2020-08-23
La scienza piegata
agli interessi di regime
Gli astronomi sovietici, costretti alla sottomissione al dittatore comunista, dovettero rinunciare a studiare la teoria della relatività e quella sul big bang perché contrarie alla dottrina marxista. Molti di loro, internati nei gulag, morirono dimenticati da tutti.A riportare i dettagli della spaventosa prigionia dell'astronomo Nikolaj Kozyrev è stato Aleksandr Solzhenitsyn in Arcipelago Gulag. Era il 6 novembre del 1936 quando lo studioso ventisettenne fu arrestato durante una serata di gala a cui partecipò (...) assieme alla moglie. Presero anche lei, e la rilasciarono soltanto nel 1942. A lui andò molto peggio. Prima due anni di prigione, poi la condanna a dieci anni per attività controrivoluzionarie, quindi il trasferimento nel gulag a Norilsk, in Siberia. Infine una condanna ad altri dieci anni per «propaganda ostile»: era stato denunciato da un compagno di prigionia, che aveva riferito alle autorità la passione di Kozyrev per Gumiliev, grande poeta russo e marito di Anna Achmatova.L'astronomo fece ricorso alla Corte suprema sovietica, che per tutta risposta lo condannò a morte. Evitò la fucilazione solo perché nel gulag di Norislk non esistevano squadre addette al compito. La sua permanenza nel campo di prigionia fu un susseguirsi di torture. Scrive Solzhenitsyn che una volta lo condannarono a cinque giorni di punizione per aver osato camminare nella sua cella. «Imparò a dormire stando seduto sullo sgabello. Tre volte al giorno gli davano una tazza di acqua bollente che lo ubriacava».Che aveva fatto il povero Kozyrev per meritarsi tale strazio? Lavorava all'osservatorio astronomico di Pulkovo (Leningrado), su cui si abbatté una terrificante purga. Il fatto è che, ai tempi di Stalin, gli astronomi non erano molto ben visti, a meno che non lasciassero quasi del tutto da parte la scienza e mettessero al primo posto l'ideologia. Dopo tutto, bisognava che le persone dedite allo studio del cosmo ne descrivessero (o, meglio, fabbricassero) uno adatto alle esigenze del materialismo. E chi non era d'accordo o, peggio, chi si ostinava a seguire le teorie occidentali sul big bang e l'universo finito in espansione, meritava la liquidazione, anche fisica. Le incredibili vicende degli studiosi sovietici sono ben ricostruite – con un'enormità di dettagli – da Mauro Stenico, in un libro intitolato L'universo di Stalin e del partito comunista (Reverdito editore). Stenico spiega che, tra il 1936 e il 1937 furono arrestati tra il 15 e il 20% degli astronomi professionisti di tutta l'Urss. In particolare, nel 1936 fu colpito il personale dell'osservatorio di Pulkovo, accusato di derive trotzkiste-zinovieviste. Kozyrev continuò i suoi studi in carcere, avvicinandosi alla corrente esoterica del cosmismo. Al suo giovane collega Nikolaj Dneprovskij toccarono dieci anni di prigione e violenze bestiali che lo condussero alla follia, mentre la moglie morì nel gulag. Eliminato pure Boris Gerasimovich, direttore dell'osservatorio, colpevole di aver avuto troppi contatti con studiosi stranieri.Sorti analoghe toccarono a decine di altri. Il punto è che ai sovietici non andavano proprio giù le teorie della relatività. Consideravano Albert Einstein alla stregua del fondatore di una nuova religione, e postulavano l'infinitezza dell'universo, sola ipotesi ammessa dalla scienza materialista.Tra i più feroci «scienziati» di regime c'era Vartan Ter-Oganezov, autore di un simpatico documento intitolato Per lo sradicamento dei sabotatori sul fronte dell'astronomia. Sabotatore, ovviamente, era chiunque contribuisse alla diffusione delle teorie occidentali e corrotte della relatività.Anche il celebre ideologo di Stalin, Andrei Zdanov, ci mise del suo. Considerava il redshift delle nebulose una teoria utile a «rafforzare le concezioni religiose sulla struttura dell'universo». E ancora nel 1947 insisteva a condannare i «falsificatori della scienza» che «vogliono far rivivere la favoletta dell'origine del mondo dal nulla» con il loro «atteggiamento idealistico di considerare finito il mondo». Già dieci anni prima, nel 1937, Vladimir L'vov, ideologo e polemista di inaudita cattiveria, inveiva contro «l'alleanza tra scienza borghese e religione», riservando la maggior dose di veleno per la «religiosità cosmica» di Einstein. Per costui, come per l'astrofisico Aleksandr Lebedinsky, solo attraverso il materialismo dialettico «è possibile comprendere lo sviluppo dell'universo». Bisognava dunque basarsi sulle considerazioni (per lo più appunti) di Friedrich Engels espresse in Dialettica della natura (1883).Come ha ricordato Marco Fulvio Barozzi in un bell'articolo sull'astronomia sovietica, per i vertici del Pcus l'universo doveva essere infinito ed eterno. Bisognava, insomma, escludere qualsiasi tentazione «creazionista». Tanto che nel 1948, al congresso di Leningrado, gli studiosi dell'Urss produssero un documento in cui si affermava: «La “teoria" reazionaria e idealistica dell'espansione dell'universo domina la cosmologia straniera contemporanea. Sfortunatamente, questa teoria anti-scientifica è penetrate nelle pagine delle nostre pubblicazioni specializzate. […] È indispensabile denunciare instancabilmente questo idealismo astronomico, che favorisce il clericalismo».L'universo a misura di Stalin, come è facile intuire, condusse l'astronomia sovietica a una deriva grottesca. Succede, quando la scienza diventa strumento di un regime, i critici vengono trattati da sabotatori e i dati vengono manipolati per compiacere gli ideologi. Ah, dite che vi ricorda qualcosa di molto attuale? In effetti.
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)