare. Mi sono durati per tanto tempo, ci ho giocato tantissimo e anche agli altri bambini furono donati giocattoli».E Cino Tortorella, cosa le disse?«Mi raccontarono che mi considerava un bimbo magico. Non so cosa avessi di magico, però… Mia mamma diceva sempre che ero nato con la camicia, un segno di fortuna… In trasmissione mi chiese cosa mi sarebbe piaciuto fare da grande». Che rispose?«Dissi che volevo fare il muratore. Alla fine non ci sono andato tanto lontano. Ho lavorato per 27 anni in una cooperativa di costruzioni di Bologna, ero responsabile dei sistemi informativi ed energetici. Poi ricordo che mi chiese quale fosse la cosa più bella del mio paese. Siccome in quell’anno avevano montato la nuova illuminazione, io risposi: i “lumoni”, che per me erano lampade che avevano dato la luce al paese».Dal suo racconto sembra di rivedere l’Italia di allora…«Infatti Giorgio Vecchietti, per una bellissima trasmissione, Cronache italiane, venne a San Venanzio a intervistarci. Il filmato incominciava con la neve per terra, una nebbia, persone che passavano con la “capparella”, quella specie di mantello che si mettevano una volta, un’atmosfera da Bassa insomma». Di Mariele Ventre cosa ricorda? «La dolcezza e la gran pazienza nell’insegnarmi come cantare le canzoni. Con me ne ha dovuta avere molta, perché a me piaceva molto giocare… e voglia di imparare la canzone poca… Poi ho avuto la fortuna di conoscerla meglio, siamo diventati amici di famiglia». Dopo lo Zecchino le chiesero di fare un carosello. Per quale prodotto?«C’erano due cose che non mi piacevano, le banane e i formaggini. Il carosello che feci fu dei Milkana Oro, i famosi formaggini. E quindi dovetti fare tutte le prove, all’Antoniano, con queste fette di pane con sopra i formaggini ed espressioni molto compiaciute… Poi a casa arrivò un pacco-regalo bombato di scatole di formaggini». Una persecuzione…«Potevano farmi fare la Nutella… Poi i gusti sono cambiati e mi sono piaciuti anche i formaggini». E i musicarelli? «Sono stati cinque, dal 1967 al ’70, Zum zum zum, con Little Tony, Lisa dagli occhi blu, con Mario Tessuto, Il suo nome è donna Rosa, con Al Bano e Romina, Zum zum zum n. 2, e Mezzanotte d’amore, sempre con Al Bano e Romina. Conobbi Peppino De Filippo, Enzo Cannavale… Facevo sempre il fratellino di uno dei protagonisti».Come fu con Al Bano e Romina?«Per le riprese del primo film, a Napoli dovevamo prendere l’aliscafo per Capri, ma c’era un gran mare mosso. Ci fecero salire su un postale, l’imbarcazione che consegnava la posta nelle isole. Mia mamma era un po’ preoccupata, la barca andava su e giù: aiuto! Siamo andati ai boccaporti e lì, insomma, abbiamo rimesso anche l’anima… Invece dall’altra parte della barca Al Bano e Romina cantavano, si erano appena messi insieme, sai, l’amore sopperiva a tutto».Quelle partecipazioni, economicamente, fruttarono? «Chiaramente hanno portato buone entrate per la mia famiglia. Ma dopo il film del 1970, i miei genitori dissero che, se volevo diventare un attore o un cantante, l’avrei deciso da maggiorenne. Ritenevano non fosse l’ambiente giusto per un bambino». Rimase deluso? Avrebbe voluto fare l’attore da grande?«Ma assolutamente no, non era nei pensieri».Nel 2008 si candidò per la Camera con l’Unione di Centro, con Casini. Delusione? «Pensavo di portare qualcosa per la questione della famiglia, della scuola, della religione, però ho visto che la cosa, alla fine, interessava il giusto. Le scelte davano peso più ad altre cose, quindi mi sembrava di perdere il mio tempo. Allora mi sono messo a fare cose in cui sono impegnato direttamente, come la scuola che abbiamo fondato». Com’è nata l’idea?«È partita da me e mia moglie, anche perché, con cinque figli, un po’ di scuola ne abbiamo vista… Tra l’altro, quando ci è stata proposta l’adozione di uno dei bimbi, il terzo, non sapevano se avesse mai parlato né camminato. Anche per l’aspetto dei portatori di handicap avevamo visto una scuola non preparata, i bambini spesso ultimi. Volevamo fare una scuola elementare dove tutto ruotasse attorno ai loro bisogni. Nell’anno scolastico 2011-12, a San Pietro in Casale, abbiamo aperto la scuola “Mariele Ventre”, con la formula della scuola paterna, la terza via tra quella statale e quella paritaria o privata, anche con bambini disabili, ma senza contributi pubblici. Nel 2020-21 abbiamo chiesto ai sindaci un contributo per i disabili e quindi ora siamo scuola paritaria, 7 bambini su 90 sono disabili, classi con una maestra unica come una volta, alcune materie sono insegnate da specialisti. La scuola è gestita da una cooperativa sociale e il presidente sono io. Mia moglie è maestra e coordinatrice didattica». I bambini cantano qualche canzone dello Zecchino?«Beh, se non c’è la musica nella scuola di Mariele… Tutti i giorni si canta. Tra le materie didattiche c’è anche il canto corale».E Popoff?«Anche stamattina ho sentito che la ascoltavano, ma anche la cantano! Eppure, dato che nella vita ci sono gioie e dolori, vorrei raccontare anche un’altra cosa». Prego. «Io ho una malattia genetica ereditaria, i reni policistici. I reni si riempiono di cisti e tolgono capacità drenante per ripulire il sangue. L’aveva mio papà, mio fratello Sergio ha fatto anni di dialisi, il rene trapiantato non andava bene, purtroppo ci ha lasciati a 61 anni, nove anni fa. Nel 2012 ho fatto il trapianto, mia moglie Alessandra mi ha donato un rene». Un gesto indubitabile d’amore.«Certo, questa è la parola giusta». Ora va meglio?«Ho un usato garantito, come dico a mia moglie (sorride). Mi ha cambiato la vita. E poi adesso siamo nonni».Quanti i nipotini? «Due, Nicola ha avuto un bambino, Giacomo, 2 anni, e la Jessica, l’unica figlia, ha avuto Riccardo, anche lui 2 anni, ora gioca con le macchinette della Polizia, fa ni no ni no ni…». Nella canzone, il cosacco Popoff, un po’ pingue, rotola nella neve con la pancia, e arriva al Don prima degli altri commilitoni. «(ride) Tutti possono fare dei risultati, anche utilizzando la fantasia, o provando un’idea. Anche se non sei il number one, non è detto che tu non riesca ad arrivare dove arrivano gli altri».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.