
Solo due anni fa, mentre dirigeva già l'Istituto grazie a Matteo Renzi, il bocconiano sosteneva che la riforma Monti «riduce la prospettiva di lavoro dei giovani». L'esatto contrario della levata di scudi di oggi, millantando i 100 miliardi di debito causati dal superamento.Avete presente i boeri, quei dolcetti al cioccolato che sessant'anni fa la Ferrero reinventò trasformandoli nei Mon Chéri? La loro caratteristica è di sembrare normali cioccolatini, ma poi, quando li si mette in bocca, si trova la sorpresa di una ciliegia affogata nel liquore. Ecco, anche Boeri, quello che non è un cioccolatino ed è tutt'altro che dolce, ovvero il presidente dell'Inps, contiene al suo interno una sorpresa. In pubblico sbraita e paventa sfracelli contro chiunque tocchi la Fornero, ovvero la legge che manda in pensione gli italiani solo se riescono ad arrivare vivi a 70 anni. In privato, quando da capo del più grande ente previdenziale europeo torna a trasformarsi nel professore che era rinunciando alle ambizioni politiche, denuncia invece i guasti della Fornero, addebitando alla legge la responsabilità di aver bloccato il mercato del lavoro, soprattutto per quanto riguarda i giovani.Non ci credete? Leggete per verificare. Se un paio di giorni fa quel peperino di Tito si scagliava contro le misure decise dal governo, bollando la riforma della riforma Fornero come la madre di tutte le catastrofi e preannunciando un debito pubblico di oltre 100 miliardi in più nel caso le novità divenissero legge, un paio di anni fa, quando già era stato nominato da Matteo Renzi ai vertici dell'Inps, Boeri sosteneva tutt'altra cosa. Per il bocconiano prestato alle pensioni, aver bloccato l'uscita dal mercato del lavoro di centinaia di migliaia di dipendenti, costringendoli a rinviare di sette o otto anni il momento del ritiro, aveva fatto crescere la disoccupazione giovanile. Le aziende, costrette a mantenere in servizio il personale più anziano, erano state infatti obbligate a rinviare le assunzioni, rinunciando a rinverdire gli organici. Lo studio, volendo, lo potere trovare agevolmente, non in Italia, dove pure il presidente dell'Inps pubblica le sue ricerche in un sito da lui stesso fondato e che si chiama Lavoce.info. No, la tesi, formulata a sei mani con altri due studiosi, è disponibile su Vox, con il sottotitolo «Research-based policy analysts and commentary from leading economists» (https://goo.gl/K8eHrS). Insomma, siamo di fronte a roba seria, cioè scientifica, non a opinioni da due soldi. E che cosa scrive di interessante il presidente dell'ente previdenziale insieme ai suoi due colleghi? Che «l'Italia offre un eccellente caso di studio di come un inaspettato incremento dell'età di pensionamento abbia effetti dannosi sull'occupazione giovanile». Boeri e soci, con grafici e tabelle, dimostrano la reazione del mercato del lavoro dopo l'introduzione della Fornero, spiegando che l'aumento dei contributi e dell'età pensionabile voluti dal governo Monti ha colpito la domanda di lavoro di giovani, costringendo le aziende a tenersi i dipendenti più anziani.«I risultati sono chiari», scrivono Boeri e compagni: «la riforma sembra ridurre le prospettive di mercato dei giovani lavoratori». Ovvio, no, pare dire il presidente dell'Inps dopo aver preso atto dei dati riportati nei tabulati dello stesso ente: più gente ritarda ad andare in pensione, meno giovani vanno a rimpiazzarli. Del resto, per capire che questo sarebbe accaduto non c'era bisogno di studiare, ma sarebbe stato sufficiente mettere il naso dentro qualche azienda, respirando l'aria che vi ristagnava. Fin qui, dunque, la sorpresa di un Boeri contro la Fornero, come mai ci saremmo immaginati. Ma se queste erano le opinioni dello studioso all'epoca del governo Renzi, ora che a Palazzo Chigi ci sono Conte, Di Maio e Salvini il professore è convinto che la Fornero sia intoccabile, perché mettervi mano non solo ci porterà 100 miliardi di debito in più, ma ci darà molti occupati in meno, in quanto nessuno rimpiazzerà i pensionati. E dire che il 18 marzo del 2016, dall'alto della sua cattedra di docente della Bocconi, Boeri non sembrava avere dubbi, tanto da dichiarare al Corriere che «se il governo intende riformare le pensioni, è bene che lo faccia subito. Il blocco delle pensioni ha avuto effetti sulle assunzioni dei giovani molto forti. (…) Abbiamo bisogno di intervenire adesso sul blocco». E il disastro dei conti pubblici? I 100 miliardi di debito in più? L'Europa che minaccia sanzioni se si rivede la Fornero? Bubbole. «Il problema che abbiamo con le regole europee», diceva sicuro al Corriere il presidente dell'Inps, «è che dando flessibilità in uscita ci sarebbero più persone che percepiscono le pensioni in un determinato anno: quindi la spesa aumenterebbe, ma è una spesa iniziale maggiore che poi si recupera con pensioni più basse. Il primo passo sarebbe farsi certificare da un'autorità indipendente, come l'Ufficio parlamentare di bilancio, che nel lungo periodo questa proposta non avrebbe effetti sui conti pubblici italiani». Capito quel furbo di Boeri? Dice che cambiare la Fornero e lasciare andare in pensione un po' di sessantenni non graverebbe sui bilanci dell'Inps e perfino l'Europa approverebbe. Che vi dicevo? Boeri è proprio un cioccolatino. Anzi, un cioccolataio, senza offesa ovviamente per i fabbricanti di delizie al cacao. Del resto di che vi stupite: lo slogan della Ferrero per i celebri Mon Chéri non era «lasciatevi stupire»? Che poteva fare dunque il povero Tito per lasciarvi a bocca aperta se non dire esattamente il contrario di ciò che aveva detto prima?
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





