2024-03-25
La doppia faccia del Qatar
L'emiro del Qatar Tamim Bin Hamad Al-Thani con Joe Biden (Ansa)
È il primo finanziatore di Hamas, eppure negozia con Israele e gli Stati Uniti lo considerano un alleato chiave: fino a quando?La rinuncia Ue al metano russo aumenta l’importanza di quello liquido, di cui Doha è primo esportatore globale. Il rapporto speciale con Parigi e il caso dei politici comprati.Lo speciale contiene due articoli.Il Qatar da decenni sostiene politicamente e finanziariamente l’organizzazione terroristica Hamas, che è il braccio armato della Fratellanza musulmana. Nonostante questo, il piccolo emirato del gas nel Golfo Persico è riuscito a diventare il principale negoziatore tra Hamas e Israele, anche se è evidente che non si tratta certo di un attore neutrale, così come non è un segreto per nessuno che negli anni altre organizzazioni terroristiche hanno ricevuto denaro dagli emiri di Doha. Il Qatar ha una lunga storia di sostegno alla Fratellanza musulmana e alle sue propaggini. Durante il periodo in cui la Fratellanza era al potere in Egitto, il Qatar fornì al governo dell’allora presidente Mohammed Morsi circa 7,5 miliardi di dollari. Secondo quanto riportato da Reuters, il Qatar avrebbe anche assistito il regime di Morsi con sovvenzioni e forniture energetiche. Durante la presidenza di Morsi fino a 850.000 dollari sarebbero stati segretamente trasferiti alla Fratellanza dall’ex primo ministro del Qatar, Sheikh Hamad bin Jassim bin Jaber Al Thani. Come scrive il Counter Extremism Project, un documento datato 28 marzo 2013 fornisce dettagli sull’assegnazione dei fondi da parte di Hamad bin Jassim a una lunga lista di leader egiziani dei Fratelli musulmani. I tribunali egiziani hanno anche accusato Morsi e i suoi collaboratori di aver divulgato segreti di Stato al Qatar. Il Qatar ha fornito un sostegno totale alla Fratellanza musulmana che include anche il ruolo della rete satellitare di proprietà qatariota, al Jazeera. Quest’ultima è stata più volte accusata di essere vicina alla massima espressione dell’islam politico, tanto che per anni ha trasmesso tra il 1996 e il 2022 il programma televisivo del predicatore salafita estremista Yusuf al Qaradawi, deceduto a Doha nel 2022 a 96 anni, che veniva chiamato Sharia wa al-Haya (Legge e Vita). Al Qaradawi rispondeva alle domande degli spettatori su una varietà di argomenti, tra cui la preghiera, il digiuno, il matrimonio, la famiglia e l’eredità. Offriva la sua opinione anche su eventi politici e sociali in corso nel mondo musulmano e altrove e forniva analisi e spiegazioni di versetti del Corano. All’inizio degli anni 2000 Hamas ha condotto un’incessante campagna di attentati suicidi contro Israele che ha goduto di un certo grado di legittimità religiosa proprio grazie a Yusuf al Qaradawi. Al Jazeera, di proprietà del governo del Qatar, svolge effettivamente il ruolo di portavoce mediatico dello Stato e la rete ha spesso enfatizzato le azioni violente di Hamas, fornendo una copertura particolarmente accesa durante i conflitti contro Israele. Dopo l’attacco del 7 ottobre, al Jazeera ha trasmesso la chiamata alle armi del capo militare di Hamas, Mohammad Deif (oggi nascosto nei tunnel) e ha diffuso tutte le dichiarazioni incendiarie di Ismail Haniyeh («Invitiamo i figli di questa intera nazione, nelle loro varie località, a unirsi a questa battaglia in ogni modo possibile») e quelle del suo vice, Saleh al Arouri che è stato incenerito da un drone israeliano lo scorso 2 gennaio mentre presiedeva una riunione nell’ufficio di Hamas a Beirut (Libano). Il sostegno ad Hamas da parte del Qatar si è tradotto fino ad oggi in più di due miliardi di dollari, molti dei quali sono finiti nelle tasche dei capi dell’organizzazione terroristica che non a caso vivono nel lusso a Doha. Ad esempio, il leader attuale di Hamas, Ismail Haniyeh, 61 anni, che si è appena sposato per la settima volta con una ventottenne palestinese, ha da tempo lasciato la sua casa nel campo profughi di al-Shati a Gaza per vivere in Qatar, da dove gestisce il movimento e anche il suo patrimonio, stimato in circa quattro miliardi di dollari. Anche il suo predecessore Khaled Meshal (patrimonio stimato in 3,5 miliardi di dollari) si è trasferito in Qatar nel 2012, insieme all’ufficio politico di Hamas che precedentemente risiedeva in Siria. Altri alti funzionari, come Sami Abu Zuhri, portavoce di Hamas nella Striscia di Gaza, e Tahar al Nounou, consigliere politico di Haniyeh, hanno trovato rifugio in Qatar. I capi di Hamas non vogliono lasciare il Paese così come richiesto da Usa e Israele per andare in esilio in Algeria, Tunisia o Turchia, perché qui il Mossad avrebbe gioco facile per eliminarli. Dato che il Qatar è un importante alleato designato dagli Stati Uniti, il suo costante sostegno a Hamas solleva un interrogativo che ora è urgente: non è giunta l’ora che Washington debba esercitare forti pressioni sul Paese del Golfo per chiudere gli uffici di Hamas, espellere i suoi funzionari e interrompere il flusso finanziario mensile? Il problema è che nonostante il suo sostegno a entità ritenute terroristiche, il Qatar è stato designato dagli Stati Uniti come uno dei principali alleati non Nato. Questo perché il Paese svolge un ruolo cruciale come hub strategico per le operazioni militari statunitensi nella regione del Golfo Persico. La base aeronautica di al Udeid, situata a 19 miglia a sud ovest di Doha, ospita circa 10.000 soldati statunitensi e il quartier generale avanzato del Centcom, da cui gli Stati Uniti conducono le operazioni aeree contro lo Stato islamico in Iraq e Siria. Inoltre, la base, costruita dal Qatar in seguito all’Operazione Desert Storm del 1991, ospita anche la Royal Air Force del Regno Unito e altre forze straniere.Secondo l’analista Giovanni Giacalone «gli Stati Uniti hanno un’importante base militare in Qatar, ma si può essere alleati di un Paese che sostiene il terrorismo di Hamas? L’eccidio del 7 ottobre ha mandato in corto circuito tutta una serie di equilibri e tra questi c’è proprio la posizione del Qatar che va assolutamente rivista. Il paradosso è che Washington continua a presentare Doha come “mediatore” interessato alla risoluzione del conflitto quando di fatto svolge il ruolo di motore diplomatico di Hamas che, lo ripeto ancora, è un’organizzazione terrorista. I leader di Hamas vivono da molti anni protetti a Doha. La pressione non va fatta su Israele, che sta rispondendo a un’aggressione, ma su Hamas e in primis sul Qatar affinché cacci i leader di Hamas e smetta di finanziarla, a costo anche di chiudere la base militare e inserirlo nella lista dei Paesi sostenitori del terrorismo, cosa che doveva già essere stata fatta, a mio avviso». Circa un terzo del sostegno del Qatar nella Striscia di Gaza è erogato sotto forma di carburante che le autorità di Hamas vendono in contanti, il resto va in assistenza alla popolazione e stipendi dei dipendenti pubblici che Hamas taglieggia prelevando soldi dai loro stipendi. Hamas fa anche la cresta su tutti gli aiuti che affluiscono a Gaza e non è certo un caso che la popolazione palestinese nonostante i miliardi di dollari che arrivano siano in miseria mentre i capi e i capetti di Hamas sfrecciano con i loro Suv e gli abiti firmati per le strade di Gaza City, senza contare le ville sul mare (oggi rase al suolo dall’Esercito israeliano), nelle quali davano sontuose feste. I capi di Hamas invitano i palestinesi a morire in guerra mentre loro e i loro figli sono all’estero dove spendono migliaia di dollari nelle gioiellerie e persino gli ultimi capi rimasti nella Striscia di Gaza dopo il 7 ottobre sono scappati attraverso il valico di Rafah, ad esempio il portavoce del ministero della Sanità Ashraf al Qadra, che è una sorta di mago dei numeri dato che è lui che aggiorna sulla conta (inventata di sana pianta) dei morti nella Striscia di Gaza, che oggi si è messo al riparo in Egitto. Lo stesso ha tentato di fare senza fortuna Iman Batanj portavoce della polizia di Hamas (ma ci riproverà di sicuro), mentre altri dirigenti di rango minore stanno facendo di tutto per mettersi al riparo con le loro famiglie perché la jihad è bella se a farla sono gli altri.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/qatar-geopolitica-hamas-2667593382.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="dopo-calcio-hotel-e-moda-lemirato-si-allarga-in-europa-sfruttando-larma-del-gas" data-post-id="2667593382" data-published-at="1711361932" data-use-pagination="False"> Dopo calcio, hotel e moda l’emirato si allarga in Europa sfruttando l’arma del gas Il Qatar è uno Stato del Medio Oriente situato lungo la costa occidentale del golfo Persico, con il suo territorio interamente affacciato sul mare e collegato solo da un breve lembo di confine all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti. La sua estensione è costituita da una stretta striscia di terra, lunga circa 160 km e larga tra i 50 e gli 80 km. Questa regione è caratterizzata da un terreno pianeggiante e arido, tipico delle zone desertiche, dove si trovano deserti sabbiosi, rocce e steppe aride. Il Qatar, dove vivono appena 2,688 milioni di persone, ha la sua sconfinata ricchezza nel sottosuolo: si classifica come il terzo maggior produttore mondiale di gas naturale, seguendo gli Stati Uniti, la Russia e l’Iran. È inoltre il principale esportatore di gas naturale liquefatto (gnl) a livello globale. Il giacimento North Dome Gas Field è il terzo più vasto al mondo per riserve di gas naturale confermate, posizionandosi dopo la Russia e l’Iran. Le riserve accertate di questo giacimento ammontano a 896.000 miliardi di piedi cubi di gas naturale, equivalenti a circa 24.500 miliardi di metri cubi, rappresentando circa il 14% delle riserve globali. Situato nel bacino del Fars Arch, il giacimento si estende verso nord oltre i confini marittimi con l’Iran, e confina con il grande giacimento iraniano di gas di South Pars. Il ministro dell’Energia del Qatar, Saad Sherida al Kaabi, che è anche a capo dell’azienda di stato Qatar Energy, ha annunciato che il nuovo piano di espansione del North Field, denominato North Field West, porterà ad un aumento di 16 milioni di tonnellate di gnl all’anno rispetto ai piani esistenti. Questa espansione, che sui mercati servirà a colmare il vuoto lasciato dalle forniture russe bandite dopo la guerra in Ucraina, porterà la produzione complessiva del North Field da 77 milioni di tonnellate attuali a 142 milioni di tonnellate, rappresentando un aumento dell’85%. Al Kaabi ha inoltre dichiarato che Qatar Energy inizierà immediatamente i lavori di ingegneria per garantire il completamento dell’espansione entro il 2030. Da una prospettiva macroeconomica, il Qatar si posiziona tra i Paesi con il più alto pil pro capite al mondo, classificandosi al 4º posto secondo le previsioni del Fmi per il 2023, con un valore di 89.417 dollari. Per fare un confronto, l’Italia si trova al 38º posto in questa classifica. Tutta questa ricchezza è servita a comprare asset in tutto il mondo attraverso il Qatar Investment Authority (Qia) che detiene, per esempio, il 15,5% di Volkswagen, il 6,3% della banca inglese Barclays e il 6% di Credit Suisse. Inoltre, possiede quote significative in Airbus, Total, Vivendi ed Engie solo per citarne alcuni. In Italia il Qia, che ha in pancia asset pari a più di 460 miliardi di dollari, ha investito massicciamente nell’immobiliare (5 miliardi di dollari). A Milano possiede anche l’hotel di lusso Excelsior Gallia. Al Qatar appartengono una serie di hotel 5 stelle a Roma (St. Regis ed Exclesior), a Firenze (Four Season e Baglioni) e a Venezia (Gritti), oltre a diversi complessi turistici in Costa Smeralda e una serie di maison di alta moda. In Francia il Qatar da decenni domina la scena degli affari, della politica (non si contano più gli scandali che vedono politici di destra e di sinistra prendere mazzette dagli uomini dell’emirato) e dello sport grazie al Paris Saint Germain, squadra di calcio della Ligue 1 acquistata nel 2011 dal Qatar Sport Investments per 200 milioni di euro (oggi vale 4,25 miliardi di euro), nella quale ha investito fin qui almeno 2 miliardi di euro. Il 27 febbraio scorso, Francia e Qatar hanno stretto una partnership strategica, con il Qatar che si è impegnato a destinare 10 miliardi di euro a start up e fondi di investimento in Francia tra il 2024 e il 2030, secondo quanto dichiarato dalla presidenza francese in una nota. Gli investimenti, mirati al «reciproco vantaggio di entrambi i Paesi», si concentreranno su settori chiave che spaziano dalla transizione energetica ai semiconduttori, dall’aerospaziale all’intelligenza artificiale, dal digitale alla sanità, dall’ospitalità alla cultura. Gli Stati europei mantengono una fitta rete di relazioni commerciali con il Qatar, che nessuno sembra voler interrompere anche perché i qatarini sono molto generosi come visto con il Qatargate: scandalo che ormai è stato affossato perché ha scoperchiato gli inconfessabili intrallazzi di alcuni parlamentari europei che hanno ricevuto per anni pacchi di euro per difendere Doha nelle istituzioni europee. I rapporti con il Qatar sono accompagnati da un’ipocrisia evidente: da un lato, attraverso i media, si denunciano le violazioni dei diritti umani e dei diritti delle persone Lgbt, e il finanziamento al terrorismo, mentre dall’altro i politici europei cercano di ottenere profitti (talvolta personali) dai finanziamenti provenienti da Doha, così come da altri Paesi del Golfo. Poi se le cose vanno male in politica gli uomini di Doha hanno sempre un sacco di poltrone ben remunerate da offrire ai vecchi e nuovi amici, compresi alcuni organi di stampa, pronti a parlar bene dell’emirato del gas. D’altronde, come scrive in un celebre aforisma lo scrittore tedesco Gabriel Laub, «gli uomini onesti si lasciano corrompere in un solo caso: ogniqualvolta si presenti l’occasione».