
Il Cremlino: «Vanno riconosciute le nostre conquiste sul campo». Joe Biden snobba il summit di pace elvetico: andrà a Hollywood.Trattare da una posizione di forza e con la pistola - anzi, il pulsante dell’atomica - sul tavolo. Questa sembra essere ora la strategia di Vladimir Putin. Secondo fonti russe di alto livello, consultate da Reuters, lo zar sarebbe disponibile a fermare il conflitto, purché siano riconosciute le attuali linee di confine. Ossia, le conquiste territoriali del suo esercito. Nel pomeriggio di ieri, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha precisato: «Il presidente ha ripetutamente affermato di essere pronto per negoziati, ma per raggiungere gli obiettivi che stiamo perseguendo attraverso l’operazione militare speciale», i quali comprendono «i quattro nuovi territori come prevede la Costituzione». Dopodiché, lo stesso Putin ha ribadito di voler ripartire dagli accordi di Istanbul, risalenti a marzo 2022 e silurati da Kiev su pressione britannica. La bozza ammetteva che alcuni Paesi, tra cui l’Italia, si facessero garanti per la sicurezza ucraina e concedeva fino a 15 anni per un’intesa su Crimea e Donbass. Lo zar, in visita a Minsk, ha indossato i panni del poliziotto buono: «Non abbiamo vietato a nessuno di negoziare, siamo a favore dei negoziati».Dal suo punto di vista, questo è il momento giusto per rilanciare l’offerta: la resistenza è allo stremo, l’industria militare occidentale arranca, gli F-16 non sono ancora decollati e gli americani non hanno dato il permesso definitivo di usare i loro missili a lunga gittata per colpire in profondità il nemico. Benché Sergej Lavrov, ministro degli Esteri russo, sottolinei che gli ucraini lo abbiano già fatto di loro iniziativa. Ieri, il dicastero della Difesa russo ha annunciato di aver abbattuto un razzo di fabbricazione Usa a Belgorod. E il Wall Street Journal ha confermato che razzi prodotti in America hanno bersagliato la Crimea. Cosa ha in mente, allora, Putin? La sua proposta appare realistica: fotografa la situazione sul campo e non esige un irragionevole riconoscimento della sovranità russa sulle aree occupate. Forse, incassato il plebiscito e ridisegnati gli equilibri di potere nell’élite governativa, punta a riprendere fiato. Forse, ha voluto semplicemente saggiare la reazione degli avversari, tirando il sasso per poi nascondere la mano.Il ministro della Difesa ucraino, Dmytro Kuleba, ritiene che il capo del Cremlino cerchi «disperatamente» di sabotare la conferenza di pace prevista il 15 e 16 giugno in Svizzera. Dall’Ue hanno osservato che l’ipotesi di tregua era «solo una speculazione», alimentata da «fonti anonime», mentre prosegue «il bombardamento di obiettivi civili». «Quello che vediamo», ha commentato con l’Ansa un funzionario di Bruxelles, «è che Putin non è pronto per la pace». Lapidario il giudizio del cancelliere tedesco, Olaf Scholz: «Questa guerra può finire soltanto quando la Russia capirà di dover ritirare le sue truppe». Ma intanto, gli altri Stati europei, come ha notato Politico, stanno glissando sull’esortazione di Berlino a spedire più contraeree a Zelensky. La loro priorità, semmai, è proteggere i cieli del Vecchio continente, vulnerabili agli ipersonici di Mosca. Guarda caso, Polonia e Grecia, ieri, hanno indirizzato una lettera a Ursula von der Leyen, invocando «un nuovo programma faro: uno scudo di difesa aerea europeo». Scholz ripone le proprie speranze nel vertice elvetico, da cui saranno esclusi i rappresentanti della Federazione. Ma è difficile arrivare a un risultato concreto senza interpellare chi sta vincendo la guerra. La faccenda si complica, poi, se a disertare l’appuntamento è il leader del mondo libero.Citando Bloomberg, l’Ukrainska Pravda ha riferito che Joe Biden non andrà in Svizzera. Lo attende invece un evento di raccolta fondi per la campagna elettorale, con il jet set hollywoodiano, da George Clooney a Julia Roberts. Un memorabile sgarbo all’ex comico Zelensky: il presidente statunitense gli preferisce attori di serie A. Nemmeno la numero due della Casa Bianca, Kamala Harris, ha intenzione di presenziare al summit. E si diradano le speranze che Pechino gli conferisca un puntello politico. Respinte le «diffamanti, infondate e irresponsabili» accuse di Londra, che gli rinfacciava di aver fornito armi agli aggressori (guardinga, l’Ue sostiene di non averne le prove), il governo cinese, insieme al Brasile, ha presentato un documento alternativo. Premendo per colloqui tra Russia e Ucraina. Il «nuovo Churchill» dovrà consolarsi con la giravolta di Emmanuel Macron: l’inquilino dell’Eliseo, alla fine, non inviterà alle commemorazioni dello sbarco in Normandia, il 6 giugno prossimo, la delegazione russa. Ci sarà invece Zelensky. Le minacce nucleari, dicevamo. A 24 ore dai test condotti dai francesi, Putin e il suo nuovo ministro della Difesa, Andrej Removic Belousov, si sono recati in Bielorussia, dove discuteranno con l’autocrate Aleksandr Lukashenko «questioni di sicurezza», collegate alle esercitazioni congiunte con le atomiche tattiche, iniziate martedì e in cui Mad Vlad non vede «nulla di insolito». Presto, lo zar visiterà anche la Corea del Nord: è acclarato, d’altronde, che Pyongyang stia sostenendo gli sforzi bellici di Mosca. La quale parrebbe aver dato seguito al progetto di modificare i confini con il blocco Nato: non ha agito nel Baltico, ma ha rimosso 25 boe luminose sul fiume Narva, alla frontiera estone. Ecco: inviti al dialogo e colpi bassi. Bastone e carota. L’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, ha collocato il gesto in un «modello più ampio di comportamenti provocatori e azioni ibride [...] inaccettabili». «L’Unione», ha proseguito, «si aspetta una spiegazione e l’immediata restituzione» del maltolto.Resta una voce che grida nel deserto quella di Viktor Orbán. Il premier ungherese ha ammonito: «A Bruxelles e Washington, ma più a Bruxelles che a Washington, è in corso una sorta di preparazione del “sentimento” per una guerra mondiale». Manovre visibili «nei media e nelle dichiarazioni dei politici». Nella sede Nato in Belgio, vi sarebbero gruppi di lavoro che studiano in che modo entrare nel conflitto in Ucraina. Chi predica la «pace giusta» ci farà rimpiangere la pace possibile?
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Oggi, a partire dalle 10.30, l’hotel Gallia di Milano ospiterà l’evento organizzato da La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Una giornata di confronto che si potrà seguire anche in diretta streaming sul sito e sui canali social del giornale.
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Evento La Verità Lunedì 15 settembre 2025.pdf
Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Il conservatore americano era aperto al dialogo con i progressisti, anche se sapeva che «per quelli come noi non ci sono spazi sicuri». La sua condanna a morte: si batteva contro ideologia woke, politicamente corretto, aborto e follie del gender.
Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?
Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)
Piergiorgio Odifreddi frigna. Su Repubblica, giornale con cui collabora, il matematico e saggista spiega che lui non possiede pistole o fucili ed è contrario all’uso delle armi. Dopo aver detto durante una trasmissione tv che «sparare a Martin Luther King e sparare a un esponente Maga» come Charlie Kirk «non è la stessa cosa», parole che hanno giustamente fatto indignare il premier Giorgia Meloni («Vorrei chiedere a questo illustre professore se intende dire che ci sono persone a cui è legittimo sparare»), Odifreddi prova a metterci una pezza.