
In Ucraina cambiano gli scenari. Non solo quelli geopolitici come detto fin qui, ma anche quelli strategici. Sono le armi come sempre a fare la differenza: in Ucraina le forniture sono sempre meno, essenzialmente per due motivi. Da un lato gli Stati Uniti, prossimi alle elezioni, soffrono le pressioni interne di chi vorrebbe abbandonare il fronte ucraino per motivi politici, ma anche per il sopraggiunto fronte mediorientale che impegna Washington nel supporto di Israele. Dall’altro lato, in Europa, gli aiuti militari per Kiev attualmente sono stati bloccati dal veto dell’Ungheria di Viktor Orbán, contrario all’avvio della negoziazione per l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea.
Questo già basterebbe ad avvantaggiare la posizione della Russia, capace fin qui di una resilienza inaspettata, sia sul campo che sul fronte sanzioni. Ciò che però potrebbe definitivamente ridurre questa guerra a un conflitto regionale è la combinazione di due armamenti in dotazione all’armata russa. Il primo è il Mig-31, un velivolo capace di arrivare a una velocità massima di 3.000 chilometri orari, il che ne fa uno degli aerei da combattimento più veloci al mondo. Le sue capacità operative ad alta quota sono state dimostrate in una recente esercitazione sul Mare di Barents, dove ha raggiunto oltre 11.000 metri di altitudine per simulare scenari di combattimento aereo. Il secondo armamento sono i missili balistici ipersonici Kinzhal. A lungo si è parlato dei missili ipersonici capaci di raggiungere una velocità di Mach-10 e di seguire una traiettoria di volo discontinua che ne renda molto più difficile l’intercettazione da parte dei sistemi di difesa nemici. La combinazione dei due è capace di lanciare attacchi da varie direzioni, comprese le regioni settentrionali, orientali e del Mar Nero. Arrivando potenzialmente a colpire anche obiettivi Nato. L’annuncio dell’integrazione dei due armamenti è stato fatto dallo stesso presidente russo, Vladimir Putin, il 18 ottobre scorso e ha segnato un punto di svolta strategico, non solo per l’Ucraina ma anche per i Paesi della Nato che attualmente, secondo gli esperti, non avrebbero un sistema capace di intercettare armi ipersoniche come il Kinzhal.
È evidente che questo cambia tutti gli equilibri: probabilmente a Putin non servirà neanche utilizzare questa nuova tecnologia di guerra, gli basterà come deterrenza per riposizionarsi all’interno dello scacchiere internazionale. Cosa che in effetti sta già avvenendo, basti pensare alla sua presenza in occasione dell’ultimo G20. Fatto completamente inaspettato se si torna ad appena pochi mesi fa, quando si discuteva del suo mandato di cattura internazionale. Alla Nato, per equipaggiarsi di armi che siano al livello, occorreranno tempo e investimenti. Nel frattempo l’unica cosa che può fare l’alleanza atlantica è evitare e prevenire l’escalation del conflitto con Mosca. Inevitabile quindi che si apra lo scenario di una progressiva riduzione degli aiuti per Kiev. I fatti lo dimostrano perché i leader democratici e repubblicani del Senato degli Stati Uniti hanno dichiarato che Washington non sarà in grado di approvare nuovi aiuti all’Ucraina prima della fine dell’anno, poiché le due parti continuano a cercare un compromesso. È convinzione dell’alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, che l’Unione europea si debba preparare per un conflitto che durerà a lungo. In Ucraina Putin «non lascerà la guerra, non prima delle elezioni americane, che presentano uno scenario più favorevole per lui. Quindi dobbiamo prepararci a un conflitto di alta intensità che perdurerà nel tempo. Ecco quello che le società europee devono sapere, devono apprendere, e noi dobbiamo quindi sviluppare la nostra industria bellica, che non è assolutamente all'altezza delle sfide che ci troviamo di fronte». Così Borrell che riconosce quindi il problema strategico della fornitura militare.
Intanto il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky mobilita altri 500.000 uomini, chiedendosi però: «Dove prenderemo i fondi?». Anche se il leader ucraino si è poi detto «fiducioso» che gli Stati Uniti e l’Europa non deluderanno l’Ucraina in termini di sostegno. Per poi concludere riconoscendo di non sapere quando finirà il conflitto e respingendo l’idea che il Paese si stia dirigendo verso la sconfitta. «Per Zelensky la guerra è l’ultima possibilità che ha per rimanere al potere», ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri del Cremlino, Maria Zakharova, spiegando che il governo ucraino è «in bancarotta» e che sarà sempre più difficile per lui ottenere il sostegno delle principali potenze europee, danneggiate economicamente dalle sanzioni imposte alla Russia. Sempre a proposito di sanzioni, il tribunale dell’Ue ha respinto il ricorso dell’imprenditore Roman Abramovich, confermando le misure restrittive nei suoi confronti.
Sul campo intanto non si fermano i bombardamenti. Nelle ultime ore l’esercito russo ha colpito Kiev, Kherson e Kharkiv.






